Nazareth, o della totalità
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“L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria...”; quante volte abbiamo ripetuto queste parole, con maggiore o minor consapevolezza! Lo splendore dell’esperienza in Terrasanta è che vita e contemplazione del Mistero coincidono: siamo lì solo per guardare dei segni che parlano di fatti, ogni devozionismo clericale è superato dall’imponenza di una Presenza. E questo dovrebbe diventare paradigma di tutta la vita. Il Santuario dell’Annunciazione si mostra agli occhi stupiti al termine del dedalo di stradine del suk: si apre una prospettiva nuova, il grande blocco di pietre chiare dell’architetto Giovanni Muzio sembra irradiare una luminosità opalescente, tra palme verdi e gigantesche rose di Natale. Con l’aiuto di Salim si cerca di decifrare la complessa struttura dell’edificio, nel quale bronzi, scritte, grandi pannelli colorati provenienti da tutti i santuari mariani del mondo vogliono celebrare il “Sì” di Maria, , quel “Sì” “piccolo come un soffio, come un niente. Su questa ragazza, che viveva in un paesino assolutamente ignoto del mondo, su questo soffio di “sì”, su quel punto invisibile, Dio ha costruito il senso della Sua storia” (L. Giussani, “Sulle tracce di Cristo”, a cura di L. Amicone, Rizzoli 1994). Dopo la visita alla casa di Giuseppe, gli scavi ci mostrano, oltre a splendidi capitelli crociati, l’impressionante testimonianza del “XE MARYA”, Chàire Maria, Ave Maria, un graffito antichissimo della primitiva comunità cristiana.
La musica affascinante di una lauda filippina cantata dal Coro: “Angel dal Ciel disceso”, ci introduce alla Santa Messa che don Franco celebra proprio di fronte alla grotta dell’Annunciazione, dove una frase dice: “Verbum caro hic factum est”: Qui il Verbo si è fatto carne.
“Angel dal ciel disceso
in bel sembiante umano,
scopre a Donzella umil,
scopre a Donzella umil
come si incarne
il Re del Ciel Sovrano,
per ristorare il mondo,
per ristorare il mondo
e per salvarne.
Ave, di grazia piena,
teco è il Signor potente;
come clemente sei,
come clemente sei
Tu dolce e pia,
e del Suo amore ardente,
o benedetta Vergin
o benedetta Vergine Maria!
Ave, beata e santa,
di Dio gran Genitrice,
porta felice a noi,
porta felice a noi
del Paradiso,
ove il Suo amor n'allice;
fa’ che godiamo in Cielo
fa’ che godiamo in Ciel
del Tuo bel viso”.
(G. Ancina, dal “Tempio Armonico della Beatissima Vergine”, 1599)
Don Franco ci parla dell’umiltà di Maria, di questa attesa senza misure proprie, che affida a Dio il compimento che sorpassa sempre ogni misura e desiderio. Mentre ci accostiamo all’Eucaristia, nasce dal cuore un grido: “Maria, genera Cristo in noi! E insegnaci la povertà dello spirito!”
Usciamo lentamente dalla Basilica; una voce femminile intona l’”Ave Maria” davanti alla grotta. E’ ormai buio, nella serata pungente si accendono dappertutto le luci natalizie. Ai piedi della collina del Santuario, due grandi striscioni islamici sembrano voler obiettare all’Incarnazione una frase del Corano: “Allah non genera e non è generato”. Qui doveva sorgere una gigantesca moschea, con quattro minareti più alti della Basilica sovrastante, ma il progetto è stato fermato dallo stesso sindaco di Nazareth; ora questo spazio è occupato da un giardino di ulivi.