Le grandi domande - “L’ultima domanda” di I. Asimov 1 - Il racconto
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Mentre tutti i critici sono d’accordo nel considerare “Nightfall” (Notturno) di I. Asimov il più bel racconto di FS di tutti i tempi, “The last question” (L’ultima domanda, 1956) era il racconto preferito dallo scrittore stesso. Per un caso tutt’altro che strano entrambi hanno a che fare con il senso religioso. Asimov si è sempre misurato col futuro remoto dell’umanità: così nel famosissimo “Ciclo della Fondazione”, prendendo le mosse dal “Declino e caduta dell'Impero romano” di Edward Gibbon, egli tenta di gettare uno sguardo sull’evoluzione della storia umana nei secoli futuri. Qui siamo a livelli più filosofico-religiosi, ma la curiosità di indagare il futuro rimane la stessa. Dal punto di vista della struttura, “L’ultima domanda” è veramente un gioiellino; come le antiche fiabe ripresenta per sette volte una situazione analoga finché si giunge al finale sorprendente. I protagonisti sono due: gli uomini (alla fine, l’Uomo) e il “Calcolatore Analogico” (AC); questo conferma l’interesse profondo di Asimov per l’Intelligenza Artificiale (sue sono le famose Tre Leggi della Robotica, e i racconti di robot occupano una parte non piccola della produzione asimoviana). “L'ultima domanda venne posta per la prima volta, quasi per scherzo, il 21 maggio 2061, in un momento in cui l'umanità cominciava a intravedere finalmente un po' di luce. La domanda era il risultato di una scommessa di cinque dollari, nata durante una bevuta, ed ecco come andò la cosa”. Due assistenti di Multivac, il gigantesco calcolatore che si autoregola e impara da sé, stanno festeggiando un avvenimento storico: la possibilità di sostituire tutte le fonti di energia terrestri con l’energia del Sole: “Tutta l’energia che potremo mai usare, insomma, per sempre, per sempre e ancora per sempre”. Ma uno dei due obietta: “Per sempre poi no”, al massimo per venti miliardi di anni, e poi? I due, dopo aver discusso a lungo, decidono di porre la domanda al calcolatore: “Potrà un giorno il genere umano, senza dispendio di energia, essere in grado di riportare il sole alla sua piena giovinezza perfino dopo che sarà morto di vecchiaia?” , o ancora:
“Com’è possibile diminuire in modo massiccio il quantitativo di entropia dell’universo?” Il calcolatore rimugina a lungo, per poi rispondere: “Dati insufficienti per risposta significativa”.
Le scene successive del racconto costituiscono dei balzi in avanti sempre più giganteschi nel tempo: ci troviamo di volta in volta in un’astronave che viaggia nell’iperspazio, in una commissione per lo studio della popolazione della Galassia, tra le Menti vaganti di una nuova umanità costituita da spiriti separati dai loro corpi, in una dimensione incomprensibile in cui l’Uomo è ormai unico, costituito da trilioni di individui fusi assieme... e ogni volta per qualche motivo la domanda viene riproposta all’AC (Calcolatore analogico), sempre più complesso, potente, semi-divino... Ma la risposta è sempre la stessa: “Dati insufficienti per risposta significativa”. Passano così dieci trilioni d’anni, l’Universo si estingue completamente; solo in una dimensione remota e inattingibile l’AC Cosmico sta ancora elaborando dati per rispondere all’Ultima domanda. E alla fine scopre la possibilità di invertire l’entropia dell’Universo. Ma non c’è più nessuno a cui comunicare la sua scoperta... Così “La coscienza di AC abbracciò tutto quello che un tempo era stato un Universo e meditò sopra quello che adesso era Caos. Un passo alla volta, così bisognava procedere. LA LUCE SIA! disse AC. E la luce fu...”