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Una società che ama la morte

Fonte:
CulturaCattolica.it

«Voi amate la vita e noi amiamo la morte, che dà un esempio di quello che il profeta Maometto ha detto». La frase raggelante pronunciata dal rappresentante di Al Qaeda nel rivendicare la strage di Madrid non suona nuova. «Noi amiamo la morte per causa di Allah, tanto quanto voi amate la vita», aveva detto Abu Gheith, portavoce di Bin Laden, dopo l’11 settembre. «Noi aspiriamo più al martirio che alla vita», erano state le parole del ceceno Barsayev durante la presa di ostaggi moscovita del 2002. E si potrebbe continuare.
Abbiamo tutti rabbrividito quando abbiamo sentito pronunciare queste parole. E i fatti che accadono ora in Siria, come recentemente in Iraq, in Nigeria, in Pakistan e in moltissimi altri luoghi della terra ci stanno toccando il cuore e interrogando su ciò che abbiamo di più caro.
Eppure, questa logica sembra avere fatto breccia anche nei nostri cuori, nella nostra cultura, nella nostra comunicazione.
E non mi riferisco a fenomeni lontani, no, niente affatto. Penso alla esultanza per la morte della famiglia, al tripudio per quella che viene chiamata una conquista di civiltà e che altro non è se non la fine delle relazioni umane che originano la vita, degli affetti secondo il cuore dell’uomo, alla grave intolleranza nei confronti di chi sceglie la pacatezza delle ragioni piuttosto che lo schiamazzo intollerante dei facinorosi (basta leggere qualche cronaca delle contestazioni alle «Sentinelle in piedi» – qui solo una riflessione di uno che ha partecipato: «Ho, ancora una volta, vegliato con le sentinelle, mentre ancora una volta per tutto il tempo una signorina megafonata asseriva con baldante determinazione che avremmo dovuto schiattare tutti quanti. Anzi, era preciso dovere di tutti eliminarci, in quanto "pezzi di merda mossi dall'odio" (noi)»).
E penso alla censura di fronte a quanto in questi ultimi tempi sta gridando il Papa Francesco al mondo, sulla colonizzazione ideologica e su «quello sbaglio della mente» che è la teoria del gender.
Un amico mi ha inoltrato questa sua riflessione a proposito di quanto accaduto in Irlanda. Non pensate che sia una considerazione di estrema attualità?
«Avverto subito il lettore - sempre che la mia lettera venga pubblicata -, che questa è la riflessione di un “retrogrado oscurantista”, sconcertato di fronte alle stridenti contraddizioni dei nostri tempi.
Siamo di fronte a una Unione Europea alquanto disunita su molti temi cruciali, fra questi la permanenza nell’Unione di un paese membro come la Grecia, le difficoltà nel risolvere i problemi del lavoro, della denatalità, della crisi di molte famiglie, delle migrazioni e delle guerre alle porte del continente, ma sembra che tutti esultino perché in Irlanda, con un referendum popolare, sono state concesse le nozze ai gay. In questo campo, come vediamo - che siamo favorevoli o contrari - dai politici più “illuminati” e dalla maggioranza dei media viene il canto dell’osanna per questa nuova “conquista di civiltà” e l’auspicio che anche i paesi più “retrogradi e oscurantisti” finalmente si allineino al nuovo “sole dell’avvenire”, ponendo ogni tipo di unione alla pari con la famiglia - ma si può dire ancora? - tradizionale. Scusate, ma, pur nella mia “oscurità mentale”, mi pare di vedere che tutti gli esseri umani sono nati da un rapporto uomo-donna, o no? Non credo sia necessaria la fede per “vedere” questa realtà! Ah, certo, adesso siamo diventati più moderni e liberi e i figli si possono concepire anche in provetta e si può persino concedere l’utero in affitto per dare un figlio a chi non lo può avere. E questo sembra il massimo della civiltà. Certo, da parte di molti “intelligenti” ci sono perplessità per quanto riguarda gli organismi geneticamente modificati, ma gli stessi esigono piena libertà invece per la manipolazione delle coscienze e delle cellule embrionali.
Scrivo queste riflessioni nel giorno in cui si ricorda l’entrata dell’Italia in quella che Benedetto XV e tutti i papi successivi, hanno definito come “Inutile strage”. Eppure anche a quel tempo le “menti più illuminate” non presero sul serio quelle affermazioni, che ora agli storici più seri appaiono come profetiche. Il Papa attuale - nel silenzio della maggioranza dei media - ha parlato di “colonizzazione ideologica di gender” persino nelle scuole. Fra non molti anni, ahi me - guardando al disastro creato da queste “nuove libertà” - si sarà costretti ad ammettere che aveva ragione.»

Tribuna del 27 maggio 2015
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