Tributi ebraici di gratitudine a Pio XII
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Raffaele Cantoni, presidente della Giunta dell'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane dichiarò: (Indipendente, 2 marzo 1946): "La gratitudine imperitura degli ebrei per quanti si sono adoperati in favore della Comunità israelitica è stata solennemente dichiarata dal Congresso. In primo luogo nei riguardi di Pio XII per le prove di umana fratellanza fornite dalla Chiesa cattolica durante gli anni della persecuzione e poi in ricordo dei sacerdoti che patirono il carcere nei campi di concentramento e immolarono la loro vita per assistere in ogni modo gli ebrei". Allo stesso modo, dopo la liberazione, dichiarò nella Sinagoga di Roma: "Se non fosse stato per il soccorso veramente reale e sostanziale dato a essi dal Vaticano e dalle Autorità ecclesiastiche, centinaia di rifugiati ebrei sarebbero indubbiamente periti molto prima che Roma fosse liberata".
Anche il rabbino di Romania ringrazia il nunzio di Bucarest, monsignore Cassulo, con queste parole: "La vostra mediazione ci salvò dal disastro nei giorni in cui la deportazione degli ebrei rumeni era cosa decisa".
Il direttore dello Jewish Chronicle aggiunge: "Nessun ebreo potrà misconoscere quanto Pio XII ha effettivamente compiuto in loro favore".
Del resto molteplici sono le testimonianze di ebrei, dimoranti a Roma nell'ottobre del '43, al tempo delle razzie, a favore di questo atteggiamento del Papa. Tra questi i coniugi berlinesi Wolfsson, ebrei riparati a Roma dopo prigioni e campi di concentramento, mentre attendevano che il Papa che li aveva ricevuti personalmente, si interessasse per farli emigrare in Spagna: "Nessuno di noi ha desiderato che il Papa parlasse apertamente. Eravamo tutti dei fuggitivi, e chi fugge non desidera essere mostrato a dito. La Gestapo sarebbe stata ancor più sollecita e avrebbe intensificato le sue inquisizioni. Se il Papa avesse protestato tutta l'attenzione si sarebbe rivolta su Roma. È stato meglio che il Papa avesse taciuto. Tutti noi allora pensavamo così, e ancor oggi conserviamo la stessa convinzione" [Katholische Korrespondenz, marzo 1963].