Condividi:

Il Gethsemani e la piccola Veronica

Fonte:
CulturaCattolica.it

Sotto un sole caldo e con un bel cielo azzurro che fa da cupola scendiamo alle pendici del Monte degli Ulivi, dove è collocato l’Orto dell’agonia di Cristo. In tre giorni ripercorreremo il triduo della Settimana Santa: oggi faremo memoria soprattutto del Giovedì, con il Gethsemani (il nome significa “frantoio dell’olio”), il Cenacolo e la prigione del Sinedrio. Presso la valle del fiume Cedron una piccola porta ci introduce nell’uliveto: otto piante immense, millenarie, dai tronchi giganteschi. Qui Gesù si è ritirato a pregare dopo l’Ultima Cena… gli ulivi potrebbero essere stati testimoni della sua drammatica lotta di fronte al calice terribile. Fasci di rami d’ulivo vengono accatastati vicino alle cancellate che delimitano l’Orto, e tutti noi ci avviciniamo per prendere almeno una manciata di foglie, una memoria tangibile del momento in cui il Signore si è caricato sulle spalle tutti i nostri peccati. Rosa ne afferra un’intera frasca, la divideremo poi in rametti per regalarli agli amici assieme agli altri ricordi del pellegrinaggio. La “Basilica delle nazioni”, opera dell’onnipresente Barluzzi, presenta sul soffitto delle volte una serie di piccole bandiere nazionali, testimoni del contributo dato dai vari stati del mondo all’edificazione della Chiesa. Dopo le spiegazioni di Salim ci prepariamo alla Santa Messa. Qui una circostanza davvero singolare ci fa comprendere per l’ennesima volta che il pellegrinaggio è il simbolo della nostra vita: sabato sul lago di Tiberiade abbiamo festeggiato il compleanno di Santa, oggi ricordiamo Veronica, la figlia dei nostri amici Gigi e Marina, morta a soli dieci anni d’età proprio il 5 gennaio. Ecco la testimonianza di Marina:
“Un momento particolarmente intenso è stata la Messa celebrata nella chiesa del Gethsemani che con le sue vetrate viola diffondeva un senso di angoscia e quella grande roccia davanti all’altare che potevi toccare e baciare. Era il 5 gennaio, anniversario della morte della nostra piccola figlia Veronica Maria e nella Messa è stata ricordata Qui, nel luogo dell’affidamento alla volontà del Padre, Gesù si è ritrovato solo a pregare e a sudare sangue, anch’io ho consegnato a lui la mia sofferenza e con rinnovata consapevolezza ho ripreso il cammino”. Don Franco ci ricorda che “in questo pozzo nero del male e del peccato” Cristo ha condiviso ogni situazione e circostanza della vita dell’uomo, perché ogni dolore umano sia vissuto in comunione col Suo dolore e offerto al Padre, e così facendo diventi fecondo. Costeggiando il bellissimo giardino di un convento ortodosso scendiamo poi verso la Chiesa della Assunzione di Maria, pure armeno-ortodossa. Essa è diversa dalla “Dormizione della Vergine”: qui, in fondo a una grande scalinata, secondo una tradizione apocrifa si venera la “pietra della morte di Maria”. Fuori l’ennesima sorpresa ci attende: la comitiva di pellegrini che risale dalla scalinata è milanese, sono i nostri amici del QT8 con don Carlo Casati. Riconosciamo tra gli altri il prof. Montecchi, esperto di Islam e preside. Ci si abbraccia e ci si saluta con commozione; trovarsi qui sottintende molte cose, soprattutto un grande amore a Cristo. Salim ci guida poi con destrezza ad un piccolo grazioso ristorante: Az Zahra, cioè “Il fiore”, dove possiamo assaggiare uno squisito spezzatino di pollo al curry, e dolcetti al cucchiaio. Anche qui il manifesto di Natale in arabo, con Mantegna! Usciamo nel pomeriggio di Gerusalemme, con la consueta pacata euforia di uno stupore continuo.

Articoli Correlati
Vai a "Pellegrini in Terrasanta"