23 agosto - DON MINZONI (1923) e SACCO E VANZETTI (1927): martiri della libertà
Oggi ricordiamo in Italia nel 1923 il vigliacco assassinio da parte di squadristi fascisti di DON MINZONI e negli Stati Uniti (1927) l'assassinio legalizzato di SACCO E VANZETTI.Vedi qui.
Inviso al governo mussoliniano, don GIOVANNI MINZONI, già militante del Partito Popolare di Sturzo e grande educatore dei giovani di Argenta (più di 70 esploratori cattolici), la sera del 23 agosto 1923 venne ucciso a bastonate da due squadristi, facenti capo all'allora console di milizia Italo Balbo che, travolto dallo scandalo, dovette dimettersi.
Poco prima della morte scriveva:
«A cuore aperto, con la preghiera che mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo delle causa di Cristo»
Si era realizzata la preghiera fatta a Dio prima di partire per la guerra:
«Prego Iddio che mi faccia morire compiendo sino all'ultimo momento il mio dovere di sacerdote e italiano, felice di chiudere il mio breve periodo di vita in un sacrificio supremo».
Giovanni Paolo II ha scritto di lui:
«Don Minzoni morì "vittima scelta" di una violenza cieca e brutale, ma il senso radicale di quella immolazione supera di gran lunga la semplice volontà di opposizione ad un regime oppressivo, e si colloca sul piano della fede cristiana. Fu il suo fascino spirituale, esercitato sulla popolazione, sulle forze del lavoro ed in particolare sui giovani, a provocare l'aggressione, si volle stroncare soprattutto la sua azione educativa diretta a formare la gioventù per prepararla nel contempo ad una solida vita cristiana e ad un conseguente impiego per la trasformazione della società. Per questo gli Esploratori Cattolici sono a lui debitori.» (Papa Giovanni Paolo II, Lettera all'Arcivescovo di Ravenna in occasione del 60° della morte di don Minzoni)
Quattro anni dopo (1927) due italiani emigrati in America FERDINANDO NICOLA SACCO E BARTOLOMEO VANZETTI furono "giustiziati" sulla sedia elettrica nel penitenziario di Charlestown, per avere sparato ad un contabile e ad una guardia giurata durante una rapina avvenuta qualche settimana prima del loro arresto.
Vedi qui.
L'accusa iniziale per l'arresto era stata quella di portare appresso volantini anarchici e armi prima che si tenesse il comizio, da loro organizzato, per far luce sull'assassinio di un loro amico, Andrea Salsedo, buttato giù nel 1920 dal quattordicesimo piano di un edificio appartenente al Ministero di Giustizia a New York.
Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all'epoca del loro processo; a nulla valse la confessione del detenuto portoghese Celestino Madeiros, che scagionava i due. Anche il governo italiano di Mussolini fece intervenire l'ambasciatore a difesa dei due.
Solo dopo cinquant'anni, nel 1977, Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e RIABILITÒ COMPLETAMENTE LA MEMORIA DI SACCO E VANZETTI.
Sacco e Vanzetti si ritenevano a ragione vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l'ultima volta al giudice Thayer:
«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra - io non augurerei a nessuna di queste - ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui io non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui io sono colpevole. Io sto soffrendo perché io sono un radicale, e davvero io sono un radicale; io ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano [...] » (dal discorso di Vanzetti del 19 aprile 1927, a Dedham, Massachusetts)