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Le donne conchiglia di Paola Ceccarelli

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it
Proponiamo oggi - da molti questo giorno è considerato la festa della donna - questa mostra, opera di una donna, Paola Ceccarelli, e con a tema la donna, nella sua verità, bellezza e mistero.

Presso lo Spazio Lumera, a Milano, fino al 31 marzo, sarà possibile ammirare l’ultima produzione di Paola Ceccarelli (1955), un’artista autodidatta, di grande forza creativa. (Figura 1)
Incontrare Paola per questa sua prima personale è come dare voce e respiro alle sue belle ed essenziali sculture.
Dopo i lunghi anni dedicati alla musica, il matrimonio e quattro figli, Paola sente vivo il desiderio di trovare una strada per dare voce al suo inquieto e drammatico desiderio di comunicazione.
L’antica passione per l’arte figurativa, che si era concretizzata attraverso l’incontro con l’anziano maestro ceramista faentino Dario Poppi, riprende vita nel 1994 sempre attraverso un incontro importante, quello con il pittore fiorentino Americo Mazzotta, che apprezza i lavori di ceramica del passato e che la invita a realizzare una scultura in bronzo per l’ambone di una chiesa riminese.

Alla ricerca di una vocazione
La fiducia di Mazzotta, l’incontro con il gruppo degli artisti dell’associazione Il Baglio fanno emergere in Paola il presentimento di una possibile via da percorrere, di una nuova vocazione che non censura gli impegni famigliari, anzi paradossalmente da essi trae energia, fecondità e profondità di ispirazione e realizzazione.
Ecco allora nascere una serie di opere di semplice ma intensa bellezza, legate ad una figuratività classica, quasi quattrocentesca.
Ne La Madonna con il Bambino alla finestra (2003) (Figura 2), si respira la commossa intensità di un Desiderio da Settignano o la delicata religiosità di un Della Robbia; invece nel Monumento per la tomba del beato Alberto Marvelli (2004), realizzato su un disegno di Americo Mazzotta, troviamo la decisa fortezza di un Donatello, con la felice invenzione del beato che “esce” dalla parete per farsi incontro al pellegrino venuto a pregare sulla sua tomba. (Figura 3)

Il mare e la spiaggia
Le piccole statue presentate allo Spazio Lumera sono la prima opera che la Ceccarelli realizza di sua iniziativa e riassuntive, a nostro avviso, del suo percorso artistico e significative di una poetica personale.
Paola ci accoglie sorridente mentre sta allestendo, con figli e marito, la sua mostra. Il dialogo con lei è serrato, intenso, proprio di chi ha l’urgenza di comunicare un evento importante per sé e quindi anche per gli altri.
Queste sculture sono state per me una sorpresa; sono nate in modo inaspettato”. Paola ci racconta di come nel 2002, mentre era al lavoro in spiaggia, nello stabilimento balneare che con la famiglia gestiva, venne attratta da una immagine su una rivista: due donne della Terrasanta nei loro tipici abiti orientali erano accasciate sulle macerie di un edificio; erano una accanto all’altra e la loro posizione fece balenare in lei l’immagine delle due valve di conchiglia aperte ed accostate. Immediatamente le fu chiara l’idea del mare che abbandona sulla terra i suoi doni o, forse, i suoi relitti. Paola inizia a fare schizzi e realizza qualche bozzetto, ma l’idea di come operare sulla creta le viene sempre dall’osservazione del mare. “Stavo sulla riva e guardavo le onde; notai che esse si frangevano torcendosi, come risultato di due movimenti, quello di andata verso la riva e quello di ritorno da essa che incontra una seconda onda. E così ho osservato che nella realtà tutto è frutto di due forze, di due tensioni che determinano il movimento della forma. La forma è e nello stesso tempo si sta facendo sotto i nostri occhi. Tutto ciò che vive ha in sé una vibrazione.” Parole semplici, forse, ma acute, frutto di uno sguardo che non si accontenta di guardare, ma che cerca la profonda essenza delle cose, quel mistero insondabile da cui tutte le cose nascono; parole allora decisive per quello che da esse nacque, la serie delle Conchiglie emerse.

Le Conchiglie emerse
Con questo titolo Paola Ceccarelli raggruppa la quindicina di piccole sculture frutto del lavoro circa cinque anni.
Sono tutte figure femminili, realizzate in argilla e qualcuna fusa in bronzo; sono la sintesi di ciò che rappresenta l’essere femminile nel mondo, del compito che nell’economia del genere umano alla donna è stato affidato. Suggestivo il fatto che l’artista abbia voluto intitolare le piccole figure con nomi evocativi: Onde, Vuoto, Conchiglia mater, Vortice, Torsione, Mater dolorosa
Vorremmo iniziare questa breve carrellata sulle opere in mostra a partire da Stupore (2001) (Figura 4), una statua che ricorda da vicino le terracotte di Arturo Martini.
Cosa è lo stupore? una fanciulla seduta che guarda verso l’alto con il volto tutto teso in ascolto e in attesa. Certo la giovinezza è l’età in cui di più si attende, per la condizione stessa dell’essere umano, eppure questa fanciulla diventa simbolo di una perenne condizione umana e, in particolare, della condizione dell’artista che attende lo svelarsi del creato anche attraverso la sua opera.
La figura femminile di Vortice (2002) (Figura 5) pare quasi un grumo informe, la materia è nervosamente modellata, un lavorio incessante di piccole tensioni interne danno vita a questo essere drammaticamente accogliente. La donna con le mani si tiene il capo, mentre il suo corpo è caratterizzato da una profonda cavità, il suo ventre è una grotta che accoglie la vita.
Non tragga in inganno il titolo della prossima statuetta, Vuoto (2002) (Figura 6). Il modellato, reso con evidenti torsioni della materia, crea la cavità del ventre femminile, mentre il volto di questa donna è di dolente sofferenza. La donna porta tutta la sofferenza del mondo, la contiene in sé, come seme di un parto fecondo. Certo risuonano, in questa figura, le parole di san Paolo “…tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto… anche noi gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo…”
Il tema ispiratore del mare ritorna in Risacca (2003) (Figura 7). Tutta la piccola figura femminile pare percorsa da una grande ondata che ne modella la forma; onda dopo onda, con un moto ascensionale, si arriva al volto che è una maschera tragica, di grande e indicibile sofferenza. Le mani sono serrate sulla bocca, aperta in un grido di dolore, tutto il volto pare gridare una incontenibile sofferenza.
Due figure accostate danno vita ad Onde (2002) (Figura 8); inequivocabilmente esse ricordano il motivo ispiratore di tutto il lungo lavoro di Paola. Infatti paiono le valve di una conchiglia: i lunghi mantelli che le avvolgono completamente sono percorsi da un movimento intenso e vibrante, quel movimento ondoso che ci ipnotizza quando lo osserviamo e spesso ci calma. Qui invece i volti delle due donne ci inquietano, ci pongono delle domande sul perché della sofferenza e del dolore. Una di esse tiene le mani alla bocca, quasi a trattenere un grido, l’altra guarda verso l’alto, certo in attesa di una risposta a questa condizione di creature incomplete e sofferenti.
Dopo tanti titoli evocativi ecco ora arrivati all’acme e allo svelarsi dell’intero percorso della Ceccarelli, Mater dolorosa (2003) (Figura 9). La Mater dolorosa per eccellenza è Maria Vergine, ma in essa e nella Sua sofferenza si ritrovano tutte le innumerevoli mater dolorose che hanno vissuto lungo i secoli, da Eva fino a noi. Diversamente dalle altre statue, questa si presenta eretta, spe erecta, potremmo dire; un vento la investe e nel solleva il lungo mantello, che sembra quasi simulare delle ali, il volto è tutto spalancato e rivolto all’alto, se fosse Maria potrebbe guardare verso il Figlio in croce; le braccia sono abbandonate lungo i fianchi in segno di accettazione ed accoglienza. Questa figura può diventare anche simbolo di come oggi anche la donna viva la grande confusione che caratterizza il mondo contemporaneo, il lento crepuscolo della nostra civiltà occidentale che porta in sé il disprezzo o addirittura la distruzione della vita, e i recenti e continui tragici fatti di cronaca non fanno altro che confermare tutto ciò. Eppure la vita continua e si afferma anche se nel dolore e nella sofferenza dell’incomprensione, la donna, mater dolorosa è punto fermo di questa invincibile e sofferta speranza.
Concludiamo il nostro breve, ma intenso percorso con Conchiglia Mater nera (2005) (Figura 10). Una argilla nera, diversa dalla solita usata, dà alla statua la parvenza del legno. La figura materna è dolcemente adagiata e allatta un infante; veramente questa figura femminile ricorda la valva di una grande conchiglia e il bambino il frutto silenzioso che viene nutrito ed accudito, giorno dopo giorno.
Il bel catalogo realizzato per l’occasione riporta le immagini delle opere esposte e alcune suggestive frasi, che sono state importanti per il lavoro di Paola, ne proponiamo una, a chiusura, del filosofo russo Florenskij.
Sulla riva del mare sentivo di essere a faccia a faccia con la materna, solitaria, misteriosa e infinita Eternità, dalla quale tutto scorre e alla quale tutto ritorna. Essa mi chiamava ed io ero con lei”.

Conchiglie emerse
Terracotte di Paola Ceccarelli
Milano - Spazio Lumera (Via Abbondio Sangiorgio - Arco della Pace)
2 marzo 2007 - 31 marzo 2007
Orari: lunedì, martedì, giovedì, venerdì 16.00 - 19.30;
sabato 10.30-12.30/16.00-19.30
Ingresso libero.

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