Cuori di plastica
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Possiamo aprire un dibattito?
Cuori di plastica. Ecco come abbiamo ridotto i nostri giovani, i nostri figli. Sì, perché la responsabilità è degli adulti, di questo mondo di adulti che ha abdicato al proprio compito educativo e si è dedicato, anima e corpo, alla realizzazione di un benessere materiale tanto vano quanto fragile e pretenzioso.
E così, più o meno consapevolmente, la grande domanda di bene, di verità, di felicità infinita, che forma la struttura stessa del nostro cuore, è stata rattrappita, e questo è quanto abbiamo comunicato alle nuove generazioni.
Ecco allora il panico di fronte alla epidemia di Covid19, che – per quanto blanda e imparagonabile con le grandi e terribili epidemie del passato – ha fatto esplodere una sensazione generale di precarietà e mette così a repentaglio la possibilità di godersi la vita, di star bene; ecco allora le esagerate preoccupazioni per la salute del corpo e per l’inquinamento ambientale, per questa dannata plastica che ci copre, ci avvolge, ci soffoca…
Fa tenerezza lo studente Matteo con le sue dichiarazioni, perché si capisce che non ha colpa e che non sono pensieri autoctoni, suoi originali, ma indotti da un contesto culturale che ha ridotto le attese e il desiderio dell’uomo. Limitare l’uso e la diffusione della plastica nell’ambiente è senz’altro cosa meritevole, e indica certamente un desiderio di bene di questo giovane. Chiediamoci però: possibile che a 18-19 anni non desideri qualcosa di più grande, profondo e anche ardito per sé e per gli altri? Il compito della scuola – come di ogni altro ambito educativo- non dovrebbe essere proprio quello di far venire fuori (“e-ducere”, da cui la parola educare…) il meglio di ogni persona, perché ognuno possa realizzare la propria esistenza nella ricerca della verità, dei “perché” ultimi, e del Bene con la B maiuscola? Evidentemente, oggi, non funziona così…
La preoccupazione per l’inquinamento rivela in realtà, paradossalmente, il tentativo di realizzare un mondo perfetto ma artificiale, in cui il Mistero non trova più spazio: un vero e proprio mondo “di plastica”. In ultima analisi un mondo in cui sia possibile illudersi di essere padroni di noi stessi, cioè padroni di un nulla, e quindi disumano e triste, perché privato della più profonda e autentica dimensione del nostro essere uomini: l’apertura – come scriveva il poeta Leopardi – al “Misterio eterno dell’esser nostro”.
Forse, prima di eliminare la plastica dall’ambiente, dovremmo iniziare a togliere quella che avvolge e soffoca le nostre menti e i nostri cuori.