2 maggio - PAULO FREIRE: pedagogia degli oppressi.
Pedagogista brasiliano e importante teorico dell'educazione, Paulo Freire (Recife, 19 settembre 1921 – São Paulo, 2 maggio 1997) è oggi ricordato in modo particolare per aver introdotto il concetto di "posizione del problema" all'interno del processo/progetto educativo e per aver contribuito a una filosofia dell'educazione proveniente non solo dal più classico approccio riferito a Platone, ma anche da quello dei pensatori moderni anticolonialisti.Di fatto, in diversi modi la sua "pedagogia degli oppressi" può essere meglio letta come un'estensione o una risposta a "I dannati della Terra" di Frantz Fanon, che poneva una forte enfasi sulla necessità di fornire ai popoli nativi un'educazione che fosse al tempo stesso nuova, moderna e anticoloniale (cioè, che non fosse semplicemente un'estensione della cultura del colonizzatore).
Freire è meglio conosciuto per il suo attacco a quello che chiama il concetto "bancario" dell'educazione, in cui lo studente era visto come un conto vuoto che dev'essere riempito dal docente (educazione depositaria).
Certo, questa non è solo una nuova concezione del bambino come uno che apprende attivamente, (che fu già un passo oltre la tabula rasa dell'educazione depositaria) ma anche una critica forte sulla trasmissione di meri "fatti" come fine dell'educazione. Il lavoro di Freire è uno dei fondamenti della pedagogia critica.
Ben più provocatoria, tuttavia, è la dura avversione di Freire alla dicotomia docente-studente. Questa divisione è ammessa in Rousseau e forzata in Dewey, ma Freire arriva a insistere che verrà completamente abolita.
Diventa difficile immaginare questo in termini assoluti, ma ciò che Freire suggerisce è una profonda reciprocità che va inserita nella nostra idea di docente e studente. Freire cerca di pensarli in termini di docente-studente e studente-docente, cioè anche un insegnante che impara e uno studente che insegna, come ruoli basilari della partecipazione della classe.
Questo concetto viene ripreso anche nel suo ultimo scritto pubblicato in Italia, "Pedagogia dell'autonomia", dedicato alla tematica della formazione docente.
In esso Freire afferma con forza che "non c'è insegnamento senza apprendimento", evocando il suggestivo concetto di "do-discenza" (docenza/discenza).
Ciò in piena coerenza con il suo stile linguistico, tendente in molti casi a presentare due termini contraddittori per cercarne una conciliazione.
Questo è un tentativo di implementare qualcosa di simile alla democrazia come metodo educativo, e non meramente un obiettivo dell'educazione.
Il dialogo, come capacità di coniugare creativamente molteplicità e unità nella prospettiva della pace autentica e del rispetto dell’umanità in ogni persona umana, è probabilmente l’istanza più attuale a livello universale.
Per il dialogo e con il dialogo Freire ha dato moltissimo, non soltanto al mondo pedagogico. Giustamente egli si è autodefito “un bambino connettivo” – coniugando in questa definizione la curiosità umile del bambino che sempre desidera imparare e la sapiente competenza di chi sa tessere la difficili relazioni tra le diversità culturali, per costruire l’umanità in ciascuno e tra tutti (Freire, 2002, p. 7) .
In un’intervista rilasciata pochi giorni prima di morire ad un giornalista israeliano, Paulo Freire ha formulato la seguente richiesta, del tutto pertinente e condivisibile:
“Voglio essere ricordato come una persona che ha amato la Terra, che ha amato la possibilità di fare di questa terra un’unica comunità” (Gadotti, Nanni e Colombo, 2003, p. 20).
Per approfondire vedi la bella relazione tenuta dal prof. Giuseppe Milan.