Mostre Settembre 2016
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Il rientro dalle vacanze porta con sé molte novità in campo artistico ed espositivo. Ecco la nostra
selezione per cominciare bene questo inizio d’autunno.
Cominciamo con Milano.
Presso la sede espositiva del Mudec troviamo la mostra Joan Mirò. La forza della materia.
Il lavoro di Joan Miró (1893-1983), una delle personalità più illustri della storia dell’arte moderna, è intimamente legato al surrealismo e alle influenze che artisti e poeti di questa corrente esercitarono su di lui negli anni Venti e Trenta. È attraverso di loro che Miró sperimenta l’esigenza di una fusione tra pittura e poesia, sottomettendo la sua opera a un processo di semplificazione della realtà che rimanda all’arte primitiva, al tempo stesso punto di riferimento per l’impostazione di un nuovo vocabolario di simboli e strumento utile a raggiungere una nuova percezione della cultura materiale.
La retrospettiva intende porre l’attenzione su questo ultimo aspetto, mostrando attraverso un’ampia selezione di opere realizzate tra il 1931 e il 1981, l’importanza che l’artista ha sempre conferito alla materia, non solo come strumento utile ad apprendere nuove tecniche ma anche e soprattutto come entità fine a se stessa. Attraverso la sperimentazione di materiali eterodossi e procedure innovative, l’artista mira a infrangere le regole così da potersi spingersi fino alle fonti più pure dell’arte.
Da un ormai classico dell’arte contemporanea, ad un giovane artista di origine indonesiana.
C’è un Uomo Vitruviano ad accogliere i visitatori della sede di piazza Sant’Alessandro a Milano di Banca Generali Private Banking. Le fattezze sono quelle ben note immaginate da Leonardo Da Vinci, ma l’esecuzione è dello street artist indonesiano Farhan Siki (1971) che qui presenta la sua mostra “Trace”, con molte tele ispirate all’iconografia occidentale, ma anche al consumismo di massa. Come dimostra anche il collage che Siki ha preparato con gli stickers di alcuni celebri loghi commerciali e che poi ha incollato sul pavimento degli uffici della banca milanese. “Quello che voglio fare - ci ha spiegato - è creare arte sfruttando il consumismo globale, contrapponendo il passato e il presente l’industrializzazione e il consumismo.” La critica dell’artista, nelle tele in mostra, passa attraverso gli scambi ironici e gli omaggi ai grandi del passato, il ragionamento visivo sul potere della scrittura e la rilettura in chiave stencil di un dipinto come “Les damoiselles d’Avignon” di Picasso che il colore di Farhan Siki rende nuovo e nuovamente indimenticabile. “Lavorare sulle tele - ha aggiunto l’artista - è facile, perché sono solo con i miei pensieri, non c’è pubblico intorno. Quando lavoro in strada è molto diverso, ci sono i curiosi che palano e chiedono e quindi tutto ciò entra nel processo creativo.”
Presso il Museo di Storia Naturale di Milano troviamo l’esposizione Vulcani. Origini, evoluzione, storie e segreti delle montagne di fuoco. Tra le manifestazioni della natura, i vulcani sono probabilmente l’espressione più stupefacente e spettacolare e ha affascinato esploratori, studiosi e scienziati di ogni epoca. Ma cosa sappiamo dei vulcani? La mostra ci guiderà in un percorso alla scoperta delle montagne di fuoco raccontandone l’origine, l’evoluzione e i segreti. Si tratta della più ricca e completa esposizione dedicata ai vulcani grazie all’impiego di tecnologie innovative. Il nostro Paese possiede delle caratteristiche geologiche così particolari da essere sede di alcuni fra i vulcani più famosi del mondo come Stromboli, il Vesuvio e l’Etna, ma come si vedrà non solo l’Italia e il pianeta Terra ospitano attività vulcaniche. Il percorso della mostra porterà il visitatore alla scoperta e alla comprensione dei segreti del nostro pianeta, della sua struttura interna e dei processi geodinamici che portano alla nascita dei vulcani. Si comprenderà il movimento dei continenti e come la loro attuale posizione sia il risultato di un processo geologico lungo centinaia di milioni di anni, e come i vulcani siano distribuiti sulla Terra in maniera non casuale. Dalla struttura del pianeta Terra, l’esposizione illustrerà la struttura interna dei vulcani in una sorta di radiografia che rivelerà le differenti forme – non sono tutte montagne a forma di piramide – che dipendono dai luoghi, dalla composizione chimica delle lave e dai processi geologici. I vulcani attualmente in attività sono quasi 500 nel mondo e milioni sono le persone che vivono alle pendici di queste particolari montagne. A questi vulcani attivi è dedicata una sezione della mostra, con la presenza di collegamenti in tempo reale tramite webcam posizionate in osservatori vulcanologici, che monitorano alcuni vulcani particolarmente attivi.
Presso Villa Giulia a Pallanza (VB),si tiene la mostra dal titolo “Immaginare il giardino. Si tratta di una affascinante esposizione dove il giardino viene rappresentato in due diverse modalità. Una prima sezione presenta 140 incisioni, provenienti da una collezione privata di libri e materiali iconografici, che illustrano la costruzione dell’immaginario del giardino nei secoli tra il Seicento e l’Ottocento. Si parte quindi con i meravigliosi parchi della raccolta Hofstede van Clingendaal (Amsterdam, 1690 ca.), sulla tenuta di Clingendael composta da 32 stampe delineate da Daniel Stoopendaal e incise da Leon Schenk. Si passa in Italia con le straordinarie e rarissime incisioni “Otto vedute di giardini di Roma”, di cui sette portano la firma di Giuseppe Vasi (1710-1782). Vista la qualità artistica delle tavole è probabile che l’autore reale sia stato il giovane Piranesi che, tra il 1741 e il 1744, svolgeva il suo apprendistato presso il Vasi. Il percorso prosegue in Austria con il giardiniere-paesaggista tedesco Rudolph Siebeck (1812-1878) famoso per essere l’autore, nel 1862, del Parco della città di Vienna, chiamato anche, per l’appunto, Siebeckpark. E infine la raccolta “Elenco dei nuovi giardini alla moda” di Georges-Louis Le Rouge (1712-1790), cartografo, architetto e stampatore francese e autore di una grandiosa impresa editoriale. La seconda sezione della mostra presenta invece la proiezione di filmati sperimentali del Novecento, dove molti artisti e video maker – tra gli altri Chris Welsby, Stan Brakhage, Rose Lowder – hanno scelto proprio il giardino come specchio delle loro fantasie e proiezioni mentali.
Presso il Mart di Rovereto (Tn) abbiamo una interessante rassegna dal titolo “I pittori della luce”. Il Divisionismo si afferma nel 1891 alla Triennale di Brera, con la prima uscita “pubblica” di un gruppo di giovani pittori: Segantini, Pellizza da Volpedo, Morbelli, Longoni, sostenuti da Vittore Grubicy de Dragon. A partire da una rivoluzione visiva derivante dalle scoperte scientifiche sulla scomposizione del colore e incentrata sul potere espressivo della luce, cambiano anche i soggetti dipinti, tesi verso una modernità nei temi raffigurati che spaziano dai contenuti sociali, in un’Italia da poco unita ancora in cerca di una propria identità culturale, a soggetti più lirici legati alla tendenza internazionale del Simbolismo. Sulla forza rivoluzionaria di questa nuova poetica e sulle sue basi tecniche nasce, all’inizio del ‘900, il Futurismo, movimento d’avanguardia ideato dal poeta Filippo Tommaso Marinetti, che irrompe sulla scena artistica nel 1910 con il Manifesto dei pittori Boccioni, Balla, Carrà, Russolo e Severini. La scomposizione della luce divisionista associata a quella della forma e a una vocazione alla rappresentazione del movimento e della velocità della vita moderna, capisaldi della poetica futurista, proiettano l’arte italiana nel cuore del coevo dibattito artistico europeo. È in questo confronto tra due generazioni che si definisce la nascita della pittura moderna in Italia.
Ci spostiamo ora in Veneto per una mostra allestita su due sedi Este (Pd) e Adria (Ro) dedicata alla civiltà dello Stato cinese di Chu. Per la prima volta in Europa arrivano le testimonianze e la storia dell’antica civiltà dello Stato di Chu. Due storie parallele nel tempo ma che si avverano a più di 8 mila chilometri di distanza: nelle antiche terre dei Veneti, tra Po e Adige, e lungo le sponde del Fiume Azzurro, in quella che poi sarà la Cina. In questi fertili territori, nel millennio che precede l’era cristiana, si affacciano alla storia due grandi civiltà, capaci di proporre manufatti di straordinaria raffinatezza e di accogliere il meglio della cultura locale e dei popoli contemporanei.
Civiltà che diventeranno parte integrante e costituente di realtà molto più potenti: l’Impero Romano nel caso dei Veneti, il regno di Qin per il futuro Celeste Impero. Un accordo tra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la Provincia cinese del Hubei, consente per la prima volta in Europa di scoprire le testimonianze, davvero magnifiche, della civiltà dell’antico Regno. Come, successivamente, una Mostra allestita al Museo Provinciale del Hubei, consentirà ai cinesi di avvicinarsi alla grande storia che precedette di secoli la nascita di Venezia. A rendere del tutto eccezionale questo progetto (promosso, per parte italiana, dai Comuni di Este e di Adria, dalla Soprintendenza Archeologia del Veneto, dal Polo Museale del Veneto, sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e dalla Regione del Veneto) è l’esposizione dei “reperti ospiti” dal Museo Provinciale del Hubei accanto alle coeve testimonianze territoriali esposte nei Musei Nazionali Archeologici di Este e di Adria, sedi delle mostre. Nato come piccolo regno militare, Chu si espanse al punto da diventare, sul finire del Periodo delle Primavere e degli Autunni (770 - 454 a.C.), una vera e propria potenza e visse il suo momento di massimo splendore nel successivo Periodo degli Stati Combattenti (453 - 221 a.C.). L’impressionante qualità e stato di conservazione di reperti archeologici rinvenuti nella provincia di Hubei, cuore dello stato di Chu, in uno straordinario contesto archeologico di recente scoperta, testimonia come la supremazia del regno fosse culturale, prima ancora che militare. Armi e giade che rappresentano i due punti estremi dello Stato di Chu: la supremazia terrena attraverso la guerra e il consenso celeste attraverso l’offerta del bene più prezioso. Bronzi rituali ding e dui, indicatori della ricchezza e del prestigio della classe nobile. La loro forma, le fantasiose cesellature e le iscrizioni votive sottolineano la grande abilità degli artigiani di Chu, in continuità con la gloriosa tradizione dei bronzi Cinesi fin dalla più profonda antichità. Lacche straordinarie sono tra gli oggetti più sorprendenti, solo se si pensa che esse sono di legno e che grazie alla laccatura ci sono giunte pressoché intatte dopo oltre due millenni e mezzo. Persino strumenti musicali, parte di vere e proprie orchestre, sono segno di una padronanza dell’arte musicale senza eguali al mondo nel V secolo a.C. Le campane di bronzo niuzhong e yongzhong costituiscono senza dubbio i reperti più identificati con la cultura dell’epoca. La loro forma del tutto originale e la speciale lavorazione oltre a farne oggetti d’arte in sé sono espressione di eccezionali sperimentate conoscenze nel campo della musica.
Spostiamoci ora in Friuli Venezia Giulia per una mostra allestita nella suggestiva cornice del Castello di Miramare a Trieste. Si tratta di un incantevole viaggio nella grazia raffinata della tradizione delle ceramiche di Nove a decoro floreale tra Settecento e Novecento, testimonianze splendide che dimostrano come la ceramica abbia saputo nei secoli registrare – con ricchezza e virtuosismo - alcuni tra gli elementi fondamentali dell’arte figurativa, quali l’attenzione verso la natura e la botanica. L’interesse verso le piante e i fiori non poteva trovare una cornice più adeguata del Castello triestino, dove il meraviglioso parco voluto da Massimiliano d’Asburgo (assieme ai libri della sua Biblioteca) rappresenta l’incontro per eccellenza di arte e natura. Proprio negli anni attorno al 1859, quando Massimiliano stava allestendo il parco del Castello e venivano collocati alberi di notevole interesse botanico ed essenze esotiche provenienti dal Messico, dall’America settentrionale, dall’Africa e dall’Estremo Oriente, il decoro floreale delle ceramiche di Nove (presso Bassano del Grappa) raggiunge un grande successo e rivela una particolare attenzione per l’identità botanica di fiori ed essenze. Quest’ultimo aspetto è stato ripreso e approfondito in occasione della mostra e ha fornito un ulteriore sviluppo della ricerca botanica che, oltre all’identificazione delle essenze e delle specie floreali raffigurate sulle ceramiche – ha analizzato le opere – attraverso un notevole sforzo interdisciplinare – da un punto di vista nuovo e insolito. Sul piano scientifico sono state individuate quarantatré categorie, tecnicamente “taxa”, tra cui il Cotogno nel Vaso a mostarda e 17 diverse specie nelle decorazioni del Vaso Antonibon collocato nella Sala del Trono. In mostra sono presenti 32 opere, tutte provenienti da collezioni private ed esposte per la prima volta in tale circostanza; 17 pezzi sono infatti del tutto inediti. La selezione delle ceramiche consentirà, grazie alla diversità dei modelli, di ammirare la varietà produttiva delle manifatture novesi tra Settecento e Ottocento. Porta-orologi, putti, vasi, cestine con fiori, specchiere, piatti, terraglie, orci, vasche, un rarissimo percolatore settecentesco (utilizzato per colare le essenze come il rosolio), tutti caratterizzati da sorprendente naturalezza nella rappresentazione floreale, delicatissima trasparenza delle sfumature dei petali e una vividezza cromatica. Particolare rilievo scientifico assume la presenza del magnifico Vaso in maiolica di manifattura Antonibon, con la segnalazione – mai rilevata prima – della duplice firma del celebre pittore Giovanni Ortolani, e l’identificazione della Chiesa Arcipretale di Nove con il suo campanile e il ponte in primo piano, in una delle piccole riserve monocrome, dipinte sulla bocca traforata del Vaso. La raffinatissima opera rappresentò la manifattura di Pasquale Antonibon all’Esposizione di Parigi del 1889, come testimonia l’illustrazione della prestigiosa rivista La ceramica italiana all’Esposizione. Nella stessa, proprio sopra la riproduzione grafica del Vaso appena menzionato, è riprodotto lo spettacolare Vaso con Venere, presente in mostra con riproduzione recente da stampo antico. L’originale fu realizzato dalla celebre ditta Antonibon per l’Esposizione di Parigi. Un bel decoro floreale impreziosisce l’elegante manufatto, con la presenza di fiori variopinti. La collocazione degli oggetti nei vari ambienti del Castello rispetta la loro originaria funzione e lo stile che li caratterizza.
Rimaniamo sempre in regione, ma spostiamoci ad Illegio (Ud) presso la Casa delle Esposizioni per una rassegna dal titolo Oltre. In viaggio con cercatori, fuggitivi, pellegrini. Da Lorenzo Monaco a Botticelli, dai Bassano a Francesco Guarino, da Bruegel a Jordaens alcuni dei più significativi autori dell’arte europea per approfondire un tema di così stretta attualità. A carpire il senso del mondo, infatti, ci parlano le pagine antiche sospinsero oltre ogni confine fuggiaschi, eroi e innamorati, con Enea, Ulisse, Orfeo e i loro viaggi di passioni inquiete, che bramano un bene assente e hanno l’ambizione di sapere, di una casa, della rivincita sulla morte. Per secoli s’è scritto di uomini che si son fatti pellegrini in terra per mendicare frammenti di cielo, o pellegrini in cielo per medicare frammenti di cuore, fino a Dante. Così, quando per una selva oscura la diritta via s’era smarrita, se n’apre un’altra ben oltre la vita, che riporta a uscire a riveder le stelle. La mostra ripercorre Bibbia, mitologia greca e latina, letteratura cristiana medioevale e Divina Commedia, per raccontare con colpi di scena d’arte la storia sacra del viaggiare umano, attraverso un percorso suggestivo e raffinato di quarantacinque dipinti dal Quattrocento al Novecento, provenienti da trenta collezioni d’Europa. Non a caso la storia biblica inizia con un “Esci e vai”, una parola netta rivolta ad Abramo , che diede origine all’avventura della fede.
Persepoli era l’agglomerato urbano più grande e più bello del mondo quando Alessandro Magno arrivò davanti alle sue mura nel 330 a.C. Tre mesi dopo un incendio, ordinato o causato dallo stesso Alessandro, distrusse la più maestosa città che l’uomo avesse costruito: crollarono i muri, le statue, le colonne; si fusero le lamine d’oro che ancora ricoprivano le statue e il trono, e di Persepoli restarono solo le rovine che ancora resistono a 50 chilometri dalla città di Shiraz, in Iran. Aquileia, uno dei più grandi e floridi centri politici, amministrativi e commerciali dell’Impero romano, resistette alle incursioni di Alarico, ma non ad Attila che, riuscì a penetrarvi grazie al crollo di un muro della fortificazione il 18 luglio del 452 d.C. devastandola e, tradizione o leggenda vuole, spargendo il sale sulle sue rovine. Oggi, idealmente la memoria di due grandi città, entrambe distrutte col ferro e col fuoco, a quasi ottocento anni di distanza, ed entrata a far parte del patrimonio di cultura, di arte, di suggestioni dell’intera umanità, si concretizza nella mostra Leoni e Tori dall’antica Persia ad Aquileia, al Museo Nazionale Archeologico di Aquileia (Ud). Il visitatore rimarrà incantato dinanzi al Rhyton, costituito dalla protome di un leone alato accovacciato con il corpo che termina in un calice semiconico, decorato da scanalature concentriche e ornato alla sommità da un fregio di boccioli e fiori di loto. I particolari di questo oggetto (il muso leonino ritratto con fauci aperte a mostrare i denti e la lingua sporgente, gli occhi prominenti segnati alla base da due rigonfiamenti, gli artigli realisticamente resi e muscolatura lineare nonché le grandi ali a terminazione ricurva, decorate con tre registri di piume) lo rendono un capolavoro più che di artigianato dell’arte in generale; così come il pugnale sempre in oro, che presenta decorazioni a soggetto animalistico (ancora leoni) riprese e ripetute nelle terminazioni di uno spettacolare bracciale, costituite appunto da protomi leonine con il muso digrignante e la lingua sporgente: i muscoli facciali sono evidenziati da rigonfiamenti, così come gli occhi sporgenti e la fronte da due solchi segnati da elementi circolari. La criniera dalla decorazione a scaglie, composta da elementi triangolari con vertice cerchiato, realizza il raccordo con un bracciale, pur esso presente in mostra.
Arriviamo ora in Emilia, a Bologna per una rassegna dal titolo La Passione di Cleopatra. Visioni e maschere di Arnaldo Pomodoro, che porterà i materiali progettuali (disegni, maschere, ornamenti, modellini di scena) realizzati da Arnaldo Pomodoro per la messinscena de “La passione di Cleopatra” del poeta egiziano Ahmad Shawqi, con la regia di Cherif, il progetto musicale e sonoro di Paolo Terni, il progetto scenico e i costumi di Arnaldo Pomodoro realizzati da Gianni Versace.
“La passione di Cleopatra” fu rappresentata il 21 luglio 1989 presso i ruderi di Gibellina, piccolo paese in provincia di Trapani, ricostruito dopo il terribile terremoto che devastò la valle del Belice.
Com’è noto infatti il grande scultore Arnaldo Pomodoro, che proprio il 23 giugno 2016 festeggia 90 anni, pratica da subito, giovanissimo, la scenografia, e a inizio carriera forse immagina per se stesso, addirittura, un destino in teatro. Il suo percorso prenderà altre vie e ne farà già in anni precoci uno dei grandi scultori del secondo ‘900: ma la passione per la scena rimane viva, e lo porta nel 1972 a realizzare con Ronconi la Caterina di Heilbronn di Kleist a Zurigo. Da quel momento, il rapporto di Pomodoro con la scena è costante, una sorta di continuo inventivo in cui travasare le riflessioni che parallelamente egli svolge in scultura, in rapporto criticamente vivo con la forma architettonica, lo spazio storico, il luogo, e da cui assumere una diversa qualità del vedere e far vedere. Vengono negli anni la memorabile Orestea di Gibellina di Isgrò del 1983-1985, la lunga collaborazione con Cherif con vette come La passione di Cleopatra e La tempesta di Shakespeare del 1998, e poi quella con Olmi, evolutasi dal verdiano Un ballo in maschera a Lipsia nel 2005, a Teneke di Vacchi per la Scala nel 2007, a Cavalleria rusticana di Mascagni e Šárka di Janáček alla Fenice nel 2009. Il Museo della musica celebra dunque il suo genio facendo ammirare i sontuosi ornamenti di accompagnamento ideati dal maestro, visionarie maschere in bronzo (per Cleopatra, Marcantonio, Cesarione e altri personaggi della pièce), armature, pettorali, elmi da parata, gioielli monumentali, modellini di scena.
Eccoci ora a Matelica (Mc) per una mostra dal titolo Lorenzo de Carris e i pittori eccentrici nelle Marche del primo Cinquecento. Attraverso la selezione di pitture e sculture che vanno dal 1490 alla metà del Cinquecento, la mostra racconta l’arte nelle Marche del Rinascimento maturo e si snoda lungo un percorso cronologico e stilistico che accosta le opere di Lorenzo de Carris a quelle dei suoi contemporanei coma Luca Signorelli, Cola dell’Amatrice e Vincenzo Pagani. Lorenzo di Giovanni, che dal 1502 viene chiamato anche il Giuda, era di origine slava e nacque a Matelica tra il 1465 e il 1466, la sua prima opera è una pala d’altare commissionata per la famiglia Turelli e destinata alla Cattedrale di Matelica. Questa è stata smembrata e dispersa, ma due frammenti sono conservati ancora al Museo Piersanti. Il lavoro di ricostruzione del percorso critico ha permesso di puntualizzare la cronologia interna del pittore, anche e soprattutto in relazione alle presenze nel territorio di altri artisti con cui Giuda ha collaborato o da cui ha trovato ispirazione. All’inizio del Cinquecento Matelica diventa infatti una città cruciale per l’intero svolgimento dell’arte nelle Marche, la presenza in San Francesco della stupenda pala di Marco Palmezzano datata 1501 e l’arrivo della grandiosa Deposizione di Luca Signorelli nel 1505 per Sant’Agostino, segna un clamoroso cambio di passo nel gusto delle immagini per tutto il territorio. La chiesa di San Francesco appena riaperta sarà una sezione esterna della mostra in cui sarà possibile vedere il maestoso dipinto di Palmezzano completo in ogni sua parte e perfettamente conservato, e un dipinto di Eusebio da San Giorgio datato 1512 che rappresenta in maniera perfetta la penetrazione del raffaellismo umbro anche nelle Marche. In mostra sarà presente in maniera del tutto eccezionale un tondo di Luca Signorelli commissionato al pittore dal figlio di Luca di Paolo, Giovannantonio, che fu usato dagli agostiniani come tramite per arrivare al famoso pittore cortonese. Lorenzo di Giovanni si spostò poi a Macerata, dove visse fino alla morte avvenuta ben oltre la metà del secolo, dopo il 1555. La sua stupenda tavola per il Duomo di quella città che sarà presente in mostra è opera sintomatica della cultura locale nei primi decenni del secolo, in cui la pittura lucida di Palmezzano si sposa in maniera perfetta con la cultura antiquaria di stampo romano di Cola dell’Amatrice e con il gusto cromatico di Lorenzo Lotto, che nel frattempo era arrivato nelle Marche. La mostra racconta l’intero percorso del pittore avendo raccolto tutte le opere mobili disponibili tra cui spicca il prestigiosissimo prestito dalla Pinacoteca di Brera di Milano che ha acconsentito alla movimentazione di una pala d’altare che era in origine a Serra San Quirico. Questa aveva la sua predella che decenni fa fu spostata al Senato della Repubblica a Palazzo Madama a Roma; per la prima volta le due opere torneranno insieme per ricomporre il complesso.
Fra tante iniziative nell’ambito del nono centenario della nascita di Matilde di Canossa, Firenze le dedica ana mostra dal titolo “Matilda di Canossa (1046-1115). La donna che mutò il corso della storia. Firenze fu città molto cara a Matilde, che vi abitò dagli otto ai ventidue anni, facendovi tra l’altro costruire nel 1078 la “cerchia antica” delle mura di dantesca memoria. Per queste sue benemerenze fiorentine continua a essere suggestiva, anche se accettata solo da parte critica, l’ipotesi che la Matelda della Divina Commedia sia proprio la Contessa, cioè un personaggio realmente esistito come le altre guide del Poeta, da Virgilio a Beatrice. Una preziosa copia trecentesca e l’edizione ottocentesca illustrata da Dorè del poema, presenti in mostra e aperta alla pagina giusta, si riferisce appunto a questa identificazione. La mostra si propone di illustrare, in quattro sale tematiche, le straordinarie scelte e azioni compiute da Matilde di Canossa (1046-1115) nel corso della sua lunga vita. Si può pensare che nei nove secoli trascorsi dalla sua morte tutto sia stato scritto e detto sulla tumultuosa vita della contessa e sui suoi trionfi tuttavia, le ulteriori ricerche archivistiche condotte soprattutto nel campo della giurisprudenza hanno messo in luce nuovi aspetti che sono presentati in questa mostra fiorentina. La fama della Granduchessa è legata alla storica umiliazione di Canossa avvenuta nel gennaio 1077, quando un disperato Enrico IV trascorse tre giorni di attesa, in ginocchio e a piedi nudi sulla neve, sotto la rocca di Canossa nell’Appennino reggiano. La lotta per le investiture, in cui papa Gregorio VII e Matilda si opposero all’imperatore germanico, costituisce una pietra miliare nella storia del popolo italiano. In antagonismo con il sovrano, nell’intento di sottrargli fonti di reddito, Matilda trasferì ai cittadini di Firenze, Pisa e Mantova il godimento delle tasse imposte dalla nobiltà feudale sull’uso delle strade, fiumi e pascoli. Enrico rispose esonerando i lucchesi, pisani e mantovani da quegli stessi obblighi feudali e, in aggiunta, riservò alla propria autorità imperiale la facoltà esclusiva di dirimere ogni controversia entro le mura delle loro città. Da parte sua, la contessa creò nei domini canossiani, di qua e di là dell’Appennino, una commissione permanente di giuristi formati nella logica del diritto romano giustinianeo, il quale, unico in ciò, riconosceva alle figlie femmine diritti di proprietà eguali ai figli maschi. Mediante manoscritti miniati, documenti coevi all’epoca di Matilda e spettacolari fotografie di paesaggio, la mostra ripercorre l’itinerario che, attraverso bellicosi decenni, fino alla vittoria ultima della Grancontessa, portò i tre protagonisti di questo periodo storico in cima alla rocca di Canossa.
Concludiamo a Roma con una mostra curiosa dedicata alla satira dal Seicento fino a metà 1800. Sarti, cappellaie e rammendatrici di calze, accanto a soffiatori di vetro, burattinai e musicisti. Ma anche servitori gobbi che fanno bella mostra di sé a fianco a personaggi del calibro di papa Benedetto XIV e del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, immortalati nel celebre quadro di Giovanni Paolo Pannini. Sono queste alcune delle 120 opere esposte nella mostra L’Arte del sorriso.
A lungo ritenuta un genere minore, la caricatura è tuttavia presente nella produzione di molti grandi artisti, da Leonardo ad Annibale Carracci, a Gian Lorenzo Bernini che per molti aspetti è considerato il vero iniziatore di questo peculiare tipo di ritratto irriverente. Ma è solo nel Settecento che l’arte della caricatura, forma artistica affidata quasi esclusivamente al disegno, ha iniziato ad affermarsi acquisendo una sempre maggiore impostazione intellettualistica. Come già nel secolo precedente, la caricatura a Roma nel XVIII secolo mirava a ‘colpire’ non la collettività ma il singolo personaggio, com’è evidente nella prolifica produzione di Pier Leone Ghezzi (1674-1755), protagonista indiscusso di questo genere, soprannominato il ‘Cavaliere delle caricature’ per la sua abilità nel ritrarre con arguzia natura e costumi degli uomini di ogni ceto sociale.
Altro magnifico interprete fu l’architetto pontificio Carlo Marchionni (1702-1786) che, con la sua penna bonaria, si dedicò alla caricatura per svago e diletto ma con grande qualità grafica e profondità d’introspezione psicologica. Anche un suo allievo, Giuseppe Barberi (1746-1809), coltiverà assiduamente questo genere parallelamente alla quotidiana attività di architetto raffigurando, oltre i membri della propria famiglia, molteplici personaggi tra nobili, intellettuali, diplomatici, collezionisti, prelati, artigiani e venditori ambulanti. Con differente stile i tre artisti ci offrono una capillare e sagace cronaca della loro epoca non solo attraverso le caricature ma anche, e soprattutto, con le annotazioni manoscritte poste a margine dei disegni, relative alla vita pubblica e privata dei personaggi ritratti. Una sorta di “diari figurati” che, con le loro microstorie, ci regalano uno spaccato sociale assolutamente inconsueto e affascinante. Con la fine del Settecento si conclude la fortunata stagione della caricatura a Roma, gradualmente soppiantata dalla vignetta satirica quale illustrazione di una stampa politica e strumento di critica sociale. Sull’esempio dei primi due giornali satirici francesi La Caricature (1830-35) e Le Chiarivari (1832-93) - entrambi fondati a Parigi da Charles Philipon e aperti alla collaborazione di disegnatori quali Honoré Daumier, Grandville, Paul Gavarni - a Roma ne nascono molti simili, tra i quali spicca il notissimo Don Pirlone. Di stampo socialista e anticlericale, esso abbandona definitivamente il tono indulgente della caricatura settecentesca per uno assai più immediato e incisivo, di forte impegno civile.
Joan Mirò. La forza della materia
Milano – MUDEC (Via Tortona 56)
25 marzo 2016 – 11 settembre 2016
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì , mercoledì, venerdì, domenica 9.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30
Biglietti: 5€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.mudec.it
Trace di Farhan Siki
Milano – Banca Generali (Piazza S.Alessandro 4)
29 febbraio 2016 – 30 settembre 2016
Orari: martedì, mercoledì, giovedì 14.30-18.30
Ingresso libero
Vulcani. Origini, evoluzione, storie e segreti delle montagne di fuoco
Milano – Museo di Storia Naturale
16 marzo 2016 – 11 settembre 2016
Orari: martedì-domenica 9.00-17.30, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.comune.milano.it
Immaginare il Giardino. Tre secoli di rappresentazione giardinistica.
Pallanza (VB)- Villa Giulia
25 giugno 2016 - 2 ottobre
Orari: martedì- venerdì 14.00 – 18.00, sabato e domenica 10.00-18.00, chiuso lunedì.
Ingresso libero
Informazioni: www.museodelpaesaggio.it
I pittori della luce
Rovereto (Tn) – MART
25 giugno 2016 - 9 ottobre 2016
Orari: martedì - domenica 10.00 - 18.00, venerdì 10.00 - 21.00,chiuso lunedì
Biglietti: 11€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.mart.trento.it
Meraviglie dello Stato di Chu. Il Drago e la Fenice
Este (Pd) – Museo Nazionale Atesino
12 marzo 2016 – 25 settembre 2016
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00
Biglietti: 9€ intero, 7€ ridotto per le due rassegne
Informazioni: www.mostra-chu.it
Meraviglie dello Stato di Chu. L’Arte della guerra
Adria (Ro) – Museo Archeologico Nazionale
12 marzo 2016 – 25 settembre 2016
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00
Biglietti: 9€ intero, 7€ ridotto per le due rassegne
Informazioni: www.mostra-chu.it
Scrigni di fiori e profumi. Le ceramiche di Nove: capolavori tra natura e finzione
Trieste – Museo Storico del Castello di MIramare
14 maggio 2016 – 16 ottobre 2016
Orari: tutti i giorni 9.00-19.00
Biglietti: 8€ intero, 5€ ridotto
Informazioni: www.castellomiramare.org
Oltre. In viaggio con cercatori, fuggitivi, pellegrini
Illegio (Ud) – Casa delle Esposizioni
22 maggio 2016 - 9 ottobre 2016
Orari: martedì - sabato 10.00-19.00, domenica 9.30-19.30, lunedì solo gruppi su prenotazione
Biglietti: 10€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.illegio.it
Leoni e tori dall’antica Persia ad Aquileia
Aquileia (Ud)- Museo Archeologico Nazionale
25 giugno 2016 - 30 settembre 2016
Orari: martedì – domenica 8.30 - 19.30, chiuso lunedì
Biglietti: 7€ intero, 4e ridotto
Informazioni: www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it
La passione di Cleopatra. Visioni e maschere di Arnaldo Pomodoro
Bologna – Museo della Musica
24 giugno 2016 – 18 settembre 2016
Orari: martedì - venerdì 9.30- 16.00, sabato, domenica e 15 agosto 10.00 - 18.30; tutti i martedì dal 26 luglio al 13 settembre 16.00 - 21.00
Biglietti: 5€ intero, 3e ridotto
Informazioni: www.museibologna.it
Lorenzo de Carris e i pittori eccentrici nelle Marche del primo Cinquecento
Matelica (Mc) – Museo Piersanti
29 giugno 2016 - 2 ottobre 2016
Orari: Tutti i giorni 10.00- 13.00/ 15.00- 19.30
Biglietti: 8€ intero, 6€ ridotto
Informazioni: www.comune.matelica.mc.it
Matilde di Canossa 1046-1115. La donna che mutò il corso della storia
Firenze – Casa Buonarroti
14 giugno 2016 - 10 ottobre 2016
Orari: tutti i giorni 10.00-17.00, chiuso martedì
Biglietti: 6.50€ intero, 4,50€ ridotto
Informazioni: www.casabuonarroti.it
La caricatura a Roma dal Seicento al 1849
Roma – Palazzo Braschi
9 giugno 2016 - 2 ottobre 2016
Orari: martedì-domenica ore 10.00-19.00, chiuso lunedì
Biglietti: 11€ intero, 9€ ridotto
Informazioni: www.museodiroma.it