Prete Liprando 2 - “Deus, salvum me fac”
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“è in mezzo, è tutto sudato,
ma non è bruciato. Dio l’ha salvato”
Dice: Vieni e vedi. E sia. Transit, come dicono quelli che non sanno il latino. Ma, pensarci bene, non è che ci portano a vedere una bufala con tutte ‘ste menate di ordalìe del fuoco, di poveri preti Liprandi vincitori e di tronfi arcivescovi simoniaci sputtanatissimi, sotto lo sguardo avido di tutto il popolo pio di Milano e limitrofi, e sotto lo sguardo impedito del ciòlla (pron. ciùla, ma si scrive ciòlla) venuto da Como per niente? Non sarà una foata da Mistero Buffo, una fiction di sinistra rivoluzionaria mentre stava arrivando in porto, 1965, il Concilio con le sue folate di rinnovamento? Il futuro Nobel infatti è coautore.
Ebbene no. Non di bufala trattasi, ma di storia vera. Raccontata con licenza poetica in qualche dettaglio, questo sì, ma proprio vera. Sicché il popolo (pio) è andato a vedere un fatto, non ad assistere ad una fiction. Meno male.
FATTO NON FICTION - Accadde il 25 marzo 1103, mercoledì della Settimana Santa, sul prato di fronte a Sant’Ambrogio. Anche i contendenti sono proprio esistiti: Liprando prete titolare della Chiesa di San Paolo in Compito a Porta Orientale (demolita nel 1812) e leader del movimento pauperista e riformatore della Patarìa; e Grossolano (o Agiosolano), arcivescovo di Milano, la cui elezione venne a ragione o a torto accompagnata da voci di “quaedam turpia”, cioè di robe brutte tipo aver comprato i voti (sei ladro e simoniaco) e non disdegnare la gnocca.
Il tutto è raccontato dal medievale contemporaneo di Liprando, Landolfo Juniore, che Jannacci cita nella’introduzione parlata alla canzone), nella sua Historia Mediolanensis ab anno MXCV usque ad annum MCXXXVII, e confermato secoli dopo dall’illuminista Pietro Verri nella sua Storia di Milano.
STRASCIÒNI E PATERNOSTER - Proprio secondo il Verri Patarini vuol dire strasciòni, straccioni, da pàta, straccio (da cui viene anche patèll, pannolino), o patée (straccerìa) e infatti erano pauperisti; secondo altri Patarini deriverebbe da Pater, per i tanti paternoster che dicevano, cioè, o comunque per il tanto pregare che facevano anche con altre formule. Infatti in milanese patèr vuol dire, per antonomasia, anche preghiere in genere e non solo quella che Gesù ci ha insegnato.
SESSO SOLDI E IMPERATOR - Comunque sia i Patarini vedevano come il fumo negli occhi gli esponenti dell’alto clero aristocratico del secolo XI, venduti all’imperatore quel porco, perché da lui nominati e non obbedienti al Papa (è in corso la cosiddetta lotta per le investiture e i Patarini sono con i Pontefici, uno su tutti: Gregorio VII); simoniaci (perché compravendono per soldi cariche ecclesiastiche e benefici spirituali) e financo nicolaìti (perché va bene tutto ma al sesso e al concubinato non rinunciano per niente al mondo men che meno per il sacramento dell’Ordine). (vedi Morale 1)
NASO E ORECCHIE: ZAC - Liprando, discepolo dei primi patari Arialdo e Erlembaldo Cotta, entrambi santi di Santa romana chiesa, all’epoca dell’ordalìa, è anziano e popolarissimo (ben visto dai poveri Cristi) ed egli stesso quasi martire dal momento che “abscisso naso et auribus pro Christi nomine, laudabilior es”, dal momento cioè che a causa di Cristo, come si legge in questa bolla pontificia, ci aveva rimesso naso e orecchie, tagliati senza tanti complimenti, trent’anni prima, dai sicari di un precedente arcivescovo anche lui ladro e simoniaco e venduto all’imperatore quel porco. Non saprei se l’uso di sicari sia ecclesially correct, non credo; sta di fatto che all’epoca Veltroni non era ancora nato e non si andava troppo per il sottile (vedi sempre Morale 1). Nella canzone è Agiosolano a esigere il giudizio di Dio e a pagare le fascine. Nella realtà fu Liprando a volerlo come prova certa e definitiva su chi dicesse la verità: se Liprando stesso che accusava l’alto prelato di simonia e concubinato o se Agiosolano che aveva convocato un sinodo per giurare il contrario.
IN NOMINE TUO SALVUM ME FAC - La preparazione al rito cominciò durante la Quaresima. La prima data scelta per la prova fu rinviata perché la legna, acquistata a spese dello stesso Liprando, fu rubata da un gruppo di agitatori che appoggiavano la causa di Agiosolano. Dopo aver ricomprato la legna, Liprando si sottopose ad un lungo digiuno. E così arriviamo a quel 25 marzo, con Liprando in piedi, davanti a due cataste di legno di quercia alte due metri e larghe altrettanto, lunghe quasi dieci metri e distanti fra loro di poco un braccio e mezzo. Nello stretto corridoio fra le due pire fiammeggianti, che Liprando dovrà attraversare a piedi spogliati, sono stati gettati dei carboni ardenti. Liprando indossa cilicio, camice e pianeta; si inginocchia e poi si fa il segno della croce. Si rialza e imbocca il corridoio fra le due cataste ardenti ripetendo “Deus in nomine tuo salvum me fac” fino a sbucare indenne, alla terza invocazione, dall’altra parte: è tutto sudato ma non è bruciato… Dio l’ha salvato (vedi Morale 2).
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MORALE 1 – Uno spettacolo vietato ai minori di 18, non c’è che dire, quello dell’alto clero nella Chiesa di mille anni fa. Chi oggi si scandalizza degli spettacoli attuali, che pure non sono edificanti… beh, ha lo stomaco assai debole. Ma soprattutto ha poca fede nello Spirito Santo che alla fine della fiera la Chiesa la guida lui con genio abilità e invenzione che neanche McEnroe nella finale di Coppa Davis. Tant’è che Cristo è incontrabile ora vivo e vegeto, e non chissà dove, ma nella sua Chiesa, che è sempre quella di 1000 e 2000 anni fa, mica un’altra.
MORALE 2 - Vi capitasse comunque di dover affrontare un’ordalìa (non si può mai sapere. Per esempio potrebbe essere l’ultima via d’uscita se vi accusassero di omofobia perché vi è scappato da ridere mentre comprate dei finocchi), vi converrà seguire accuratamente il metodo Liprando: digiuno, preghiera, segno di croce e riconoscimento che ti salva la potenza di Dio, se la domandi con il cuore urgente; non ti salva la tua buona stella, né i tuoi sistemi antincendio per quanto perfettamente a norma della vigente legge 626 per la sicurezza certificati Iso 9000.
(2-segue)
Illustrazioni di Chiara Ciceri