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Unità didattica sulla bioetica 1 - Quadro di riferimento

Autore:
Matrone, Ida
Fonte:
CulturaCattolica.it
Nell'ambito di un Corso d'aggiornamento su "Fede e ragione" è stata presentata questa interessante proposta didattica.

Premessa
Uno degli ambiti più decisivi oggi in cui il rapporto fede – ragione dimostra tutte le sue implicazioni culturali, morali e sociali e le sue conseguenze effettive sul destino dell’uomo, è la BIOETICA.
Le principali tematiche affrontate dalla bioetica farebbero emergere, secondo un certo tipo di mentalità, una contrapposizione tra fede e ragione.
La fede infatti viene presentata come una posizione dogmatica che frena la ricerca e quindi lo sviluppo della scienza.
La ragione viceversa viene proposta come la sola capace di fornire una visione dell’uomo che, escludendo il Mistero, affida unicamente alla scienza il compito di definire cosa sono l’uomo e la vita.
Quando si affrontano le questioni di bioetica è importante chiarire quindi il contesto culturale in cui queste si collocano.

Contesto: Relativismo e Scientismo
Parlare di bioetica vuol dire definire dei giudizi di valore su ciò che è bene e ciò che è male, quando la scienza interviene sulla vita umana.
Questo giudizio viene però considerato illegittimo da una mentalità relativista, secondo la quale non essendoci una verità unica e quindi una morale oggettiva, qualsiasi definizione di norma morale al riguardo è considerata una limitazione della LIBERTA’(ad es.: per i credenti l’aborto è male perché per loro la vita è dono di Dio, ma questo non li autorizza a proibirlo a chi non la pensa così; oppure si afferma una presunta contrapposizione fra laici e cattolici, o tra morale laica e morale cattolica; o ancora si vuole negare il diritto della chiesa di esprimere pubblicamente la sua posizione, perché così imporrebbe la sua verità) .

Quindi il primo dato da cui partire è che:

1) Non si tratta di difendere delle verità di fede, né tantomeno di imporre una personale visione dell’uomo, ma di basarsi sulla conoscenza delle verità di fatto (quelle evidenze che tutti possono riconoscere) e di ragione. E che non ci può essere vera libertà senza la conoscenza della realtà.
Nancy Jo Mann, una ragazza americana di vent’anni, credeva in coscienza di fare una scelta giusta abortendo. Le iniettarono nel ventre 200 centimetri cubici di soluzione salina e quando la creatura in lei cessò di muoversi i medici le fecero un’endovena per facilitare l’espulsione del feto. Quando Nancy Jo “se ne liberò”, poiché non c’erano le infermiere, rimase due ore a guardarlo. “Non era un feto – racconta -. Non era un prodotto del concepimento. Era un piccolo essere umano. Soprattutto era mia figlia… Osservai la sua testolina coperta di peluria, gli occhi semiaperti… le ditine avevano piccole unghie e impronte digitali. Ogni cosa era perfetta”. Seguirono due disperati anni di complicazioni fisiche e psicologiche e lei ne uscì quando decise di risolvere il suo problema aiutando altri a risolverlo. Così Nancy Jo ha fondato la “Women exploited by Abortion” (donne sfruttate dall’aborto) nella convinzione che moltissime hanno sofferto a causa di una falsa coscienza, il credere di essere libere e consapevoli nella scelta di abortire mentre invece sono spinte da altri: il loro uomo, i genitori , i consulenti, la mentalità circostante”. (F. Biondi, Io che ho abortito denuncio chi mi sfrutta, in “Avvenire”,9/12/1988)
cfr. anche http://www.afterabortion.org/PAR/V7/n3/EDAPP.htm
La sola conoscenza però da sola non basta ad indirizzare la libertà.

2) Oggi spesso il criterio adottato per decidere ciò che è buono è:
“si può fare, la scienza lo permette, quindi è giusto farlo” (in questo modo lo scientismo ha risolto il problema etico);
oppure il desiderio che diventa diritto (dittatura dei desideri):
si vogliono fare, dunque si possono fare; si possono fare, dunque si vogliono fare

Il mondo nuovo si annuncia così, con la dittatura del desiderio, la sua trasformazione in diritto, con l’intrusività onnipotente della tecnica, che forgia la cultura e impone la sua falsa coscienza o ideologia, e parole come terapia, autodeterminazione della donna, diritto a un figlio sano, decostruzione della famiglia e del matrimonio trionfano senza antidoti, senza discussione vera, senza esame razionale. Chi vuole verificare il mondo nuovo, illuminarne i significati, commisurarli alla realtà finita dell’umanità o all’infinità del divino, nel caso dei credenti, è considerato oscurantista. La devozione moderna trionfa dovunque, senza il limite del confronto razionale, e tende a farsi dottrina, conformismo di massa” (G. Ferrara su “Il Foglio”, 17.01 e 25.04.2005)

L’uomo può scegliere ragionevolmente solo ciò che gli “conviene”(che realizza cioè la sua umanità), solo ciò che corrisponde al “cuore”(evidenze ed esigenze originali), alla struttura originale della natura umana.
Se la scienza non riconosce il Mistero, il “dato” (se non riconosce cioè che “io non mi faccio da solo”, e che la realtà non la decido io), la conseguenza è che:

3) L’ uomo si finge Dio: e allora nega la realtà (legge naturale) e pretende di fabbricare l’uomo a sua immagine e somiglianza.
L’Eugenetica è la deriva a cui oggi la scienza è approdata.
Questo termine è ovviamente rifiutato, perché troppo compromesso con le note e drammatiche conseguenze dell’hitlerismo.
Ma con l’eufemismo “qualità della vita” s’intende di fatto sia la selezione della specie (selezione degli embrioni), sia l’eliminazione di soggetti difettosi o sofferenti (legge sull’eutanasia olandese).

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