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Addio a Gerusalemme

Fonte:
CulturaCattolica.it

Dopo la Santa Messa nel convento dei Maroniti, saliamo sulla meravigliosa terrazza, con belvedere sulla Città santa; primo piano per il Santo Sepolcro a poche decine di metri di distanza. I muezzin si lanciano il richiamo da minareto a minareto: è mezzogiorno. Tutti si sbizzarriscono a immortalare lo scenario con foto di gruppi, di coppie, di singoli… tutto nutrimento per la memoria, perché nulla vada perduto e tutto fruttifichi nel tempo secondo il volere di Dio, che qui ci ha convocati.
Scendiamo poi nella sala da pranzo, dove ci accolgono delle suore libanesi: parlano in francese. Per la prima volta da quando siamo in Terrasanta, il menù è “all’italiana”: sollievo per Augusto che non gradisce molto la cucina orientale con i suoi sapori originali. Ci sono spaghetti al sugo, e finalmente possiamo permetterci del vino bianco, anziché le consuete birre o l’austera acqua minerale. Un’idea geniale di don Franco: far raccontare alle suore la storia dei Maroniti. Rosa e Marinella si offrono a fare da interpreti, e una suora ci narra di san Marone, e del rito particolare nato in Libano dalla sua esperienza. Durante il pranzo giunge la notizia della morte di un amico parrocchiano di Santa Maria Rossa; ieri invece Giuliana ci aveva annunciato di essere diventata zia per l’ennesima volta. Pellegrinaggio come metafora della vita.
Il pomeriggio improvvisamente si è dilatato, a motivo della ritardata partenza del volo aereo; inaccessibili Emmaus e Betania, puntiamo su un nuovo giro per la Città vecchia, con altre prospettive ed altri scorci da osservare. Un terzo appuntamento al Santo Sepolcro: non siamo mai sazi di tornare ai Luoghi della nostra salvezza. Oggi il Natale ortodosso ha portato una grande folla di pellegrini dall’Est europeo: russi soprattutto. Guardiamo ammirati lo spettacolo della fede di questi nostri fratelli, e ascoltiamo le lingue più strane intrecciarsi davanti alla scalinata. Alla porta di Jaffa contempliamo la Torre di Davide; un bizzarro personaggio barbuto, in bianche vesti e con una cetra in mano si fa fotografare con i turisti. Camminiamo lungo il corridoio interno delle mura, verso la porta di Sion dove ci aspetta il pullman che ci porterà a Tel Aviv. Con nostalgia guardiamo il sole al tramonto, rubiamo gli ultimi scampoli di Terrasanta, lasciandoci stupire dalle memorie cristiane presenti in ogni angolo… E’ l’ora di ringraziare don Pedro, poi via diretti all’Aeroporto Ben Gourion. Il tragitto è breve, ma don Franco ne approfitta per ringraziare Karim, il nostro insuperabile autista, i perfetti segretari Nusy ed Alberto, il magico Coro… quindi accostandosi ai bagagli benedice tutti gli oggetti sacri acquistati come memoria e destinati agli amici. Un’estenuante attesa è costellata, oltre che dagli ultimi acquisti al Dute free shop, da minuziosi controlli, perquisizioni, metal detector, raggi X, check in… Ben sette sono le prove che dobbiamo superare, spesso rimandati per ulteriori esami: l’esito di questo “percorso di guerra” (motivato sicuramente dalla esigenza di sicurezza) è che i posti sull’aereo sono assegnati in modo casuale, e quindi mariti e mogli vengono separati forzosamente. Alcune coppie si ricompongono, scambiando astutamente i posti… gli altri, ormai fraternamente legati dal cammino comune di sette giorni, non si preoccupano più di tanto. Cena a bordo, ultimi assaggi di cibi esotici, poi col naso agli oblò a guardare i lumini sulla costa della Puglia, il Mar Ionio… ad un tratto una coltre di nubi bianche ci toglie ogni visuale, stiamo per entrare nell’emergenza neve. E infatti alla Malpensa, miracolosamente sgomberata a tempo di record, lo spettacolo è impressionante, soprattutto per noi che giungiamo da una tiepida settimana di caldo sole e cieli azzurri. Il pilota della El Al si merita un applauso spontaneo per il suo perfetto atterraggio; poi l’attesa dei bagagli e il ritorno in pullman a Milano. Saluti, baci ed abbracci, ma c’è già la prospettiva di rivedersi, per momenti di festa e di memoria… non avevamo detto che ormai tutto il mondo è Terra Santa? Piccola coda per noi di fuori Milano: l’auto sepolta dalla neve non è spostabile, e quindi con l’aiuto di Tiziana e di Riccardo chiamiamo un taxi. Alle due di mattina siamo finalmente a casa.

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