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Il principio di tolleranza male interpretato

Fonte:
CulturaCattolica.it

«Oggi le Chiese e le Comunità ecclesiali in Europa si trovano ad affrontare sfide nuove e decisive, alle quali possono dare risposte efficaci solo parlando con una voce sola. Penso, per esempio, alla sfida posta da legislazioni che, in nome di un principio di tolleranza male interpretato, finiscono con l’impedire ai cittadini di esprimere liberamente e praticare in modo pacifico e legittimo le proprie convinzioni religiose». Da tempo sta accadendo quello che queste parole di Papa Francesco indicano in maniera inequivocabile. Il Convegno recente sulla libertà di stampa sembra avere dato qualche significativo contributo, così come anche gli articoli su Tribuna hanno documentato. Basti pensare a quanto affermato dal Vescovo, che ha collegato la libertà, e non solo quella di stampa, alla verità. Non ci sono stime per San Marino, ma la situazione dell’Italia fa impressione: sembra che sia retrocessa molto indietro per quanto riguarda la libertà di informazione (e ho già ricordato come ne sia io stesso testimone in prima persona, per le mie vicende personali).
Ho provato a cercare commenti alle parole del Papa sopra ricordate: sembrano scomparse dai media nazionali, quelli che per un «chi sono io per giudicare un gay?» hanno fatto titoli e commenti a non finire, tra l’altro storpiando e camuffando le autentiche parole pronunciate dal Papa. Come ha detto recentemente Mons. Negri in una intervista: «Stiamo accettando che siano i mass media laicisti a definire l’immagine della Chiesa, del prete, di una autentica pastoralità» e non diciamo nulla, non reagiamo. Quando Scalfari ha detto «Sono dispostissimo a pensare che alcune delle cose scritte da me e a lui attribuite, il Papa non le condivida, ma credo anche che ritenga che, dette da un non-credente, siano importanti per lui e per l’azione che svolge» sembra che nessun «libero pensatore» si sia scandalizzato, abbia reagito disgustato, abbia chiesto una pubblica rettifica. Ecco perché siamo caduti così in basso per quanto riguarda la libertà di informazione.
Non possiamo pensare che la libertà non abbia un prezzo. La coscienza ci deve impedire ogni forma di menzogna e di accomodamento. Non possiamo ascoltare il Papa ad intermittenza, cancellando quello che non ci garba. Dove sono finite queste altre parole: «La persecuzione è un evento ecclesiale della fedeltà; a volte è frontale e diretta; altre volte occorre saperla riconoscere quando è ammantata da quell’apparenza pseudoculturale con cui ama presentarsi in ogni epoca, nascosta dietro la laica “razionalità” di un sedicente “senso comune” delle cosiddette persone normali e civili. Le forme sono molte e differenti, però ciò che sempre scatena la persecuzione è la follia del Vangelo, lo scandalo della Croce di Cristo, il fermento delle Beatitudini. Inoltre, come nel caso di Gesù, di Stefano e di questa grande “nube di testimoni”, i metodi furono e sono gli stessi: la disinformazione, la diffamazione, la calunnia, per convincere, far avanzare e – come ogni opera del Demonio – far sì che la persecuzione cresca, contagi e si giustifichi fino al punto di sembrare ragionevole»?
Nei «Cori della rocca» il grande poeta Eliot cantava: «In luoghi abbandonati / Noi costruiremo con mattoni nuovi / Vi sono mani e macchine / E argilla per nuovi mattoni / E calce per nuova calcina / Dove i mattoni son caduti / Costruiremo con pietra nuova / Dove le travi son marcite / Costruiremo con nuovo legname / Dove parole non son pronunciate / Costruiremo con nuovo linguaggio / C'è un lavoro comune / Una Chiesa per tutti / E un impiego per ciascuno / Ognuno al suo lavoro». Ebbene, che ciascuno ritrovi il suo lavoro, che sappiamo rifiutare quel «principio di tolleranza male interpretato» che mette il silenziatore a chi non si allinea al pensiero dominante. In particolare i nostri giovani hanno bisogno di verità per crescere liberi.

Tribuna del 12 maggio 2015
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