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Mostre di Maggio 2016

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it

Le nostre proposte per il mese di maggio iniziano da Torino con una mostra che vuole indagare, con una sessantina di opere, la fortuna del tema iconografico dei putti tipico del barocco, attraverso sei sezioni tematiche per un racconto che, pur avendo attirato in passato l’attenzione di eminenti studiosi, non è mai stato oggetto di una iniziativa espositiva monografica in Europa.
Sotto le variate spoglie di spiritelli, amorini, genietti o di cherubini, i putti, ispirati all’arte antica romana, hanno trovato ampia diffusione soprattutto a partire dal Rinascimento. Recuperato dall’antichità classica durante il Rinascimento soprattutto ad opera di Donatello, il tema ebbe immediata e duratura fortuna, sia come motivo iconografico autonomo che come motivo decorativo, fino a divenire nel corso del Seicento e del Settecento un elemento irrinunciabile in tanta parte della produzione artistica. Una sezione è dedicata all’utilizzo dei putti nelle allegorie, un tema che ebbe particolare diffusione nel Seicento, anche in rapporto con la letteratura, mentre al tema dei putti nelle vesti di Amore è dedicata un’altra sezione della mostra. Sotto forma di cherubini, spesso raffigurati in atto di suonare uno strumento musicale, i putti hanno fin dal Quattrocento caratterizzato anche l’arte sacra, tema a cui viene dedicata una apposita sezione. Essi prolificarono nel Seicento, quando caratterizzarono anche la produzione di Moncalvo e della figlia Orsola Caccia.
I giochi di putti, che divennero molto apprezzati soprattutto nel Settecento, utilizzati per allegorie allusive e scherzose e per virtuosistiche celebrazioni di spensierati intrattenimenti, danno il titolo a una ulteriore sezione della mostra. Un’ultima sezione è dedicata all’utilizzo del tema dei putti nelle arti decorative. Fu soprattutto nel Settecento che questo genere venne utilizzato nelle più svariate tecniche come ornamento di oggetti di ogni tipologia: dai mobili, alle appliques, dagli argenti alle ceramiche, dai paracamini ai candelabri. 

Sempre a Torino troviamo un’importante rassegna dedicata al grande genio di Matisse
Matisse “l’ansioso, il follemente ansioso” – così lo descrive uno dei suoi amici divisionisti – domina l’arte della prima metà del XX Secolo ed è considerato uno delle coscienze artistiche più affascinanti del Novecento. Sempre al centro di dibattiti, durante tutta la sua carriera è stato capogruppo dei fauves, osservatore critico del cubismo, discepolo di Signac, Renoir e Bonnard, rivale di Picasso, maestro d’accademia e infine precursore di un’arte che anticipa l’espressionismo astratto newyorkese. Con 50 opere di Matisse e 47 di artisti a lui coevi quali Picasso, Renoir, Bonnard, Modigliani, Miró, Derain, Braque, Marquet, Léger – tutte provenienti dal Centre Pompidou – la mostra Matisse e il suo tempo si prefigge di mostrare le opere di Matisse attraverso l’esatto contesto delle sue amicizie e degli scambi artistici con altri pittori. Così, per mezzo di confronti visivi con opere di artisti suoi contemporanei, è possibile cogliere non solo le sottili influenze reciproche o le fonti comuni di ispirazione, ma anche una sorta di “spirito del tempo”, che unisce Matisse e gli altri artisti e che coinvolge momenti finora poco studiati, come il modernismo degli anni quaranta e cinquanta. Opere di Matisse quali Icaro(della serie Jazz del 1947), Grande interno rosso (1948), Ragazza vestita di bianco, su fondo rosso (1946) sono messe a confronto con i quadri di Picasso, come Nudo con berretto turco (1955), di Braque, come Toeletta davanti alla finestra (1942), di Léger, come Il tempo libero – Omaggio a Louis David (1948-1949).

Il nostro percorso ci porta ora a Milano.
Presso la Galleria Bottegantica possiamo ammirare sessanta opere di autori quali Emilio Longoni, Giovanni Fattori, Ettore Tito, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi e altri, ripercorrono l’evoluzione del genere del paesaggio e del suo relazionarsi con la ritrattistica coeva, nella pittura del secondo Ottocento e primo Novecento italiano. Una grande avventura dello sguardo percorre tutta l’arte figurativa italiana del secondo Ottocento. L’artista ‘apre gli occhi’ alla realtà che lo circonda e quel che vede, o quel che immagina, per la prima volta acquista valenza propria e si riempie di significati, così come accade in letteratura. Il paesaggio diventa pertanto paradigma di sensazioni, deposito di memorie, laboratorio dell’immaginazione: diviene “pretesto” dell’anima.
La rassegna vuole essere un omaggio ai generi del ritratto e del paesaggio e alla fortuna ottenuta da entrambi nel corso di tutto il secondo Ottocento italiano. Il tema del ritratto è analizzato in mostra nel senso più esteso, dall’immagine del volto alla figura intera, di gruppo, familiare e non, in situazioni ufficiali, mondane o intime; ma anche del suo relazionarsi con il genere del paesaggio.

Arriviamo ora nella sede principale delle mostre milanesi, Palazzo Reale con un’importante esposizione dedicata al Simbolismo europeo tra ’800 e ’900. La mostra mette per la prima volta a confronto i simbolisti italiani con quelli stranieri grazie a circa un centinaio di dipinti, oltre alla scultura e un’ eccezionale selezione di grafica, provenienti da importanti istituzioni museali italiane ed europee oltre che da collezioni private. Nelle varie accezioni in cui si è manifestato in Europa – dall’Inghilterra alla Francia, dal Belgio all’area nordica, dall’Austria all’Italia – il Simbolismo ha sempre dato un grande rilievo ai miti e ai temi che coincidevano con i grandi valori universali della vita e della morte, dell’amore e del peccato, alla costante ricerca dei misteri della natura e dell’umana esistenza. La mostra presenta, attraverso ben 21 sezioni tematiche, per la prima volta in Italia alcuni tra i più significativi capolavori del simbolismo europeo: innanzitutto alcune delle icone dell’idea simbolista del mondo: Carezze (L’Arte) la straordinaria donna/ghepardo di Fernand Khnopff; la testa di Orfeo galleggiante sull’acqua di Jean Delville, entrambi provenienti dal Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles; l’enorme, sublime opera di Ferdinand Hodler, intitolata l’Eletto, dall’Osthaus Museum di Hagen e Il silenzio della foresta di Arnold Böcklin, dalla Galleria Nazionale di Poznan. Si tratta di opere mai viste in Italia che già stanno generando una grande aspettativa fra pubblico e critica. Una delle sezioni più scenografiche della mostra è composta dalle sale dedicate alla Biennale del 1907: una straordinaria vetrina di confronto tra l’arte italiana più evoluta, cresciuta anche dal confronto con le grandi mostre della Secessione di Berlino e di Vienna. Giulio Aristide Sartorio è presente con l’imponente ciclo pittorico Il poema della vita umana, realizzato per la Biennale del 1907, la stessa dove venne allestita la famosa Sala dell’Arte del Sogno che ha rappresentato la consacrazione ufficiale del Simbolismo in Italia. Il ciclo di Sartorio è affiancato dall’installazione dell’artista vicentino Alberto Tadiello, il cui intervento sonoro – l’incipit di una composizione musicale ripetuto molte volte in modo sfalsato- crea una nuova esperienza di fruizione artistica.

Gallerie milanesi tra le due guerre è il titolo di una grande mostra storica, allestita al palazzo delle Stelline, che permette di riscoprire, attraverso un centinaio di opere, una Milano artistica di grande fermento e richiamo internazionale. Nel periodo tra le due guerre, tra il 1919 e il 1939, le gallerie milanesi vivono un momento di fervida attività artistica, con un forte riflusso della figurazione che seguiva la rivoluzionaria esperienza dei Futuristi. Futurismo, Gruppo Novecento, Aeropittura, Astrattismo, Chiarismo e Corrente in un’unica grande mostra che racconta la vita culturale e la vivacità artistica delle gallerie milanesi tra le due Guerre e permette di scoprire una Milano di grande fermento e richiamo internazionale. In mostra grandi capolavori – da Balla a Prampolini, da De Chirico a Sironi e Carrà, da Medardo Rosso a Wildt, da Melotti a Fontana, fino a Guttuso – e scoperte preziose, come la cartella ”Kleine Welten” (1922) di Kandinskij, che alla Gallleria Il Milione presentò la sua prima personale italiana e curava importanti mostre, tra la prima esposizione in Italia di Josef Albers.

Pavia è la tappa successiva delle nostre proposte con una interessante mostra dal titolo
Tranquillo Cremona e la Scapigliatura. Collegandosi idealmente con la grande esposizione “Tranquillo Cremona e gli artisti lombardi del suo tempo”, allestita nel 1938 nel Castello Visconteo e inaugurata dal Re Vittorio Emanuele III, la mostra intende rendere omaggio al gruppo scapigliato, partendo dalla ricerca dell’iniziatore del nuovo linguaggio stilistico, Tranquillo Cremona – che a Pavia è nato e si è formato alla Civica Scuola di pittura – per indagare il movimento in tutte le sue diverse espressioni artistiche. Il termine “scapigliatura” – libera traduzione dal francese bohême – deriva da “La scapigliatura e il 6 febbraio” del 1862, un testo misto di riflessioni critiche e di narrativa dello scrittore Cletto Arrighi. Nella Milano postunitaria, centro dinamico della borghesia italiana, si riunisce un gruppo di intellettuali, diversi per temperamento, ma accomunati da atteggiamenti anticonformistici e dal rifiuto delle regole imposte dalla società dell’epoca. Questo spirito di rivolta, nato dapprima in ambito letterario, si evolve in una vera e propria corrente che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’inizio del Novecento, coinvolge tutte le arti e pone le basi per un importante rinnovamento ideologico del mondo culturale italiano. Al fine di offrire una panoramica completa del mondo degli scapigliati, l’esposizione svilupperà un percorso tra pittura, scultura, letteratura e musica per far rivivere al pubblico l’atmosfera di questo movimento nelle sue principali forme espressive. La mostra presenta una selezione di circa cinquanta opere degli artisti più rappresentativi della Scapigliatura tra i quali Tranquillo CremonaDaniele Ranzoni e Luigi Conconi. I visitatori in mostra sono accompagnati dalle parole di Tranquillo Cremona che racconterà lo straordinario fermento culturale dell’epoca, la vita, l’opera e le forti personalità dei suoi compagni scapigliati. Un racconto pittorico, ma anche un racconto musicale e letterario che andrà ad approfondire i principali scritti degli autori della Scapigliatura che hanno dato il via non solo ad una rivoluzione in campo artistico ma ad un vero e proprio fenomeno morale e politico molto importante per il nostro Paese. 

In occasione del centenario di Trento Longaretti, la GAMeC di Bergamo rende omaggio all’artista con una mostra dedicata ai suoi disegni. I lavori coprono un arco temporale dagli anni Trenta al 2016, e presentano soggetti da sempre cari a Longaretti: il ritratto, il tema della famiglia – con la centralità della figura della madre – la vita degli umili, i viandanti, accanto a paesaggi e nature morte. Apre la selezione una sequenza di volti di adolescenti che mette subito in luce l’abilità e la sensibilità dell’artista: disegni della metà degli anni Trenta nei quali Longaretti, che aveva solo vent’anni, rivela una padronanza e una profondità di visione di rara densità emotiva. Sono ritratti di bambini e bambine testimoni della vita semplice dell’ambiente di montagna, colti in espressioni e pose spontanee, ma anche studi di volti maschili e femminili, frutto di una ricerca continua negli anni tra il 1937 e il 1938. Esempio emblematico dei disegni di questo periodo è rappresentato dall’Autoritratto (1937), in cui Longaretti raggiunge una dimensione di estrema sintesi, caratterizzata dalla precisione e dall’eleganza del tratto. Degli stessi anni è Studio per un quadro (1938), uno dei primi disegni in cui Longaretti sviluppa il tema della famiglia, tra i più longevi della sua produzione. Nel periodo che precede la seconda guerra mondiale, l’artista si interessa alla figura e al paesaggio, ma anche alla natura morta di cui resta rara memoria nell’esemplare con bottiglia e vaso del 1940, puntuale e lieve nella sua finitezza. Durante la guerra Longaretti è in Slovenia, in Sicilia e in Kosovo e mentre la pratica della pittura si dirada, l’esperienza del disegno diviene metodo quotidiano di osservazione delle nuove realtà che l’artista incontra. I numerosi taccuini riempiti con immagini di luoghi e persone restano un’interessante testimonianza del lavoro compiuto con esattezza e libertà da Longaretti durante questi anni: la vita militare è documentata da una suggestiva serie di ritratti, che il tratto a matita riesce a rendere nella peculiarità delle fisionomie e insieme nella naturalezza delle espressioni.
Anche il paesaggio richiama l’attenzione dell’artista, e in particolare i meravigliosi scenari siciliani. Quando nel 1943 il conflitto mondiale s’inasprisce, Longaretti si trova in Kosovo, zona di guerra particolarmente difficile. E il disegno annota la drammaticità degli avvenimenti: in Villaggio incendiato (1943), l’intensità della scena è resa attraverso un fitto tratteggio a china; Autocolonna in marcia, dello stesso anno, registra la desolazione e la costrizione generate dalla guerra. Anche la sera si tinge di trepidazione nelle ombre scure e nel cielo attraversato da nubi dense in Villaggio in Kosovo (1943). Nella seconda metà degli anni Quaranta la produzione di Longaretti subisce una battuta d’arresto; l’attività in mostra è documentata dal solo disegno della figlia Serena del 1947, ritratta durante il sonno. La tranquillità domestica nel calore degli affetti familiari dà vita a un disegno delicato, giocato sulle morbide rotondità di un volto familiare. Durante gli anni Cinquanta la pratica del disegno cede il passo alla pittura: l’artista si dedica infatti alla produzione di alcuni cicli decorativi per le chiese di Bergamo e del territorio, lavoro che affianca all’importante impegno di direttore dell’Accademia Carrara di Belle Arti, dal 1953. Affiora negli anni Sessanta un altro tema frequentato assiduamente dall’artista: il mondo ebraico. In una china liquida del 1968,Vecchio Ebreo – Testa di vecchio, il volto di un uomo anziano chiama all’appello con solennità la storia di un intero popolo che con il suo eterno peregrinare rappresenta per l’artista una metafora dell’uomo errante, senza patria. Un soggetto da sempre caro a Longaretti, tanto da riproporlo anche in uno dei suoi disegni più recenti, Ritratto di ebreo (2015). Durante gli anni Settanta l’artista viaggia con continuità, tra New York, Parigi, Stoccolma, Canada. Appartengono a questo periodo due disegni, entrambi memorie di viaggio, che segnalano modi diversi di esplorare la realtà: l’uno, dedicato a New York, con i maestosi ponti e lo skyline dei grattacieli sullo sfondo; l’altro ambientato a Parigi con la cattedrale di Notre-Dame, immagine venata di mistero.
Negli stessi anni riprende il tema del ritratto, di cui sono esempio i fogli con L’ingegner Carlo Pesenti (1973) e Giovanni Testori a Bergamo al Congresso S.I.A.C. (1979). Una spettrale Figura ascetica (1980) apre la nuova decade, nel corso della quale Longaretti sviluppa i temi del proprio immaginario sui viandanti, siano essi la coppia ritratta in Figura ebraica di musicante e ragazzo (1984) o intere famiglie. La musica, conforto per l’esistenza dell’uomo, è spesso presente con la rappresentazione di strumenti musicali. Tra i lavori realizzati all’inizio del nuovo millennio ricordiamo Da cento anni, cento e cento famiglie (2001), e il tema di Arlecchino, maschera che l’artista include spesso nelle proprie scene figurate, umanizzandola. Fanno parte di questa serie i disegni Dieci maschere (2000) e Testa di giovane Arlecchino (2006), soggetto che molti artisti del Novecento hanno assunto quale metafora esistenziale dell’uomo moderno.

Mantova dedica una interessante e dovuta mostra a tutti coloro che nel tempo si sono prodigati per proteggere e salvare siti artistici e opere d’arte minacciate dalle diverse furie iconoclaste. La rassegna è idealmente dedicata al Direttore del sito archeologico di Palmira Khaled Asaad, , ma anche al non meno prezioso, e spesso anonimo, esercito di “Monuments Men” che ovunque nel mondo si vota al recupero di un patrimonio di arte che è storia di tutti. Un patrimonio violentato da guerre, come quella in Siria appunto, ma anche da terremoti, alluvioni e da tutti quegli eventi che, ferocemente e improvvisamente, si sovrappongono al fisiologico effetto del tempo su ciò che è testimonianza del nostro passato. Una grande storia raccontata, nei tre piani dell’Archeologico di Mantova, da immagini originali, documenti, filmati, reperti (simbolicamente preziosi quelli provenienti da Palmira), testimonianze dirette. Un laboratorio, aperto al pubblico, mostrerà dei restauratori all’opera su testimonianze di una villa distrutta dal terremoto del 2012 nel mantovano.
A contrapporsi alla violenza della distruzione c’è la forza della restituzione. Come racconta questa affascinante mostra e come ricorda, non a caso, il suo sottotitolo. Non caso ad accoglierla è Mantova, città devastata dal terremoto del 2012. Quell’evento causò, tra l’altro, il crollo del cupolino della Basilica di Santa Barbara e produsse seri danni ad uno dei luoghi simbolo della città, la Camera degli Sposi in Palazzo Ducale, rendendolo a lungo non visitabile. E con quello di Mantova, altri terremoti, dal Friuli ad Assisi, a Bam, L’Aquila, sino al Nepal. Come dimenticare poi l’alluvione del 1966 a Firenze e l’esercito degli “Angeli del fango”? O, su altro fronte, l’attentato all’Accademia dei Georgofili? Le distruzioni scientemente provocate dagli uomini non si sono rivelate meno catastrofiche di quelle naturali. Distruzioni ereditate da guerre del passato recuperate molto tempo dopo, come è accaduto per Vilnius dove le distruzioni perpetrate dalle truppe di Pietro il Grande, sono state sanate solo dopo il 1989. Rievocando la Prima Guerra Mondiale, l’attenzione è proposta su Mantova, Milano, il Veneto. Ancora Mantova, nella Seconda Guerra Mondiale, insieme a Milano – con focus sulla sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, e su Cenacolo, Brera e Poldi Pezzoli –, Montecassino, le figure e l’azione di Pasquale Rotondi e di Modigliani e Pacchioni per la messa in sicurezza delle grandi opere d’arte italiane. Ma anche le vicende dell’obelisco di Axum, con le immagini della traslazione a Roma dall’Etiopia e della sua restituzione. A questa sezione della grande mostra ha collaborato, tra gli altri, la Monuments Men Foundation di Dallas.
Tra i troppi conflitti recenti, la mostra propone quelli in Kosovo e in Afghanistan, evidenziando gli interventi di restauro dell’ISCR e la ricostruzione del ponte di Mostar. Le cronache quotidiane documentano le distruzioni in Iraq e Siria. Le immagini delle distruzioni di Palmira hanno colpito l’opinione pubblica mondiale. Da ricordare che in quell’area archeologica era attivo il progetto “Pal.M.A.I.S.” dell’Università degli Studi di Milano, così come ed Ebla l’Italia era presente con una propria missione archeologica. Per scelta delle curatrici, in questa sezione le immagini saranno esclusivamente “positive”: proporranno le attività di ricerca archeologica svolta. Nessuna immagine di distruzione, ma un puro segnale grafico a simboleggiare la temporanea, forzata interruzione di un percorso di ricerca, recupero e valorizzazione. La grandezza di Palmira sarà testimoniata da reperti originali concessi dai Musei Vaticani. La mostra, inoltre, suggerirà di approfondire la grande storia della Mezzaluna Fertile visitando la Collezione Mesopotamica custodita in Palazzo Te.
L’attenzione del visitatore viene attratta anche su altri fenomeni presenti durante i conflitti, quali gli scavi clandestini, evidenziando i casi di Apamea e Lagash, con l’utilizzo di foto satellitari.

Spostiamoci ora in Liguria, a Genova per due mostre.
Nella sede del Palazzo della Meridiana è stata allestita la mostra Uomini e Dei – il ‘600 genovese dei collezionisti la riscoperta di alcune opere inedite provenienti da collezioni private. La rassegna ha l’obiettivo di indagare uno dei capitoli più interessanti della cultura artistica genovese e ligure: quello del Seicento. La ricca esposizione, costituita da circa 60 dipinti è costituita da sei sezioni tematiche: Lezione fiamminga, Armonie e dissonanze. Nell’universo delle fiabe, Uomini e dei: tra sacro e profano, Narrare il divino: regole e licenze e Pathos, Sentimento, devozione. La mostra vuole sottolineare un aspetto fondamentale del barocco, quello della contrapposizione – che in pittura si fa visiva – tra sacro e profano, terreno e ultraterreno, immanente e trascendente, umano e divino. Il tutto, giocato spesso sull’ambivalenza di significato, sul fascino del misterioso e dell’insondato che i quadri, forse più di altri “testi”, offrono a chi guarda.

La seconda mostra a Palazzo Bianco ha per titolo Alessandro Magnasco – gli anni della maturità è una mostra centrata sulle opere più belle della produzione tarda di uno dei pittori italiani che per le sue scelte artistiche decisamente anticonformiste risulta tra i più interessanti e importanti del suo tempo anche perché ha precorso aspetti della pittura a lui successiva. Grazie alla collaborazione eccezionale fra la Galerie Canesso di Parigi e i Musei di Strada Nuova di Genova, città natale dell’artista, la mostra raduna oltre venti opere di Alessandro Magnasco (1667 – 1745), provenienti da raccolte pubbliche e private italiane e straniere.
Le collezioni civiche genovesi concorrono all’esposizione con quattro loro opere, tra le quali Il pittor pitocco e, soprattutto, il celeberrimo Trattenimento in un giardino di Albaro, considerato il capolavoro assoluto dell’artista, che invece appartiene alle collezioni dei Musei di Strada Nuova. La mostra comprende 23 capolavori dell’artista: i due prestiti che si aggiungono risultano di particolare importanza dato che permettono di ricomporre due coppie di opere en pendant – Sant’Agostino e l’angelo eSant’Antonio da Padova predica ai pesci; Offerta a Plutone e Funerale ebraico – che la storia del collezionismo ha diviso, sicché questa sarà l’unica occasione per rivederle insieme.

A Palazzo Sarcinelli di Conegliano Veneto (Tv) troviamo una importante mostra monografica dedicata ai Vivarini, dal titolo Lo splendore della pittura tra Gotico e Rinascimento. Si tratta della prima mostra mai realizzata sui Vivarini, la famiglia di artisti muranesi in primo piano nel magico panorama dell’arte veneziana del Quattrocento e che giunse a contendere il primato alla celeberrima bottega dei Bellini. Per tale motivo saranno presenti opere fortemente rappresentative del loro percorso artistico e della loro diffusione al di qua e al di là dell’Adriatico. Capolavori che testimoniano altresì i contatti e gli influssi di Antonio, Bartolomeo e Alvise con alcuni dei più importanti protagonisti della pittura del primo Rinascimento italiano, come Mantegna, Squarcione, Filippo Lippi, Andrea del Castagno, Paolo Uccello oltre ai pittori veneziani. Si potranno ammirare, per la prima volta riuniti, dipinti eccezionalmente trasferiti dalle loro sedi naturali, come il polittico di Antonio dalla basilica Eufrasiana di Parenzo, prima opera firmata e datata dal capostipite della bottega; le tavole realizzate per committenti pugliesi, come la geniale pala dalla basilica di San Nicola di Bari, uno dei primissimi e più originali esempi di pala con “sacra conversazione”, sempre di Bartolomeo. Di Antonio ci saranno molte delle celebri tavolette con le storie di Santa Monica e Santa Apollonia, realizzate dall’artista con la collaborazione del cognato, l’ancora misterioso Giovanni d’Alemagna e che rappresentano l’esatta linea di transizione tra le narrazioni gotiche e sensibilità già rinascimentali, con gustose citazioni dall’antichità classica. Di Alvise si potrà ammirare il percorso tormentato dagli schemi del padre e dello zio fino a una pittura che risente delle vicine esperienze di Giovanni Bellini e Cima da Conegliano ma, soprattutto, del fondamentale passaggio per Venezia di Antonello da Messina. Così nella tavoletta francescana all’Accademia Carrara di Bergamo e, soprattutto, nella pala con la Sacra famiglia e santi francescani dipinta per la chiesa di San Francesco di Treviso (oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia), troviamo forse il raggiungimento più alto nella poetica del più giovane dei Vivarini. Infine la Sacra conversazione dal museo di Amiens, ultima problematicissima opera di Alvise, capolavoro insolito e geniale, mai veduta in Italia.

Le Collezioni d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, ricche di più di mille pezzi, vengono per la prima volta svelate al grande pubblico a Rovigo. Per ospitare circa la selezione delle duecento opere che rappresentano il fior fiore della imponente raccolta di pittura e scultura sono state scelte due diverse sedi, tra loro vicinissime: Palazzo Roverella e Palazzo Roncale di Rovigo. Questa mostra offre anche l’occasione per ammirare gli interni restaurati di Palazzo. Tra le numerosissime opere raccolte si è scelto di privilegiare l’ampio corpus di opere riguardanti i due più recenti secoli, l’Ottocento e il Novecentopur prevedendo alcune eccezioni, là dove questo risulti indispensabile per dare completezza ad alcuni nuclei della grande collezione della Fondazione. Il maggiore interesse si concentrerà sulla presentazione di un nucleo ancora inedito della Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio: ovvero i dipinti riuniti nella collezione di Pietro Centanini, che recentemente l’ha voluta donare alla Fondazione affinché possa mantenersi integra e soprattutto possa essere goduta dalla collettività. La sua è una raccolta d’arte che unisce ai molti acquisti, ben guidati, che il collezionista aveva fatto sul mercato, il patrimonio d’arte della sua antica famiglia. Com’è testimoniato dall’esposizione, Pietro Centanini indirizzava le sue scelte soprattutto sugli artisti veneti ma anche, in omaggio alla moglie di origine partenopea, alla scola napoletana. In collezione si trovano infatti opere di gradissimo interesse di Palizzi, De Nittis, Lega, Ghiglia, Boldini, Fattori, Soffici, Rosai, de Pisis, de Chirico, Guttuso De Chirico, insieme a Zandomeneghi, Milesi, Luigi Nono, Licata, Brass, Barbisan ma anche
Utrillo e Chagall e i vedutisti, compresi alcuni magnifici Guardi. Se la Collezione Centanini sarà una novità per tutti, il nucleo maggiore della Fondazione Cariparo non mancherà di stupire per ricchezza e varietà di contenuto. In esso sono testimoniati ben 5 secoli di storia dell’arte veneta e italiana: da Oreste Da Molin, Giuseppe Manzoni al Cavaglieri, gloria rodigina. Il Futurismo è ben rappresentato da Tullio Crali, mentre il secondo dopoguerra è presente con una sequenza notevolissima di opere, a ricordare l’importanza del gruppo N e dell’optical, con Biasi, Landi, Chiggio, Massironi e infine tre opere di Castellani.

Lo spazio Ex Enel di Piacenza ospita l’antologica di Gianni Croce (1896-1981), un innovatore del linguaggio fotografico e un cantore del Novecento piacentino. attraverso 100 immagini, lastre originali e un video documentario. L’esposizione vuole documentare il lavoro di oltre quarant’anni di Gianni Croce che ha operato dal 1921, anno in cui apre lo studio in corso Vittorio Emanuele a Piacenza, fino alla prima metà degli anni sessanta. Benché aderenti alla storia della sua città, le immagini di Gianni Croce guardano con attenzione alle sperimentazioni italiane ed europee del Novecento. Nei suoi scatti, Croce non restituisce la cronaca semplice e diretta del reale, ma usa gli sfondi urbani come la quinta dove rappresentare la realtà e le proprie storie, interpretate dai protagonisti della vita sociale, siano essi gli aristocratici che le persone umili, rendendo vive le piccole passioni, le storie, le memorie private e collettive. Il percorso espositivo è suddiviso in sette sezioni e abbraccia tematiche come l’architettura, non colta nel nudo dato costruttivo, ma come sperimentazione su richiami a impressioni, atmosfere, astrazione del reale; oppure i ritratti, databili tra gli anni venti e trenta del secolo scorso in cui, sullo sfondo creato dalla città, mette in posa e fa recitare personaggi veri, con il loro preciso ruolo sociale. Particolarmente interessanti e curiose sono le sezioni dedicate al Sabato fascista, ovvero le manifestazioni ginniche del Ventennio, dove le pose ‘olimpiche’ dei ragazzi servivano al regime a rendere memorabile l’evento politico, o ancora quella della Città invisibile, con scorci privi di figure umane e con forti contrasti di luci e ombre, o dei Minimi sguardi, in cui si racconta la ripresa civile ed economica degli anni ‘50 e ‘60.

“Di finitezza e pulitezza tanto perfetta”: Antonio e Bernardo Rossellino a Ferrara è la singolare rassegna allestita presso il Museo della cattedrale della città estense. Si tratta di un’occasione irripetibile: i vedere riunite nelle sale del Museo di via San Romano, per la prima volta dopo circa tre secoli, un grande capolavoro dell’arte estense: le meravigliose sculture che componevano il sepolcro di Francesco Sacrati, un tempo in San Domenico e scolpito da Antonio Rossellino, affiancato dal fratello Bernardo. Realizzato nel 1461 per la grandiosa e purtroppo perduta cappella di famiglia, un tempo decorata dagli affreschi di Cosmè Tura, il monumento dei Rossellino fu smantellato e parzialmente disperso: rimase in chiesa, nascosta dietro l’altare maggiore, la sola Madonna. La straordinaria ricomposizione ripropone l’originaria disposizione grazie al deposito temporaneo, a seguito del sisma del 2012, della Madonna col Bambinoe al prestito del San Domenico da parte del Comune di Lugo, che si uniscono agli altri tre frammenti già presenti nelle collezioni del Museo. Antonio Rossellino (1427-1479), interprete finissimo e perfetto, per riprendere la definizione di Vasari, dell’umanesimo fiorentino, è stato uno dei più grandi scultori italiani del Quattrocento. Il suo vivace ed elegante naturalismo, che a Ferrara troverà espressione anche in alcune porzioni del maestoso monumento sepolcrale di Lorenzo Roverella in San Giorgio fuori le mura (1475 circa), contribuisce ad arricchire la cultura figurativa dell’epoca caratterizzando in modo indelebile la formazione di molti artisti attivi a Ferrara, primo fra tutti Francesco del Cossa.

Eccoci arrivati all’ultima proposta, a Napoli nella sede di Palazzo Zevallos con la mostra Intorno alla santa Caterina di Giovanni Ricca. Ribera e la sua cerchia, un modo per riscoprire la scuola di Ribera e il naturalismo napoletano. Al centrodel percorso la Santa Caterina d’Alessandria (1630 circa), che recenti ricerche hanno attribuito definitivamente a Giovanni Ricca, artista che emerse tra gli allievi napoletani del maestro spagnolo. In mostra con lui, alcuni dei migliori allievi della cerchia di Ribera, già citati nelle biografie antiche: Hendrick De Somer, il cosiddetto Maestro degli Annunci ai pastori, Francesco Guarino completano il quadro di una cultura figurativa nata su basi caravaggesche ed evoluta verso forme di raffinato classicismo. Ribera è presente in mostra con due opere, il Cristo alla colonna della Galleria Sabauda di Torino, dipinto intorno al 1620 riprendendo un modello già utilizzato per la quadreria dei Girolamini di Napoli, e l’intensa Maddalena del Museo di Capodimonte.

Spiritelli, amorini, putti, cherubini. Allegorie e decorazioni di putti dal Barocco al Neoclassico
Torino – Fondazione Accorsi-Ometto
19 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: martedì-venerdì 10.00-13.00/14.00-18.00; sabato e domenica 10.00-13.00/14.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.fondazioneaccorsi-ometto.it

Matisse e il suo tempo. La Collezione del Centre Pompidou
Torino – Palazzo Chiablese
12 dicembre 2015 – 15 maggio 2016
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30-19.30; giovedì 9.30-22.30
Biglietti: 13€ intero, 11€ ridotto
Informazioni: www.mostramatisse.it

Volti e luoghi nella pittura dell’’800
Milano – Galleria Bottega Antica (Via Manzoni 45)
18 marzo 2016 – 14 maggio 2016
Orari: tutti i giorni 10.00-13.00/15.00-19.00, domenica 15.00-19.00, chiuso lunedì
Informazioni: www.bottegantica.com
Ingresso libero

Simbolismo. Arte in Europa dalla Bella Èpoque alla Grande Guerra
Milano – Palazzo Reale
3 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: 12€ intero, 10€ ridotto
Informazioni: www.mostrasimbolismo.it

Gallerie milanesi tra le due guerre
Milano – Fondazione Stelline
25 febbraio 2016 – 22 maggio 2016
Orari: tutti i giorni 10.00-20.00, chiuso lunedì
Biglietti: € intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.stelline.it

Tranquillo Cremona e la Scapigliatura
Pavia – Scuderie del Castello Visconteo
26 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: lunedì –venerdì 10.00-13.00/14.00-18.30; sabato, domenica 10.00 – 19.00
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.scuderiepavia.com

Longaretti 100. Disegni
Bergamo – Ex Ateneo Reginaldo Giuliani
25 marzo 2016 – 5 giugno 2016
Orari: lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì 14.30-18.30, sabato e domenica 10.00-19.00,
martedì chiuso
Biglietti: 2€
Informazioni: http://www.gamec.it/it/mostre/longaretti-100-disegni

Salvare la memoria (la Bellezza, l’Arte, la Storia). Storie di distruzioni e rinascita
Mantova – Museo Archeologico Nazionale
23 marzo 2016 – 5 giugno 2016
Orari: martedì, giovedì, sabato 14.00-19.00; mercoòedì, venerdì, domenica 8.30-13,30
Biglietti: 4€ intero, 2€ ridotto
Informazioni: www.museoarcheologicomantova.beniculturali.it

Uomini e Dei, il ‘600 genovese dei collezionisti
Genova – Palazzo della Meridiana
19 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: tutti i giorni 12.00-19.00; sabato e domenica 11.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 7€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.palazzodellameridiana.it

Alessandro Magnasco. Gli anni della maturità
Genova – Palazzo Bianco
25 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: martedì, mercoledì, giovedì 9.00-19.00; venerdì 9.00-21.00; sabato e domenica 10.00-19.30;
chiuso lunedì
Biglietti: 9€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.museidigenova.it

I Vivarini. Lo splendore della pittura tra gotico e rinascimento
Conegliano (Tv) – Palazzo Sarcinelli
20 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: martedì, mercoledì e giovedì 9.00 – 18.00; venerdì 9.00 – 21.00;sabato e domenica 10.00 – 20.00; chiuso lunedì 
Biglietti:10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.mostravivarini.it

Al primo sguardo. Opere inedite della Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Rovigo – Palazzo Roverella e Palazzo Roncale
27 febbraio 2016 – 5 giugno 2016
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00, chiuso lunedì
Informazioni:
Ingresso libero


La vita moderna. Gianni Croce, fotografie 1920-1960
Piacenza – Spazio ex-Enel
9 aprile 2016 – 30 maggio 2016
Orari: martedì- venerdì 16.00-19.30 sabato e domenica 10.30-12.30; 16.00-19.30.
Informazioni: www.clponline.it
Ingresso libero

“Di finitezza e pulitezza tanto perfetta”: Antonio e Bernardo Rossellino a Ferrara
Ferrara – Museo della Cattedrale
25 novembre 2015 – 2 giugno 2106
Orari: tutti i giorni 9.30-13.00 / 15.00-18.00; chiuso lunedì 
Biglietti: 6€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.artecultura.fe.it

Intorno alla santa Caterina di Giovanni Ricca. Ribera e la sua cerchia
Napoli – Palazzo Zevallos Stigliano
5 marzo 2016 – 5 giugno 2016
Orari: lunedì 10.00-18.00; mercoledì-sabato 10.00-18.00; domenica 10.00-19.00 
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.gallerieditalia.com

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