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“Dolce Amor, Cristo bello!” Clemente Rebora e l’incontro con Cristo 7 - Attraverso l'oscurità dolorosa l'incontro con l'Amato

Autore:
Rossi, Valerio
Fonte:
CulturaCattolica.it

E Rebora vive nel suo letto di dolore la sofferenza come conformazione sempre più piena a Cristo. Non c’è recriminazione, non c’è lamento per la sorte avversa che gli è toccata, c’è solo accettazione del presente – anche se di dolore – come la possibilità dell’incontro, oggi, con Cristo.
“Recriminare sul passato, evadere dal presente, preoccuparsi del futuro, ecco l’arma con cui il demonio fa maggiormente scempio di un’anima. Il nunc dell’Ave Maria distrugge tutta la baracca del diavolo)”.
E ancora: “la paura dello scoraggiamento è diabolica: via, via! La grazia può tutto. Stare al nunc e pregare”.
Se l’oggi è la sofferenza, Cristo si fa presente in essa. Tutto è vissuto solo nel suo nome (numerosi sono i cartigli conservati nell’archivio rosminiano di Stresa con la scritta “GesùMariaGiuseppe” e tutte le sue carte rimaste sono piene del disegno della croce).

Avvicinandosi il Natale

Oh Comunion vera e sol beata,
se con te, Cristo, sono crocifisso
quando nell’Ostia Santa m’inabisso!
Intollerabil vivere del mondo
a bene stare (1) senza l’Ognibene!
Penitenza scansar, che penitenza!
Se ancor quaggiù mi vuoi, un giorno e un giorno,
con la tua Passion che vince il male,
Gesù Signore, dàmmi il tuo Natale
di fuoco interno nell’umano gelo,
tutta una pena in celestiale pace
che fa salva la gente e innamorata
del Cielo se nel cuore pur le parla.
O Croce o Croce o Croce tutta intera,
nel tuo abbraccio a trionfar di Circe, (2)
sola sei buona e bella, e come vera!
Abbraccio della Madre, ove già vince
nel suo Figlio lo strazio che l’avvince
.


Il pioppo

Vibra nel vento con tutte le sue foglie
il pioppo severo;
spasima l'aria in tutte le sue doglie
nell'ansia del pensiero:
dal tronco in rami per fronde si esprime
tutte al ciel tese con raccolte cime:
fermo rimane il tronco del mistero,
e il tronco s'inabissa ov'è più vero
.

Siamo agli ultimi mesi della vita di Rebora. Così racconta il suo confratello infermiere, Ezio Viola, nel bellissimo diario che ci ha lasciato (pubblicato da La Locusta e successivamente da Interlinea): “Le sofferenze del padre debbono essere terribili; lo si intuisce da frasi ed esclamazioni laceranti. […] Tra me e Dio c’è un muro! Non sento più nulla!”
E ancora: “O Maria, fa che io non perda Gesù”.
È il passaggio più terribile, il passaggio attraverso l’oscurità del Volto di Dio, la sensazione dell’abbandono, riflesso del peccato nostro e di quello degli altri uomini. È quasi paradossale: una lontananza che in realtà è una ancora più perfetta conformazione a Cristo nel portare, con Lui, il peccato del mondo.
Leggiamo ancora dal diario del suo infermiere:
“Allora mi avvenne di osservare un fatto molto strano: improvvisamente voltò lo sguardo verso sinistra, e con volto radioso, completamente trasfigurato, come mai m’era stato dato di contemplare, fissava, perfettamente immobile, la parete. Senza accorgermi, mi trovai in ginocchio e chiesi ripetutamente cosa vedesse; dopo qualche mia insistenza si voltò verso di me, mi sorrise e all’istante fu colpito da un attacco di paralisi che gli andava deformando paurosamente la parte sinistra del volto”.
Tutto era ormai compiuto. Il Volto dell’Amato si era nuovamente fatto presente, questa volta per l’eternità.

NOTE
1. Non è il bene stare che dà la pace, ma la salvezza che viene da Cristo, l’abbraccio della Croce
2. È la vittoria sull’inganno di chi fa perdere la strada, di chi, pur essendo donna, non porta la salvezza. Già negli anni prima della sua adesione al cristianesimo, in un corso scolastico su La donna e la vita – conservatoci negli appunti di Lina Lavezzari, una delle sue auditrici – Rebora evidenziava la differenza fra Circe, che attira i naviganti con il suo fascino e li ferma a sé, e Maria, colei che conduce a Cristo, che è Bellezza, Bontà e Verità.

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