La torre di Babele, oggi
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Mi ha sempre intrigato la lettura di questo brano del libro della Genesi che racconta la storia degli inizi dell’umanità. E soprattutto l’insegnamento, non tanto nascosto: l’uomo, innamorato delle proprie conquiste, che vuole costruire una torre “che tocca il cielo”.
Ma qual è il significato di questo “toccare il cielo”? Con gli esegeti più accorti, ritengo che questa sia la metafora del potere – reso possibile dalla tecnologia, che allora era la scoperta dei mattoni per costruire – quel potere che si vuole indiscutibile e assoluto, divino, appunto, come tutto ciò che raggiunge il cielo. E quindi orizzonte universale cui deve obbedire ogni uomo. Pena l’esclusione dal consesso degli uomini civili. A Dio però questo progetto non piace: ama troppo la libertà dell’uomo per lasciarlo in balia di qualsiasi potere. Così confonde le lingue degli uomini. In questo modo bisogna ricominciare ogni volta la fatica di imparare a comunicare.
Mi sono ricordato di questo racconto quando ho letto la notizia per cui alcune testate giornalistiche internazionali hanno deciso di mettersi insieme per costituire un progetto che dia agli uomini la possibilità di un unico pensiero e di una identica fonte di informazione. Così viene descritto questo progetto: «Lo scorso 10 marzo sette testate giornalistiche di sei Paesi europei hanno dato vita al progetto LENA (Leading European Newspaper Alliance), un portale che raccoglie gli articoli dei grandi giornali aderenti e che mira allo scambio di informazioni tra le redazioni al fine di creare un’opinione pubblica europea. I “sette sapienti” in questione sono La Repubblica, El Pais (Spagna), Die Welt (Germania), Le Figaro (Francia), Le Soir (Belgio), Tages-Anzeiger e Tribune de Genève (Svizzera) e il loro progetto inizierà a funzionare già nel prossimo futuro.» E Repubblica così aggiunge, entusiasticamente: «Tra gli obiettivi di “LENA” c’è quello di consolidare un’opinione pubblica europea grazie ai valori comuni dalla testate socie relativi all’importanza del giornalismo di qualità con l’obiettivo di creare una società aperta e democratica sostenendo un messaggio di progresso economico e di giustizia sociale».
Certo, considerando questa prospettiva di un monopolio totale della informazione, ove si potrà realizzare quanto Marcuse descrive ne «L’uomo a una dimensione», mi sono ricordato di questo episodio, raccontato nel libro di Savorana, Vita di Don Giussani, a pag. 661, che ci consente di riflettere sul pericolo di omologazione in cui stiamo vivendo.
«Giussani racconta un episodio che ha come protagonista Winston Churchill, uno dei vincitori della Seconda guerra mondiale: Terminato il conflitto mondiale, andò negli Stati Uniti d’America per una visita in cui gli vennero tributati tutti gli onori per il suo contributo alla vittoria considerata salvezza della civiltà. Si trovò egli ad essere ricevuto al Massachusetts Institute of Technology di Boston — uno dei più noti centri scientifici del mondo — il cui rettore [...], dopo aver accennato a tutto ciò che la civiltà doveva a Churchill per il suo apporto al superamento del pericolo nazista, si attardò a descrivere il carattere postbellico di tale civiltà, il cui principale attributo era, a suo modo di vedere, il fatto di aver preso possesso, tramite la scienza e la tecnica, di ogni aspetto dell’umano. Solo un piccolo passo separava l’umanità dall’ottenere un dominio intero sul pensiero, l’affetto, il sentimento dell’uomo fin nelle loro radici, cosicché nessun Hitler sarebbe più potuto sorgere, e il mondo sarebbe potuto essere presto una società perfetta, come una grande officina impostata secondo un progetto buono. Sentito questo, Churchill si alzò e – dopo aver ringraziato il rettore per l’accoglienza e le parole di lode ricevute – riguardo al mondo felice da questo appena descritto disse che “sperava ardentemente di essere già morto prima che ciò fosse realizzato”.»
Ecco, noi non speriamo di essere già morti, ma lottiamo perché questo non accada.