Teatro a scuola: il "Miguel Manara" alle superiori - 1
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Che cosa può spingere 1400 persone in una serata feriale del maggio 2006 a riempire la sala di un teatro? Se poi pensiamo che si trattava in larga misura di un pubblico giovane, composto di studenti delle superiori, venuto per assistere alla messa in scena di un testo sconosciuto, difficile, come il "Miguel Manara" di O.Milosz, la sorpresa diventa ancora più grande.
Evidentemente il gruppo di studenti che l'ha preparato, ragazzi che non avevano mai recitato, erano così convinti della novità, della eccezionalità di quel testo da riuscire a coinvolgere centinaia di compagni e di amici.
Nei lunghi mesi di prove la convinzione era andata crescendo: ci si trovava di fronte a un testo che andava al fondo del cuore di ognuno, capace di leggere e interpretare quei desideri e quelle esigenze dell'uomo, oggi spesso censurate o negate.
A questo proposito viene in mente quel che scriveva qualche mese fa, Marco Lodoli, insegnante e giornalista di "Repubblica", a proposito di una discussione in classe con una sua alunna quindicenne.
La ragazza raccontava di volersi comperare un paio di mutande Dolce e Gabbana, da mostrare fuori dai pantaloni a vita bassa. Alle obiezioni del professore che le rimproverava di ripetere le scelte di tutti e di rinunciare alla propria personalità, la ragazza così rispondeva: " Professore, ma ha capito che oggi solo pochissimi possono permettersi di avere una personalità? I cantanti, i calciatori, le attrici, la gente che sta in televisione, loro esistono veramente e fanno quello che vogliono, ma tutti gli altri non sono niente e non saranno mai niente. Io l'ho capito fin da quando era piccola…Noi possiamo solo comprarci delle mutande uguali a quelle di tutti gli altri, non abbiamo nessuna speranza di distinguerci. Noi siamo la massa informe".
Di fronte a queste tristissime considerazioni, la deludente e irragionevole conclusione del professore: "Pochi individui hanno una storia, un destino, un volto, e sono gli ospiti televisivi: tutti gli altri, già a 15 anni, avranno solo mutande firmate da mostrare su e giù per la Tuscolana e un cuore pieno di desolazione e impotenza".
Con la proposta del "Miguel Manara" un gruppo di studenti ha voluto dire agli amici, ai compagni di classe, a tutta la città di possedere una storia, un volto, un destino e di avere un cuore pieno di grandi desideri e attese.
La storia di Miguel Manara è esemplare: è la storia di un uomo che ritrova il proprio vero io, il proprio vero volto umano.
Miguel Manara è il don Giovanni spagnolo, dal quale sono nati i molti don Giovanni di cui è ricca sia l'arte che la letteratura. Oltre ad essere ricco, è un uomo abile, intelligente, dotato di grandi doti immaginative, ma, quel che più conta, è il fatto che tutta la realtà deve essere al servizio del suo desiderio di piacere e della sua istintività. Tutti lo ammirano per le sue doti, in particolare per le sue avventure e le sue bravate con le donne, queste ultime sono talmente numerose che ormai se n'è perso il conto.
La scena si apre in un castello nella campagna di Siviglia, Miguel e gli amici si divertono dopo un allegro banchetto, allettati dalla presenza compiaciuta di alcune bellissime donne.
Al culmine dell'ammirazione i convitati gridano: "Gloria a Manara, gloria a Manara, nel più profondo degli inferni!"
A quel punto, inaspettata, inizia la strana confessione di Miguel che afferma che il piacere dell'inferno, il piacere del male, della menzogna non esiste, che l'uomo che dà spazio alla propria istintività, alla ricerca del piacere, irrispettoso della dignità dell'altro e di ogni regola morale, si ritrova alla fine in preda alla noia, all'inquietudine, alla tristezza e grida: "Ah! Come colmarla questa voragine della vita? Che fare? Perché il desiderio è sempre presente, più forte, più pazzo che mai…E' un desiderio di abbracciare le possibilità infinite. Signori! Che facciamo noi qui? Che cosa guadagniamo qui? Ahimè! Quanto è breve questa vita per la scienza!"
E' una lettura eccezionale della condizione umana, dell'io, del cuore dell'uomo. La parola desiderio che campeggia in questo discorso, etimologicamente significa: mancanza di stelle e rimanda a una esperienza che è di tutti. L'uomo ha tanti desideri, molti riesce anche a soddisfarli, ma inesorabilmente il desiderio rinasce sempre. Leopardi affermava che anche se l'uomo possedesse tutto l'universo, sempre si sentirebbe insoddisfatto, perché come dice Miguel il desiderio lancia l'uomo verso l'infinito, verso la totalità. E solo quando rinasce il desiderio si riaccende e si rigenera la vita.
Tra i presenti al banchetto c'è un uomo anziano, amico del padre di Miguel, uomo sapiente che ha intuito il dramma e la disperazione del protagonista, che lo invita a conoscere Girolama, figlia unica di un altro amico, donna giovanissima, molto bella e intelligente.