Natale: i mille volti del Presepe
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

In una società che sta perdendo il gusto della lettura (e che pur autodefinendosi "società delle immagini" si trova - di fatto - nell'incapacità di leggerle) andrebbe rivalutata la funzione educativa dell'arte. L'arte, specie l'arte sacra, è immagine che rimane e racconta, non fugge dissolvendosi in altre successive e conseguenti, come accade nella cinematografia.
Il Natale è uno dei Misteri più indagati, più rappresentati dall'arte sacra: quante Natività rese immortali dalla fede e dalla bravura di artisti di ogni tempo e latitudine!
Una di queste, la Natività di Georges de La Tour, ci pare suggestiva. Due donne, sedute nella penombra, riempiono per intero lo spazio scenico. Di fronte all'osservatore, in abito rosso e curato nei particolari, sta la Madre: tiene in grembo il Bimbo, lo custodisce e, insieme, lo ostende.
Accanto a lei, sulla sinistra, di profilo, una seconda donna regge una candela con un gioco di mani garbato ed elegante. La mano destra protegge la fiamma, cosicché il bagliore del lume non disturba lo sguardo dell'osservatore che si dirige invece, attratto irresistibilmente, verso il volto del Bimbo, luminosissimo nelle bianche fasce che lo avvolgono.
L'unica fonte luminosa del dipinto è la candela, ma l'intensità della luce del neonato è tale, da essere Egli stesso sorgente di luce per le donne che lo circondano.
Non v'è, nel dipinto, alcun richiamo religioso: il misticismo è tutto nella luce, nell'espressione dolce e assorta della Vergine e nella pace infinita che promana dal Bambino dormiente.
L'opera ci pare suggestiva perché rievoca l'esperienza dei Magi i quali, giunti alla casa, videro il Bambino e sua Madre. Null'altro. Al termine della loro ricerca, del loro faticoso viaggiare non approdarono a null'altro che a questo: una casa, un Bambino e la Madre.
La ricerca del divino, attraverso i sentieri della verità e della preghiera, approda cioè all'umile e semplice adorazione, approda allo stupore di contemplare Dio nelle umili spoglie del quotidiano.
Il Natale conduce a riflettere sull'oscurità della fede. Quella candela che nel dipinto di La Tour illumina il Mistero, è la nostra fede. La sua ardente povertà sfida l'oscurità e conduce la ragione alla Vera Luce che illumina ogni uomo; è una fede che non avvilisce, ma sostiene la ragionevolezza impedendole di cadere nel materialismo e nella superficialità.
Il divino Infante di de La Tour ha il corpo completamente avvolto nelle fasce, dalle quali emerge solo il volto, visibile e luminoso. Quel volto è il già di Cristo; in quel volto la Chiesa contempla la sua santità già perfetta e sicura, contro l'arrossato panorama della storia. La chiamata universale alla santità è inscritta in questo volto. Eppure noi Chiesa, noi umanità chiamata ad essere Chiesa, viviamo qui, avvolti nelle fasce del non ancora. È duro accettare questo limite, accettare le proprie e le altrui imperfezioni eppure è il cuore del Vangelo. Cristo è venuto in una carne di peccato, come la nostra, e ci ha detto chiaramente che il buon grano crescerà accanto alla zizzania fino alla fine. Crescerà in un campo che non è semplicemente il mondo, fatto di buoni e di cattivi, di giusti e di ingiusti, di santi e di peccatori, ma è il cuore umano. Ciascun uomo è giusto e ingiusto, buono e cattivo, santo e peccatore. Ma in questa sofferenza quotidiana sperimentata e accolta, in questa sofferenza visitata dalla fede, sostenuta dal già del volto luminoso del Signore Gesù si forgia il nostro abito di Luce.
Consolamini, consolamini, popule meus; cito véniet salus tua. Quare moerore consúmeris, quia innovavit te dolor? canta il celebre "Rorate coeli desuper", canto gregoriano d'avvento: Consólati, consólati, o popolo mio: presto verrà la tua salvezza. Perché ti consumi nella mestizia, mentre il dolore ti ha rinnovato?
Il dolore rinnova, questa è la grande, buona notizia del Natale.