"Kyrie" (dalla "Missa in angustiis") - Franz Joseph Haydn
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Che cosa significa “Kyrie eleison”? Vuol dire “Signore, abbi pietà! Signore pietà!” Così l’Ordinarium Missae. Nella storia della musica le Messe cantate iniziano sempre con un Kyrie. Il problema dei compositori è: come rendere la richiesta di pietà a Dio? A mio parere i Kyrie meglio riusciti sono quelli in tonalità minore, in cui si riverbera maggiormente il dolore per la nostra umana incapacità, per il male che facciamo, la vibrante richiesta di pietà a Dio. È questo il caso, per esempio, della Grande Messa in do minore di Mozart e della Missa in Angustiis (altrimenti detta Nelsonmesse) di Haydn. Mentre nel Kyrie della prima, tuttavia, vi è l’umanità intera che piangente crolla in ginocchio a supplicare Dio, nella seconda, che qui presento, è un grido.
Il Kyrie di Haydn è un grido potente, è un vero e proprio slancio verso Dio, con un afflato quasi beethoveniano. Niente di più straordinario per dipingere la Fede nelle difficoltà, come dice il nome stesso di questa Messa. Ascoltate l'incipit. Il tema è imperioso, l’orchestra lo accenna accorata e sicura, quasi entrasse in battaglia, e su un momentaneo quietarsi, il coro entra vigorosamente proprio chiamando Dio, imperiosamente, quasi gridando, come dicesse “Ascolta, ascolta, Signore, Signore, mi stai ascoltando? Ti prego, ascoltami!” Dal minuto 1.07 al minuto 1.34 il Christe eleison, l’unico squarcio in maggiore qui presente. A Cristo (come nella “Messa in do minore” di Mozart) il soprano si può rivolgere dolcemente, con speranza quasi quieta. Ma l’angoscia, il grido a Dio perché risponda, riprende subito, la musica si fa sempre più incalzante, la polifonia si complica. Qui non c’è l’umanità intera che chiede perdono, c’è il singolo uomo che si slancia verso Dio, verso un Dio che sembrerebbe non rispondere, in mezzo alla difficoltà e al dolore, ma verso cui non ci si stanca di rivolgersi in tutti i modi: le singole voci si sovrappongono, la melodia passa da una sezione all’altra del coro, si quieta anche (2.14), perché così avviene nella vita, il grido si accompagna alla quiete, ma la domanda riprende con più vigore (2.18), e più saldamente ancorata alle voci dei bassi. Fino al culmine: le voci si addensano sempre più (2.28) -“Rispondi, rispondi, abbi pietà, abbi pietà!”- e tutto sfocia nello slancio supremo al minuto 2.43: mentre il coro ribadisce la melodia principale, che è di drammatica forza e solidità, il soprano si stacca (2.45), lanciandosi in una serie di impressionanti scale ascendenti, come scagliato nelle altezze dalle fondamenta del coro sotto di sé... è come se il coro le dicesse: "Prova ad andare tu che puoi!" Ed ella si slancia, in maniera libera e commovente... sospesa nel suo volo sui possenti accordi che il coro intona, accorato ma saldo, sotto di lei, a guisa di fondamenta. Per Haydn è questa la Fede, che dona la certezza in Angustiis!