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Golgota e Santo Sepolcro in un unico abbraccio

Fonte:
CulturaCattolica.it

Pochi siti della Terra sono stati al centro di contese, distruzioni, ricostruzioni, guerre, polemiche, incendi, terremoti come questo complesso antichissimo, nel quale Calvario e Santo Sepolcro sono stati unificati in un’unica Basilica. Sembra quasi che il Luogo più santo del mondo, dove si è realizzato il trionfo della misericordia di Dio e la Sua vittoria sulla morte e sul male sia sempre sotto attacco, quasi oggetto di una diabolica invidia... anche se noi sappiamo che la Vittoria è già avvenuta, è definitiva e niente potrà più toglierla o cancellarla.
Salim come sempre ci introduce alla visita, prevenendo il nostro stupore: il Calvario era un modesto rialzo, non una collina come spesso lo immaginiamo, e il sepolcro di Giuseppe d’Arimatea, dove fu deposto in fretta il corpo di Cristo, si trovava proprio lì nelle vicinanze. Il solito sfregio dissacrante dell’imperatore Adriano, che coprì di terra tutta la zona, paradossalmente servì poi per identificare con sicurezza il luogo della Morte e della Resurrezione. Costantino prima, i Crociati poi... il tributo della Chiesa militante al Capo e allo Sposo. Oggi è l’Epifania: l’afflusso di pellegrini è notevole, anche se le notizie da Gaza hanno sicuramente ridotto i pellegrinaggi. In fila indiana ci inerpichiamo dapprima per una breve e ripida scala sulla destra dell’ingresso: il luogo del Calvario. Esso è diviso in due piccole zone: una cattolica, con un mosaico che raffigura il momento della crocifissione; nel centro, coperto come sempre da decine di lampade bizantine, il Golgota vero e proprio, affidato ai Greco-ortodossi. Una icona tridimensionale a grandezza naturale raffigura Cristo sulla Croce con Maria e Giovanni ai lati. Lentamente con grandissima commozione sfiliamo davanti all’altare e ci inginocchiamo: lì sotto c’è una cavità, un buco in cui poniamo la mano: è il punto in cui fu infilata la croce. Sostiamo per parecchi minuti davanti al Calvario, e qui affiorano spontanee alla memoria tutte le persone che ci hanno chiesto di pregare per loro: i parenti, gli amici, i malati, i tribolati, i ragazzi delle nostre comunità... E poi i morti recenti, i dolori del mondo, le spine nel cuore della nostra meschinità... Tutto sta bene qui, davanti al Crocifisso, a Colui che non si è tirato indietro di fronte alla prova più straziante. E lì accanto c’è Maria che ci introduce a Suo Figlio. Scendiamo di nuovo ed ecco una grandissima lastra rocciosa: la pietra dell’Unzione, dove Cristo deposto dalla Croce fu cosparso di unguenti e di aromi, prima di essere collocato nel Sepolcro. Sulla parete una gigantesca icona multicolore raffigura il momento della Deposizione. Ci dirigiamo poi verso l’Anàstasis, il mausoleo vero e proprio che contiene la Tomba di Gesù. Siamo in coda, un pope solenne ci fa entrare a cinque-sei per volta; d’altra parte lo spazio è ristretto. All’ingresso del Sepolcro, un cero pasquale sempre acceso alimenta una tipica devozione ortodossa: fasci di 33 candeline (simbolo degli anni della vita di Gesù) vengono accesi al cero, e poi subito spenti sotto una piccola cappa metallica, per essere conservati come reliquia della resurrezione.
Ecco il nostro turno: dentro l’edicola due spazi: un vestibolo illuminato da alcune candele, dove l’angelo in bianche vesti annunciò la resurrezione alle donne, e la tomba vera e propria, una piatta tavola di roccia. Icone, immagini, tutto richiama al Risorto, anche se il pope implacabile ci esorta ad uscire dopo un tempo che ci pare durare solo un attimo. Ricomponiamo il gruppo per visitare il luogo dove sant’Elena con passione indomabile ritrovò la Croce di Cristo; il pavimento è letteralmente coperto di mosaici. La nostra Messa oggi sarà pasquale! Non può essere diversamente, nella piccola semplice cappella a fianco del Sepolcro. Don Franco ci ricorda le parole di Benedetto XVI sulla resurrezione: la più grande mutazione ontologica nella storia umana, l’inizio vero di una umanità nuova. E anche l’unica rivoluzione realizzata nel destino dell’uomo. Usciamo nella luce del mezzogiorno, e ci allineiamo sulla scalinata esterna per la foto di rito alle comitive dei pellegrini: un ricordo straordinario, cui nessuno si sottrae. Trattenendo la commozione di questa visita così straordinaria, attraverso il suk ci dirigiamo alla porta di Damasco per riprendere il pullman che ci porterà a Gerico. Prima però Salim ci ha condotti ad un luogo di ristoro cristiano con oggetti sacri, profumi e ricordi di vario genere: un’attenzione ammirevole che ci colpisce per l’ennesima volta.

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