Realismo pedagogico: l’alunno, un dato in attesa - 1
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1. Caratteristiche del preadolescente del Duemila
"Il metodo è indotto dall'oggetto" (realismo). In questi ultimi anni "l'oggetto", cioè il ragazzo, appare sempre più fragile, infantile, facile alla distrazione, vittima di emozioni forti indotte dai mass-media, "posteggiato" sempre più dai genitori. Egli non rappresenta per gli adulti un'occasione quotidiana provvidenziale per la verità di sé, ma è un "problema" da risolvere.
E' un ragazzino a cui i genitori chiedono una prestazione intellettuale (deve studiare), mentre noi puntiamo sul fatto che il suo venire a scuola incontri il più possibile i suoi desideri e le sue esigenze più vere. E' un ragazzino che ha una tale fragilità psicologica da non saper distinguere talvolta ciò che è importante da ciò che non lo è. Gli vengono proposti gesti e contenuti fondamentali per la sua crescita (ad esempio: i lavori sulla fiaba o quelli sull'accoglienza, i gesti e le letture sulla bellezza della natura o sull'amicizia intesa come condivisione e apertura all'altro) e lui non si accorge del loro valore.
Abbiamo di fronte un ragazzo che va ricondotto quotidianamente alla realtà, perché spesso la cultura che lo circonda lo invita ad evadere nel sogno. Questo ragazzo sente a poco a poco risvegliarsi in sé una libertà come energia tesa a rapportarsi al reale: il nostro compito è quello di aiutarlo a vivere la sua libertà per una sfida, per un compito ideale, così che non si mortifichi dentro una falsa libertà da legami, da responsabilità.
2. Il ragazzo, un dato in attesa
Essere realisti significa non dimenticare mai la concretezza esistenziale e intellettuale dell'"oggetto" che hai davanti: una persona con certe capacità, un carattere, una fisicità, dei desideri, degli aspetti di apatia, timidezza, istintività, narcisismo e dedizione, soprattutto un ragazzo con tre grandi veri bisogni:
- capire chi è;
- essere parte di qualcuno o di qualcosa,
- iniziare a dare uno scopo, un senso alla propria vita.
Essere realisti significa riconoscere che il ragazzo è un dato in attesa:
- un dato, cioè una presenza che non hai cercato e che ogni mattina ti trovi davanti così com'è, perché è;
- in attesa, cioè un "io" che aspetta di incontrare un "tu" che lo istruisca (lanci "segni" per risvegliare la sua intelligenza e il suo cuore) e lo educhi (lo introduca alla totalità del reale con delle ipotesi di valore).
Noi invece ci facciamo condizionare dal progetto, non siamo capaci di attendere che il suo "io" si sveli. Il progetto può assumere diverse facce ("ho preparato una splendida lezione e lui non corrisponde" - "devo assolutamente svolgere questa parte del programma" - "mi sono fidato di te e mi hai deluso" - ecc…). Il progetto diventa poi pretesa e così, per fare lezione, dobbiamo ricorrere all'imposizione di un ruolo inteso come funzione burocratica. Occorre invece l'autorevolezza che nasce come esito di un rapporto condiviso nel tempo.
L'alternativa al progetto, cioè la possibilità di riconoscere il ragazzo come un dato in attesa, consiste nel desiderio che accada al ragazzo ogni giorno ciò che ha reso felici noi adulti e che egli faccia esperienza, tramite il nostro insegnamento, del bello, buono, vero, giusto che abbiamo imparato dalla vita.
Si è realisti solo nella capacità di sguardo sui ragazzi così come sono, perché sono. E' il tipo di sguardo che vorremmo esistesse su di noi ogni giorno Se non si è capaci di tale sguardo, di tale desiderio, lo si impara seguendo chi li vive già. E' necessaria la pazienza che purifica un'immagine di sé dalla pretesa e dall'orgoglio, è necessario "il deserto".