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Una gita scolastica in Liguria: la sorpresa di un’esperienza - 2: il viaggio e le riflessioni

Autore:
AA. VV.
di Leo Lesma, Maria Grazia Nodari, Gina Chiappinelli e Patrizia Necci

Il gusto dell’esperienza del viaggio.
La prima giornata è dedicata a Genova. Abbiamo percorso la zona del porto vecchio ed in particolare abbiamo lavo­rato su Piazza Sarzano, l’antica Piazza dei tornei, descritta in un brano di Dino Campana letto in classe. Sferzati da una fastidiosa pioggerellina battente, i ragazzi devono rintracciare quali elementi della Piazza descritti nel brano sono ancora esistenti, confrontare la descrizione di Campana con la situazione attuale ed esprimere le loro impressioni. La piazza delude, è assolutamente irriconoscibile agli occhi di chi l’aveva vista solo dipinta dal poeta. L’inclemenza del tempo ci costringe ad accelerare i tempi.
Un sole miracoloso ci consente, il giorno successivo, il tragitto in battello da Mon­terosso a Vernazza, dove i ragazzi con­tinuano il lavoro di osservazione e de­scrizione, appuntando, schizzando scorci e richiamando i testi letti. Il ritorno a Monterosso è previsto a piedi, sul sen­tiero, non sempre agevolissimo, che costeggia la montagna. I ragazzi bronto­lano alla fatica delle prime rampe, poi sono vinti dalla bellezza dei paesaggi e saltabeccano da un professore all’altro citando qualche metafora imparata a memoria e riscoperta dal vivo. “Mi po­tevo realmente inoltrare in quel mare ­dalle farfalle innumerevoli della luce - in quello - zaffiro liquefatto - che solo pochi giorni prima avevo letto con fred­dezza su un foglio come altri, che non ti porta altro che il pensiero entusiasta di un poeta conosciuto solo a distanza; sembrava proprio intrufolarsi nel testo visitando tutto ciò che aveva suggerito, al poeta, la poesia” (dal tema di Giu­lietta).
Ci impieghiamo quasi tre ore di cammi­no, ma la fatica è soppiantata da un lieto stupore: a noi insegnanti non pare vero di vedere anche i ragazzi scolasticamen­te più problematici, pluriripetenti, con­tagiati da questo “fervore poetico”, per la prima volta, realmente percossi da ciò che vedono e sperimentano. Inevitabil­mente questa esperienza ha determinato positivamente anche il clima della con­vivenza: la serata in albergo (notorio incubo per gli insegnanti) è scivolata via allegramente giocando tutti insieme.
Il giorno successivo ci ha proposto un’escursione a Punta Mesco, luogo caro a Montale, ed il ritorno a casa.
Ritornati a scuola, ogni ragazzo ha messo a punto sul quadernone una relazione del viaggio, risistemando, per ciascun luogo visitato, gli appunti presi. Si sono racco1te le fotografie più belle eseguite e si sono realizzati dei cartelloni da mostrare in un momento di festa finale ai genitori. Viene svolto un tema in classe sulle seguenti tracce:

1. Eccomi di fronte al paesaggio delle Cinque Terre: colori, luci, forme riempiono lo sguardo; riemergono alla memoria parole, versi, metafore; si riconoscono dal vivo scorci, luoghi, piante, suoni e profumi, affiorano dal cuore parole mie per dire ciò che vedo e provo.
2. Le Cinque Terre, Montale ed... io!

Riflessioni dei ragazzi
Riportare una breve antologia di questi testi ci pare più eloquente di qualsiasi nostra considerazione in proposito.
(...) La prima cosa che balza ai miei occhi è la montagna, quella stessa mon­tagna che ha orlato il mare per tutto il tragitto da Vernazza a Monterosso. È una montagna brulla, prevalentemente rocciosa, ma anche rigogliosa di verde e ricca di “petraie” sfiorate del vento, quello stesso vento che sembra voler accarez­zare e dondolare il mare. (...) Passando fra viottoli non carrozzabili e fra scalinate poste tra casa e casa, arriviamo ad una certa altezza. Non lo capisco solamente con lo sguardo, ma anche con l’olfatto, perché ho ormai abbandonato quel leg­gero profumo di salsedine e mi sono immerso nell’intesa fragranza delle piante mediterranee. Incuriosito mi vol­to verso la mia sinistra, in quanto, nel lato opposto, si costeggiano solo i rosi muretti delle vigne e degli uliveti, e vedo un enorme cespuglio verde e giallo: è uno di quegli stessi che dal battello sembravano solo un grazioso bouquet e ora si mostra in tutta la sua maestà e la sua imponenza. (...) Ora noto una graziosa pianticella di veccia, ora un’agave dalla quale sta spuntando un grosso fiore e poi, infine, attirato dall’intenso profumo, mi acco­sto a dei piccoli fiorellini bianchi, simili a delle campanule, ne strappo uno, lo porto al naso. Questo odore mi ricorda qualcosa di familiare: è il forte odore dell’aglio, quello stesso aglio che mi divertivo a raccogliere, da piccolo, al paese dei miei zii. (Simone C.)

(...) Il rosso di una casa, con archi e persiane verdi contrasta con le lunghe case colorate con colori tenui, e con il blu del mare limpido. Un sentiero ci porta dove l’occhio non arriva. Lungo i pendii vi sono alberi di limoni, “il canneto ri­spunta i suoi cimelli”, si sente un odore di fresco, umido: i miei occhi sono attenti. Cerco delle piante, dei fiori, e sono piena di curiosità, chiedo alla professoressa di matematica informazioni su ciò che colgo e poi conservo, rubo a questo paesaggio un po’ della sua bellezza. Cammino, sento il cinguettio dei bianchi gabbiani che sembrano piccole nuvole di cotone. L’aria è calda, il cielo è terso, azzurro, colgo una ginestra, è gialla come il sole, ha lo stelo verde, come le sfumature del mare. La terra è secca, nonostante il giorno prima sia piovuto, gli alberi in­corniciano il paesaggio, io sento i profu­mi dei fiori che ho colto. Sui pendii, ulivi argentei ti invitano ad andare giù, a os­servare il mare vicino; dal sentiero si vedono i promontori, in fila, come per fare a gara a tuffarsi. (...) Dal lato opposto Vernazza, “nella sua immobilità di gio­ia”, nei suoi particolari fra cui una chiesa di mattoni, antica, con un piccolo campanile, da cui proviene un forte suono, improvviso, ma significativo. Il mare separa questi due mondi vicini e uguali, e la terra separa invece mondi vicini, ma completamente diversi. Sono stanca, la strada è lunga, ma il cuore si è imposses­sato di qualcosa del paesaggio. Andia­mo in mezzo agli alberi e osserviamo “tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare dove strisce di luce si protendo­no come aquiloni in cielo”. Mi piace tutto ciò che osservo, sono molto stupita, mi diverto a guardare e a chiudere nel mio cuore che trabocca di immagini. (Rosanna O.)

(...) Le curve a gomito mi fanno apparire sempre dei nuovi paesaggi, così come succedeva a Sbarbaro che sentiva nel suo animo “il cuore di Caboto”. Il tragit­to in pullman è finito; appena scendo vedo di fronte a me un’enorme distesa azzurra mossa da un leggerissimo venti­cello. Su questo mare che riflette la luce di un sole forte, appare “un guscio rosso di una petroliera” sommersa completa­mente dall’azzurro intenso del cielo e quello dorato e brulicante del mare. Ci avviciniamo a un piccolo porto, dove una barca interrompe anche se minima­mente, quel luccichio continuo di stelline gialle perse tra il blu del mare. Saliamo sul battello il cui rumore assordante in­terrompe la pace e il silenzio di quelle montagne verdi, le cui erbe sono accarez­zate dal vento e si tuffano poi nel mare. È bello sentire un vento forte e caldo che accarezza il mio volto e trasporta i miei capelli. Attracchiamo nel porticciolo di Vernazza ed è inevitabile ora che i miei occhi osservino la piazza; posta di fronte al molo, il cui sfondo è disegnato dal colore giallo-arancio delle case e da una chiesa molto semplice costruita in pietre color antracite; mi colpisce la campanella molto debole trasportata dal vento, at­taccata ad un apposito archetto in mat­toncino color marrone. Ora che sono entrato nella piazza vedo molte barchette di legno; sono ferme, mi sembra che non vedano l’ora di buttarsi in mare dato che tutte le loro prue lo guardano. Si nota qua e là il volo passivo delle rondinelle, che si buttano dall’alto e quando arrivano quasi a toccare il suolo cominciano a battere le ali.
(...) Il lungomare di Monterosso è coro­nato da alcune pianticelle che interrom­pono il marciapiede. È uno dei punti più belli, dato che all’orizzonte si nota la fusione del verde montano con l’azzurro cupo del mare, tramite una pietraia ba­gnata dal mare, che pare smaltata per questo. (Stefano S.)

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