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Son finite le vacanze

Autore:
Bruschi, Franco
Fonte:
CulturaCattolica.it
L'avventura della conoscenza infinita: la strada dalla disumanità all'umanità non è quella della bravura ma quella della conoscenza.

Le tanto attese vacanze natalizie sono finite, come si sa "L'Epifania tutte le feste porta via". Sono stati giorni diversi dalla normale routine: incontri, regali, pranzi e cene succulenti, per qualcuno la montagna, lo sci... poi soprattutto il tanto atteso ultimo dell'anno, il cenone, lo sparo dei fuochi e dei petardi a mezzanotte, lo scambio di auguri: "Buon anno, buon 2010!". Nel cuore il desiderio di novità, il desiderio che il nuovo anno portasse finalmente qualcosa di nuovo: una vita diversa, dei rapporti diversi, nuovi incontri, le persone che cambiano, i sogni che si avverano, la fine dell'inquietudine, della tristezza, della fatica... Ma sono bastati pochi giorni dalla fatidica notte di San Silvestro per constatare che tutto è come prima, che non è cambiato nulla di sostanziale... e per i prof e gli studenti si annuncia l'imminente ritorno a scuola, la solita, noiosa routine.
Ci vuol poco a capire che la novità non può consistere semplicemente in qualcosa di diverso da prima, in circostanze diverse dal solito.
In proposito mi sono venute in mente una seria di osservazioni dell'amico don Agostino Tisselli che riporto liberamente e commento: "Se la vita non si capisce, oggi sarà uguale a ieri e domani sarà lo stesso: non c'è cambiamento, non c'è conversione, non c'è novità". Capire, conoscere è una insistenza perenne della nostra intelligenza e del nostro cuore: sta in questo la possibilità della novità. Un salmo dice che gli uomini sono "di dura cervice": "Anche noi siamo di dura cervice, cioè non amiamo la nostra ragione quando non accettiamo le occasioni, gli strumenti per conoscere: maestri, testimoni, compagni di viaggio. Allora snaturiamo la nostra ragione fino a non riconoscerla più come desiderio e sete infiniti di conoscenza, di stupore, di familiarità col Mistero.
Si può fare maldestramente "i furbi" con se stessi, si può "far finta" di non capire partendo dal pregiudizio (così diffuso oggi) che la "questione umana", quella della vera felicità è troppo difficile, troppo astratta, roba per filosofi e per persone particolarmente sensibili
", meglio le cose pratiche, materiali, l'attivismo o il dolce far niente.
"Ci si può rifiutare di capire, di conoscere, di domandare affermando categoricamente che a noi di noi stessi non ce ne deve "fregare" niente, proprio niente, in fondo se la vita è una questione che "dà problemi", ci conviene metterla a tacere, non pensarci.
Si può davvero rifiutare un sistematico lavoro per la conoscenza e la comprensione della vita e consegnarsi al "caso" così ben teorizzato, difeso e pubblicizzato dalla mentalità dominante, dai cosiddetti "saggi" della illusoria autosufficienza dell'uomo e della vita che, avendo eliminato Dio, il Mistero, propongono dimenticanza e "antidolorifici" - culto del benessere, sballo, alcool, droga - come strada e metodo al "campare senza problemi
".
Quanto è umana invece quell'inquietudine che ti trovi dentro, quello "spron che punge", direbbe Leopardi, che mette in moto dentro di te la voglia di conoscere sempre più, di amare sempre più. Quanto sono umane quelle domande sempre più grandi e misteriose che costituiscono il fondo della tua esperienza umana, il fondo del tuo cuore, "che aprono al rapporto col Mistero fatto carne, visibile, volto" che ci è venuto incontro anche in questo Natale, volto che si manifesta alla domanda stupita, alla ricerca indomabile dei Magi, che è la nostra domanda, la nostra ricerca.
Allora la novità è come il bimbo per la sua mamma: giorno dopo giorno per lei che lo osserva i cambiamenti, le novità sono impercettibili. E' il suo sguardo che rende quel bimbo sempre nuovo, è il suo desiderio di conoscere sempre più a fondo il mistero che si nasconde dietro quegli occhi, quel viso, quel sorriso; di amare sempre più attraverso quel tenero volto il Mistero che l'ha fatto e continuamente lo fa, quel Mistero che non ha disdegnato di farsi bambino come il suo piccolo figlio. Questo sguardo non stanca mai, non annoia mai! Come ci ricorda C. Rebora nella poesia "Il Pioppo": "Vibra nel vento con tutte le sue foglie/il pioppo severo/spasima l'anima in tutte le sue doglie/nell'ansia del pensiero:/dal tronco in rami per fronde si esprime/ tutte al ciel tese con raccolte cime:/fermo rimane il tronco del mistero/ e il tronco si inabissa ov'è più vero". La vita dell'uomo è un cammino verso il mistero, un lasciare per arrivare, è una alternativa affascinante al deludente scetticismo e nichilismo odierni.
Se la nostra posizione è questa, allora tornare a scuola non è triste perché significa continuare con compagni di viaggio che hanno lo stesso desiderio
l'unica, affascinante avventura della vita, l'avventura della conoscenza, sapendo che il gusto della vita è donato solo agli avventurieri. Buona avventura amici!

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