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Nazareth: “Angel dal ciel disceso...”

Fonte:
CulturaCattolica.it

La strada che ci porta a Nazareth (circa 100mila abitanti, capitale della Galilea) è costeggiata da file di eucalipti: sono abbondantissimi in Terrasanta e furono introdotti qui dall’Australia già dal 1912 per drenare i terreni paludosi. Nazareth (ci spiega Salim con la consueta cortese precisione) è una città doppia: la parte ebraica, chiamata Nazareth Illit (alta) è moderna e ben curata; quella araba (la parte bassa) offre uno spettacolo più modesto e “sgarrupato”, e drammaticamente ci ricorda i problemi di questa terra martoriata. Karim, il nostro autista, con manovre perfette e spettacolari ci conduce al Ristorante in cui pranzeremo: “La fontana della Vergine”: in italiano, proprio così! Facciamo la prima esperienza dei piatti tipici locali: una serie di insalate come introduzione, tra cui il famoso “hummus” (salsina a base di pasta di ceci e di sesamo), riso bianco in quantità, spezie che si infilano dappertutto creando sapori insoliti e talvolta sorprendenti.
Ci avviamo a piedi per attraversare la città, prendendo le mosse proprio dalla “Fontana” alla quale Maria attingeva l’acqua e che ora è inglobata nella Chiesa ortodossa di San Gabriele. Secondo la tradizione ortodossa Maria ricevette qui il primo annuncio dell’Angelo, ma si spaventò e corse a casa, dove avvenne il dialogo dell’Annunciazione. Salim oggi vuole farci prendere coscienza delle molteplici tradizioni religiose e dei “vari rami” dell’albero cristiano, come dice lui. Sono solo 170mila i Cristiani della Terrasanta, divisi in varie denominazioni, confessioni e riti: Caldei, Armeni, Copti, Ortodossi, Greco-cattolici melchiti, Maroniti, Cattolici... al di là delle differenze che pure ci sono (e talvolta non solo semplici peculiarità liturgiche, come ad es. da noi tra ambrosiani e romani) si sentono affratellati dall’unica fede in Cristo e da una condizione paradossale: “gli israeliani li considerano palestinesi, gli islamici filo-occidentali” (P. Cremonesi). Entriamo quindi nella Chiesa ortodossa di San Gabriele: ecco le fiammeggianti icone, con il fatto dell’Annunciazione e San Giorgio, protettore della Terrasanta, contro il dragone. In alto un mosaico riproduce l’incontro di Maria con Gabriele Arcangelo alla fontana, e riporta la prima parte dell’Ave Maria. Attraversiamo quindi la città, soffermandoci ancora in un cimitero islamico e nella sinagoga da poco restaurata, quella nella quale Gesù proclamò la Sua messianicità, ricevendo risposte sdegnate e oltraggiose fino al tentato omicidio (“Nessuno è profeta in patria”).
Mentre ci avviciniamo al suk (il mercato arabo), Salim ci fa notare, strappando una pianticella da un muro, il “granellino di senape”: un fitto pulviscolo di semini quasi invisibili. Tanto piccola è la fede che Gesù chiede per fare miracoli attraverso di essa. Il suk (è venerdì pomeriggio inoltrato) non è animato come al solito, ci sono per terra arance e verdure abbandonate, e sopra tutto un misto dolciastro di aromi speziati. All’altro estremo del mercato, ecco la Basilica dell’Annunciazione. Nella dolcezza della sera, stiamo per giungere al luogo dove tutto ebbe inizio.

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