Pio Pellicano, Cristo del Cenacolo

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Saliamo di nuovo sul pullman per dirigerci alla Porta di Sion. Sion, parola incantata della tradizione ebraica: usata per definire la stessa Gerusalemme. Contempliamo le mura butterate dai colpi dei proiettili della guerra dei Sei Giorni (giugno 1967), quando i Giordani occuparono la Città vecchia e Moshe Dayan decise di prenderla con le armi. Attorno a Sion si svolse gran parte del Giovedì Santo, e altissima è la densità di Luoghi Santi che si concentrano in poche centinaia di metri. Salim ci spiega che il sito più importante e famoso, il Cenacolo, ebbe a subire una serie di vicissitudini ed ancora oggi è soggetto a vincoli che lo rendono inagibile per le preghiere pubbliche dei cristiani, gestito come è dagli Ebrei e un tempo parzialmente trasformato in moschea. Per una strada stretta, che offre scorci mirabili ad ogni svolta, ci dirigiamo al Santuario della “Dormitio Virginis”, cioè al luogo della dormizione, della “morte speciale” di Colei che avendo generato Gesù non poteva corrompersi, e quindi fu assunta in cielo col suo stesso corpo. E’ sicuramente un luogo legato al Cenacolo, perché della Madonna e degli Apostoli si dice che stavano riuniti assieme là dove Gesù aveva istituito l’Eucarestia. Tra di noi sorge una discussione: Maria e Lorenzo, freschi reduci da un viaggio in Turchia, riportano la tradizione che vuole la Madonna abitante ad Efeso e da lì passata al Cielo. Salim conferma, dicendo che diverse tradizioni apocrife coesistono su questa vicenda. La Chiesa della “Dormitio” è moderna, e visibilissima da lontano per la sua originale struttura, che la rende simile ad una navetta spaziale. Nella navata superiore un immenso mosaico raffigura Maria con in braccio Gesù Bambino “luce del mondo”; mentre nella cripta una statua lignea piuttosto cupa e severa ricorda Maria sul letto di morte. Su di Lei un tempietto con mosaici raffiguranti le grandi donne della Bibbia; con stupore riconosciamo Miriam sorella di Mosè e la regina Ester (sono i nomi delle nostre due figlie!). Sostiamo a lungo in preghiera, poi risaliamo, per scoprire tra i souvenir dello shopping l’autentica “Rosa di Gerico”, un arbusto capace di restare senza acqua per tempo indefinito, e di riprendere poi vita, una volta a contatto con liquidi.
E’ tempo di dirigerci per una stretta scala al Cenacolo: saliamo sull'angusto spazio superiore, mentre Salim ci commenta l’andirivieni di conquiste, acquisizioni e perdite di questo preziosissimo luogo, dove oltre all’Ultima Cena è avvenuta la discesa dello Spirito Santo sulla primitiva Chiesa apostolica. Un elegante capitello raffigurante il Pio Pellicano che nutre i figli col proprio sangue ci richiama al senso dell’Eucarestia, mentre un albero a tre rami, collocato qui per la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 2000, ricorda l’unità delle tre religioni nate da Abramo, e qui in qualche modo conviventi. Per gli Ebrei l’interesse più grande di questo luogo (una grande statua ce l’aveva già preannunciato) è la Tomba del re Davide, adiacente al Cenacolo: un sito piuttosto malmesso, con tralicci, ponteggi e alquanto disordine. Entriamo nella Tomba dove ci accoglie una voce salmodiante; i maschi sono tenuti a indossare la papalina ebraica o kippah (di carta) fornita all’ingresso, mentre le donne non sono ammesse. Un brevissimo tragitto in pullman ci porta poi a San Pietro in Gallicantu, mentre scende la sera e Gerusalemme si accende di luci come un presepe. Il belvedere della terrazza vicina è da brividi: si può ripercorrere tutta la Passione di Cristo, dal Cenacolo lì sopra al Gethsemani giù nella valle del Cedron, dalla Casa di Caifa (il luogo dove ci troviamo) alla scalinata romana, al Calvario. Come una ferita sulla destra si snoda il “muro”: al di là, l’inaccessibile Betania. Saliamo alla chiesa del tradimento di Pietro, richiamo ai nostri tradimenti e all’amore misericordioso di Gesù che ci riprende.