Condividi:

Per una didattica breve

Autore:
Mocchetti, Giovanni
Fonte:
CulturaCattolica.it
“Breve” non coincide con: ridotta, banalizzata, minima, approssimativa. Ciò che occorre è una metodologia didattica realisticamente adeguata al tipo umano dell’alunno che si ha di fronte, quindi alla sua persona.

1. La didattica è una delle modalità con cui il ragazzo viene introdotto alla totalità del reale. Scopo: un apprendimento fondato sul realismo, un apprendimento teso a soddisfare il suo bisogno di conoscenza e ad offrire strumenti necessari per un approccio da protagonista dentro la realtà. La didattica non è un addestramento delle abilità dell’alunno perché possa inoltrarsi scaltramente nel quotidiano, ma è una possibilità di incontro tra l’io del docente e il tu del ragazzo, é un modo di sollecitare la comunicazione di sé, inerente alla progettualità educativa che ci sta a cuore: una conoscenza affettiva. Infatti, le discipline e i loro contenuti sono da intendere come occasione per fare esperienza di condivisione di rapporti e per cercare insieme (docente/alunno) una risposta alle “esigenze elementari” costitutive della persona: la bellezza, il vero, il giusto, il bene. La didattica, qualunque sia la materia insegnata, rimanda sempre alla concezione di uomo, di popolo, di cultura ereditati dalla tradizione cattolica, che noi vogliamo far diventare un vissuto presente nel contesto della lezione, “consegnando” quelle ipotesi di valore esplicative della realtà sopra indicate.

2. “Breve” non coincide con: ridotta, banalizzata, minima, approssimativa. Ciò che occorre è una metodologia didattica realisticamente adeguata al tipo umano dell’alunno che si ha di fronte, quindi alla sua persona. Adeguata:
-alla sua capacità di tenuta nell’attenzione verso il docente,
-ai tempi e agli spazi richiesti al ragazzo per l’apprendimento,
-agli strumenti che vengono usati, al metodo che viene indicato per raggiungere gli obiettivi posti dal contenuto della disciplina,
-anche al dato evolutivo psicologico di cui il ragazzo soffre nella ricerca della sua identità, nella maggiore o minore stima che ha di sé.
Insomma, una didattica:
agile, semplificata nel linguaggio,
accessibile nei suoi contenuti,
capace di usare molteplici strumenti,
sempre attenta alle sollecitazioni della realtà,
aperta ai contributi delle altre e diverse discipline,
coraggiosa nell’eliminare ciò che non è essenziale alla crescita intellettiva – affettiva dell’alunno,
disponibile al cambiamento,
tenace nel conservare certe ipotesi di valore ineludibili per introdurre il ragazzo alla totalità del reale.

3.Abilità e contenuti

ABILITA’

Leggere: è un incontro tra qualcuno che desidera dire qualcosa (una conoscenza, un’emozione, un’idea, un’esperienza) e la persona del ragazzo che, mosso da curiosità, cerca di sapere e capire quello che viene comunicato. Si tratta di leggere in modo attivo attraverso:
-comprensione precisa del significato delle parole, dei periodi, del contesto.
-divisione in sequenze e stesura di schemi di sintesi.
-comprensione del “centro” e del “cuore” del brano o del testo.
-rilevazione puntuale del messaggio dell’autore e del suo atteggiamento interiore.
-esame del tipo di linguaggio usato e della sua efficacia.
-giudizio personale, commento, paragone con sé, ampliamento creativo, collegamento con altri linguaggi.
Scrivere: è tradurre su un foglio (nel senso di trasportare) l’essenza di una riflessione, di un’emozione, di ciò che l’alunno ha conquistato tramite lo “studium”. Si tratta di strutturare esperienze e riflessioni in modo corretto, stendere sintesi, relazioni, schemi, raccolte di dati, prendere appunti, fare commenti in modo progressivamente sempre più chiaro, ricco, pertinente.
Ascoltare: la differenza tra “sentire” e “ascoltare” sta nella posizione umana della persona. Il “sentire” investe solo l’organo dell’udito; l’ “ascoltare” implica intelligenza, cuore, corpo tutti protesi verso ciò che l’altro comunica. Ascoltare come attenzione all’insegnante e ai compagni, a tutti coloro che comunicano esperienze importanti. Le tappe dello sviluppo della capacità d’ascolto sono: intensità di attenzione, fare silenzio, comprensione, capacità di cogliere il “nocciolo” dei contenuti, elaborazione personale e collegamenti.
Parlare: in un mestiere affidato specialmente alle parole, è fondamentale che questa parola non sia una chiacchiera vuota e noiosa. Si tratta quindi di farla diventare “verbum”, cioè strumento di una comunicazione di sé; qualunque sia la materia che si insegna, la parola diventa “verbum” se c’è desiderio, passione, se la persona del docente è coinvolta in quello che dice.
Agire: creare le condizioni perché la parola diventi gesto, esperienza, azione in cui il protagonista sia il ragazzo. Il suo io entra in azione in diversi modi:
-con la domanda che esprime bisogno di comprendere il contenuto.
-con la riflessione verbalizzata di un’esperienza.
-con l’opera che mette in pratica il contenuto proposto e assimilato.
-con un gesto, libero dall’esito didattico, che esprime una “affectio” spalancata sui bisogni del mondo.

Vai a "Attività didattiche in classe"