Una gita scolastica in Liguria: la sorpresa di un’esperienza - 1: i preparativi
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La fragile occasione.
La circostanza è stata banalissima, occasionale. Alla riapertura della scuola, dovendo predisporre un'immediata e dettagliata programmazione e progettazione delle gite e delle uscite di tutto l'anno, due insegnanti di lettere affetti da una stagionata passione per la poesia e due sportive professoresse di matematica disposte alla scommessa sulla possibile convivenza tra scienza e poesia si sono affidati ad un catalogo di agenzia dal titolo un po' austero e non senza pretese: Itinera, arte e cultura.
È stata sufficiente una prima rapida sfogliata al nuovo catalogo per convincerci di aver trovato con sorpresa e soddisfazione quanto serviva al caso nostro, catturati per impeto simpatetico da un titolo:
"Genova e le Cinque Terre, la Liguria di Montale".
L'autore era di quelli "canonici" in terza media, la distanza ottimale, il costo accessibile, si promettevano sussidi didattici; la decisione è stata immediata ed "istintiva".
La fatica della preparazione.
Abbiamo cominciato a lavorare sui fascicoli di suggerimenti culturali e didattici messi a disposizione dall'Agenzia.
È balzato evidente, con un po' di sconcerto, che l'ipotesi di lavoro suggerita, per livello di preparazione e di prestazioni richieste, era formulata esplicitamente per classi di scuole superiori, ma, a quel punto, non ci rimaneva altra possibilità che accettare la sfida e adattare il lavoro alla situazione delle nostre terze medie. L'ipotesi era suggestiva ed appassionante e ne abbiamo estrapolato gli obiettivi ed i contenuti che ci sembravano più praticabili per i nostri ragazzi.
Obiettivi
Educazione allo sguardo.
"Che i ragazzi si educhino a vedere dipende, in primo luogo, da due fatti: l'incontro con persone capaci di guardare, e quindi di vedere; la necessità di nominare cose ed eventi per i quali si accorgano di non disporre di un lessico adeguato.
A questi due obiettivi è diretto il lavoro preparatorio della gita.
I tre poeti su cui gli studenti sono invitati a lavorare hanno come caratteristica la capacità di nominare il nulla o il quasi nulla di un luogo, di un istante del tempo.
Questa capacità di nominazione (che Luzi dice caratteristica della poesia) dipende, come noto, dalla tensione esistente tra l'occasione storica, materiale in cui si trova a vivere la domanda di autenticità che agita il cuore dell'attore di quella circostanza.
La capacità dell'occhio dipende dunque dall'atteggiamento complessivo della persona, e non da un semplice addestramento di un organo.
Se, come risulta molto spesso dalla lettura degli elaborati in lingua italiana, i nostri ragazzi non vedono le cose, non è perché sono distratti sul momento, ma perché non si trovano in un atteggiamento complessivo corretto nei confronti della realtà".
Una diversa relazione col testo poetico.
"Secondo obiettivo ottenibile dal lavoro che proponiamo può essere costituito dallo stabilirsi di un inizio di diversa relazione con la poesia, sottratta, per qualche tempo, agli schematismi imposti dall'attività didattica stricto sensu.
In questa direzione suggeriamo di variare in modo radicale l'assetto delle verifiche (nessuna interrogazione formale dovrebbe essere fatta sui testi coinvolti nella preparazione del viaggio) e il tenore delle domande nel corso delle conversazioni.
In particolare suggeriamo di non pretendere una comprensione dei testi che abbia la forma della loro versione in prosa, e di valorizzare, al contrario, ogni acquisizione mnemonica, anche imprecisa, di frammenti o di interi testi poetici".
(Dal fascicolo di suggerimenti, a cura del prof. Alberto Brasioli, messo a disposizione dall'Agenzia).
Contenuti.
"Questo viaggio intende fornire, attraverso il contatto fisico con alcuni ambienti specifici, una idea dell'universo visivo e culturale in cui prende forma la poesia di Montale.
A questo scopo esso prende in esame due ambiti di esperienza molto diversi tra loro: la città di Genova, descritta da due poeti (Camillo Sbarbaro e Dino Campana) noti a Montale, e il paesaggio delle Cinque Terre, che deve invece esclusivamente al nostro la sua notorietà letteraria.
La scelta di questa impostazione è dovuta al fatto che desidereremmo sviluppare l'idea, già presente nel primissimo Montale, che la poesia nasce non tanto dall'incontro con oggetti o ambienti rari o in sé pregevoli, quanto da un particolare sguardo che qualcuno getta su di loro e che si trasforma (e li trasforma) in parole che, in sé e per sé consuete al pari degli oggetti, prendono da questo strano impatto una risonanza nuova che le rende inaudite e familiari insieme.
Da questa strana mescolanza di consueto e di miracoloso ci pare derivi il fascino della poesia montaliana.
I centri geografici del viaggio che ci accingiamo a compiere devono essere considerati, come si è detto, la città di Genova e la terra di Monterosso, la più occidentale delle Cinque.
Ma il centro concettuale del viaggio è la luce del mare che appare, per spiragli, quando meno ce lo si aspetta.
Si tratta di quello che Montale chiama barbagli, scaglie. Il mare, infatti, non compare nei testi montaliani quasi mai nella sua immensità (Montale è un poeta di terra, di case, di orti), ma solo per frammenti, per brillii brevi, come - sempre a dire di Montale - la verità e la bellezza delle cose e della vita.
Sia a Genova che altrove cercate dunque di individuare, a tutte le ore del giorno, il variare della luce, il suo trapelare tra i muri delle case, lo svettare delle palme dai giardini quasi a voler cercare il cielo "avaro" chiuso tra un palazzo e l'altro, tra una villetta e un condominio.
E del mare osservate i suoi chiudersi in insenature e golfetti, tra un capo e l'altro, tra una roccia e l'altra, dove si sentono mormorare le piccole onde, sciacquare le spume. Ci pare che Montale non si soffermi che raramente sulle onde che respirano lunghe e silenziose al largo". (Dal fascicolo a cura del prof. Alberto Brasioli).
Poi ci siamo riletti "Ossi di seppia" e "Le occasioni" di Montale ed abbiamo affrontato per la prima volta la lettura della raccolta di prose "La farfalla di Dinard" sempre di Montale, i "Canti orfici" di D. Campana e "L'opera in versi e in prosa" di Camillo Sbarbaro; abbiamo scelto una trentina di testi che abbiamo fotocopiato e distribuito ai ragazzi senza note, né apparati didattici. Successivamente le abbiamo lette in classe con l'esclusiva preoccupazione di una comprensione lessicale. C'è da osservare che le classi avevano svolto, sin dalla prima media, un lavoro sistematico sul linguaggio poetico.
All'inizio i ragazzi erano eccitati dall'idea di trascorrere tre giorni al mare, molto meno entusiasti del lavoro di lettura e di ascolto dei testi, al termine del quale ciascuno doveva classificare sul suo quadernone le metafore più suggestive e le immagini più belle secondo le seguenti categorie:
1. Mare e barche; esempio: "La collera del mare sugli scogli è il solo canto che si accorda a te"; "ti siedi e taci sulla spiaggia sterposa di contro a un pallido mare. Vi tremola a volte una manciata di zecchini, al largo passa il guscio rossastro della petroliera"; "conosco un mare brulicante d'oro dove le vele sono fiamme esili, un mare che è tutto uno zaffiro liquefatto"; "un albero di nuvole sull'acqua cresce, poi crolla come ciniglia"; "osservare tra i frondi il palpitare lontano di scaglie di mare" ecc....
2. Case, strade, piazze: "A l'antica piazza dei tornei salgono strade e strade e nell'aria pura si prevede sotto il cielo, il mare"; "nei porti delle tue città cercai, nei fungai delle tue case, l'amore nelle fessure dei tuoi vichi"; "il mare grigio-roseo dei tetti di Genova nuova"; "l'intimità della via si compendia tutta in un angolo dove passando tuffo gli occhi... un giardinetto inselvatichito"; ecc....
3. Profumi: "Profumi vari gravano l'aria"; "che il borbottare della pignatta esali un odor di legumi"; "...fatta sapida dal basilico che cresce nella tegghia e profuma le tue case"; "accompagna per tutto l'abitato un sottile odore di carrube"; "e i sensi di questo odore che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta... qui tocca anche a noi poveri, la nostra parte di ricchezza, ed è l'odore dei limoni"; ecc....
4. Cielo, nuvole: es. "Eravamo nell'età verginale in cui le nubi non sono cifre o sigle, ma le belle sorelle che si guardano viaggiare"; "pesanti nubi sul torbato mare che ci bolliva in faccia"; "il cielo diventa di stagnola e su quello, lentamente, le forbici della notte ritagliano in carta nero fumo la sagoma della città"; "nelle dolci terre dove si sfa di tenerezza il cielo"; ecc....
5. Notte: es: "Tuttavia la vera sagra è di notte, la vallata si incendia: una luminaria sospesa, galleggiante sulle tenebre"; "o vi saltella una manciata fredda di zecchini, le notti che si chiamano le barche"; "una mandria lunare sopraggiunge poi sui colli, invisibile, e li bruca"; ecc....
6. Colori e luci: es. "Un chiarore in fondo al deserto della piazza sale tortuoso dal mare, dove vicoli verdi di muffa celano in tranelli d'ombra"; "nella pece dell'acqua addentata dai moli bisce di luce si divincolano"; "...e andando nel sole che abbaglia..."; ecc....
Dopo aver classificato le metafore e le immagini, ciascuno doveva impararle a memoria. Inopinatamente, a questo punto, si cominciava a respirare un clima più vissuto ed una partecipazione interessata da parte di un buon numero di alunni. Contemporaneamente le professoresse di scienze avviavano un lavoro di descrizione del territorio delle Cinque Terre (ambiente naturale, terrazzamenti, orti ecc.) ed in particolare della vegetazione, a partire dalle piante nominate nei testi poetici. Al termine di questa fase preparatoria ogni alunno aveva confezionato in apposite cartellette un fascicolo di materiale completato dalla raccolte di brevi notizie biografiche su Eugenio Montale e dalle cartine di Genova e delle Cinque Terre.