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Quando è all’opera l’«accanimento ideologico»

“Accanimento ideologico”: questo è l’unico tipo di accanimento che si sta praticando in tutta la vicenda del piccolo Charlie.

Non c’è accanimento terapeutico, infatti la ventilazione artificiale è uno strumento proporzionato al fine, il fine di mantenere in vita il piccolo paziente, di mantenere l’ossigenazione dei tessuti.
La ventilazione artificiale insieme ad altri presidi medici ordinari, come antidolorifici, antibiotici e antiepilettici sono considerati come accanimento perché, non gli fanno recuperare la sua autonomia, dunque sarebbero una “terapia futile” (in realtà, fanno parte di una “cura palliativa” appropriata per il piccolo paziente).

Il giudizio unanime dell’Alta Corte e del GOSH-Hospital è che la qualità e le aspettative di vita sono scarse per cui ha senso “staccare la spina”.
Come scrive la bioeticista Claudia Navarini, secondo gli ideologi del “diritto” a morire “non sarebbero eventuali trattamenti gravosi e inutili a costituire una forma di accanimento, ma sarebbe un accanimento il fatto stesso di mantenere in vita un morente o un malato grave. Risultato: la gran parte dei mezzi di sostegno vitale andrebbero evitati in fase terminale o nelle malattie croniche e invalidanti” (C. Navarini, Eutanasia, in T. Scandroglio [a cura di], Questioni di vita & di morte, Ares, Milano, 2009, p. 197).

Non si vogliono togliere terapie perché ritenute inefficaci o troppo gravose, si vogliono togliere terapie e cure che sono proporzionate perché permettono a Charlie di vivere, seppur in una condizione di sofferenza.

Non sono dunque le terapie ad essere gravose ed inefficaci, ma è la condizione stessa di Charlie che viene considerata dai medici e giudici così grave da risultare inaccettabile. L’accanimento deve quindi riferirsi non alle terapie, ma alla qualità di vita. Charlie è reo di accanimento a vivere, colpevole di rimanere aggrappato ad un’esistenza da malato gravissimo.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-grande-inganno-dell-accanimento-terapeutico-20313.htm
Concordo quindi con il prof. Tommaso Scandroglio, docente di Etica e Bioetica, Filosofia del Diritto, Università Europea di Roma: questo è il grande inganno, il grande errore in cui cadono anche molti commentatori in casa cattolica.

“Ma la medicina palliativa esclude ogni mezzo di sostegno vitale? La risposta è chiaramente no: l’idratazione, la nutrizione e la ventilazione meccanica, a meno che non siano fonte di effetti avversi o che il paziente non le desideri, possono coesistere con il perfetto controllo dei sintomi disturbanti messo in atto da un buon approccio palliativo.

E se, capovolgendo la prospettiva, l’approccio palliativo fosse stato considerato nel caso di Charlie fin dall’inizio della sua storia, sarebbero stati messi in atto questi mezzi di sostegno vitale? Vi è la possibilità che di fronte all’ineluttabilità della morte imminente tali mezzi sarebbero stati considerati “sproporzionati” ab initio e quindi non messi in atto, limitandosi a controllare i sintomi disturbanti fino al naturale e purtroppo inevitabile decesso che, a quel punto e con l’aiuto di un’équipe specializzata, avrebbe potuto avvenire anche a casa.

Il ruolo della medicina palliativa diviene quindi cruciale anche in questo caso: senza contraddizioni essa da un lato può accompagnare coloro che, sostenuti dalle macchine, sono comunque destinati a spegnersi per inevitabili complicazioni e dall’altro può insegnare a evitare l’accanimento terapeutico nelle cui pieghe possono celarsi insidie come quella che hanno vissuto in prima persona il piccolo Charlie e i suoi genitori Chris e Connie.”

È forse di una visione come questa che spesso paiono sprovvisti «i più esperti team medico-infermieristici che i nostri eccellenti ospedali possono offrire»: una visione che avrebbe probabilmente messo al riparo i genitori dalla pur comprensibilissima tentazione di ricercare altre improbabili e costose soluzioni. (Ferdinando Cancelli)
(http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/QUO_2017_150_0207.pdf)

Sicuramente una valutazione complessa, che i medici e i familiari del piccolo avranno sicuramente fatto, o avrebbero dovuto fare, prima di INTUBARE IL PAZIENTE.
E’ lì che si gioca drammaticamente il nostro lavoro di medici nel rapporto con i familiari, in cui riconoscere la finitezza umana e il fatto che non siamo noi padroni della vita, ma ogni volta ci troviamo davanti al Mistero.
Ma una volta che tu hai attaccato il bimbo al respiratore staccarlo è EUTANASIA. Non iniziare un sostegno vitale e interromperlo quando è in corso non sono la stessa cosa, né sul piano clinico, né su quello etico, come una abbondante letteratura medica e morale ha documentato.
Ci possiamo solo umanamente inchinare davanti a questi genitori che hanno accolto la vita del loro piccolo molto malato.
In qualsiasi malato terminale, la ventilazione quindi non è sproporzionata, perché ha come scopo, come fini propri, l’ossigenazione, e quindi una funzione del nostro organismo quella dei polmoni; nella evoluzione della malattia, se il paziente è veramente terminale, interverranno insufficienza renale, epatica, alterazioni della coagulazione, arresto cardiaco. Il paziente morirà, per insufficienza renale, epatica, per infezioni o altro, con conseguente elettroencefalogramma isoelettrico, quindi morte cerebrale.

Anzi per correttezza la Legge 29 dicembre 1993, n. 578 (“Norme per l’accertamento e la certificazione di morte”) stabilisce che la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello.

Questa condizione può presentarsi in seguito ad un arresto della circolazione sanguigna (elettrocardiogramma piatto per non meno di 20 minuti) o per una grave lesione che ha danneggiato irreparabilmente il cervello. In quest’ultimo caso i medici eseguono accurati accertamenti clinici e strumentali per stabilire la contemporanea presenza delle seguenti condizioni: stato di incoscienza, assenza di riflessi del tronco, assenza di respiro spontaneo, silenzio elettrico cerebrale. 
Inoltre nel corso degli anni attraverso il DMS del 22 Agosto 1994 e con l’ultima revisione con DMS del 11 Aprile 2008, sono state introdotte e validate nuove tecnologie, per documentare l’assenza di flusso cerebrale (neuroradiologiche, ultrasonografiche, di medicina nucleare e neurofisiopatologiche) che integrano il tradizionale esame EEG, inoltre è stato previsto, in modo più approfondito e consono alle odierne conoscenze scientifiche l’esecuzione dell’esame clinico-neurologico, è stato stabilito non inferiore a 6 ore il tempo di osservazione e considerato eventuale influsso di farmaci sulle reazioni cerebrali, tutto questo documenta l’estremo rigore della legge italiana sull’accertamento e la certificazione di morte cerebrale, alla base anche della donazione di organi, molto diversa invece da quella Inglese. 

Ebbene, solo in questi casi, se non si procede a donazione di organi, si può staccare il respiratore, cioè in presenza di morte cerebrale, cioè cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo (corteccia cerebrale, tronco encefalico e midollo spinale).

Questo “accanimento ideologico” è stato il criterio con cui quel piccolo paziente è stato guardato, ostacolando e non intravedendo mai per il piccolo la categoria della “POSSIBILITÀ”, somma categoria della Ragione.

Possibilità di sopravvivenza, superiore ai dati statistici, possibilità di poter rispondere a dei trattamenti… possibilità di poter essere gestito a domicilio, possibilità di essere trasferito in un Hospice, possibilità di risposta ad un trattamento “sperimentale”, possibilità di essere trasferito al Bambino Gesù o in America.
Premessa indispensabile: purtroppo, non abbiamo molte informazioni sulle condizioni cliniche del bimbo dal momento che non possiamo accedere alla sua cartella clinica. Alcune domande sorgono però “spontanee” guardando le tante immagini del piccolo che in questi tempi giustamente ci sono diventate familiari:

- Ma perché non è stata praticata prima, per esempio una tracheotomia? La prolungata ventilazione meccanica è la prima indicazione all’esecuzione della tracheotomia.
La tracheotomia può portare benefici riducendo le resistenze delle vie aeree, migliorando il comfort del paziente, facilitando e rendendo più sicure le cure infermieristiche e portando ad una riduzione della sedazione.
- Ancora, guardando le immagini perché il bimbo continua ad essere nutrito tramite sondino naso-gastrico. L’alimentazione per via naso-digestiva è, tuttavia, una soluzione temporanea, presenta alcuni evidenti svantaggi (quali ad esempio rimozione accidentale, rischio di ostruzione, fissazione del sondino, rischio di aspirazione, irritazione locale e lesioni da decubito) e non è consigliabile per tempi di trattamento superiori ai 3 mesi.

Non ritengo che tali comportamenti siano assolutamente collegabili a mancata competenza, che appartiene certamente al GOSH-Hospital, infatti tali manovre sono ormai standardizzate, ma siano imputabili all’Accanimento ideologico sopra descritto, all’idea che “il best interest” del bambino sia stato sempre quello di “staccare precocemente la spina”.

Ancora la vicenda del piccolo Charlie ci impone una riflessione importante sul Consenso Informato, inventato dai paesi Anglosassoni. La storia del piccolo Charlie ne decreta il fallimento totale, in quanto ha valore solo per “la non cura” … ma non “per la possibilità di cura”. Dove sono in questa vicenda tutti i fautori del consenso informato, del principio di “autodeterminazione”? Questo bambino, segnerà in ogni caso, anche la battaglia dei prossimi mesi sulle Dat, disposizioni anticipate di trattamento.

L’Accanimento ideologico, permane, e diventa ancora più evidente, nei confronti della terapia sperimentale.



Come tutti ormai sappiamo il piccolo, Charlie è affetto da sindrome da deplezione del Dna mitocondriale (MDS) che viene classificata come MDS encefalomiopatica, in quanto colpisce in modo particolare il sistema nervoso centrale e le funzionalità neuromuscolari, respiratorie, gastrointestinali e renali, che risultano in vario grado compromesse. La causa è la presenza di una coppia di mutazioni disfunzionali identiche (omozigosi) o diverse (eterozigosi) del gene RRM2B del cromosoma numero 8.
Il prof. Roberto Colombo, docente di neurobiologia e genetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, nei suoi interventi in questi giorni (http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2017/7/8/CHARLIE-GARD-I-due-nuovi-miracoli-di-un-piccolo-bambino/772866/), riporta un dato molto importante “Si tratta di una forma di malattia genetica germinale estremamente rara: sono stati sinora riportati solamente 18 casi di bambini con MDS encefalomiopatica dovuta a mutazioni di RRM2B, gli ultimi dei quali sono due fratelli israeliani, deceduti all’età di 10 e 12 settimane, descritti nella primavera di quest’anno sulla rivista Neuropediatrics 2017 8 May, Novel RRM2B Mutation and Severe Mitochondrial DNA Depletion: Report of 2 Cases and Review of the Literature.N. Kropach, V. Shkalim-Zemer, N. Orenstein, , O. Scheuerma, R. Straussberg.

Charlie potrebbe essere il diciannovesimo soggetto con questa sindrome diagnosticato nel mondo, con la particolarità di una sopravvivenza insolitamente lunga. Tutti i casi precedenti sono morti poco dopo il parto o comunque entro sei mesi. Questo dato non è insignificante: è nota la variabilità clinica della manifestazione dei difetti nel gene RRM2B e il bambino inglese potrebbe rappresentare un caso particolarmente “resistente” o con una espressione fenotipica meno clinicamente penetrante, la qual cosa giustificherebbe un supplemento di tentativi terapeutici o, quanto meno, la non frettolosità nel sospendere la ventilazione meccanica ed altri supporti.
Il Team di medici del Bambino Gesù scrive “Siamo consapevoli, del fatto che la terapia con deossinucleotidi per il deficit RRM2B sia sperimentale e, in teoria, dovrebbe essere testata su modelli murini. Tuttavia, non c’è tempo sufficiente per svolgere questi studi e giustificare il trattamento per Charlie Gard, che è affetto da una grave encefalopatia dovuta a mutazioni RRM2B. Alla luce di questi importanti nuovi risultati riguardanti la biodisponibilità dei deossinucleotidi somministrati per via esogena nel sistema nervoso centrale, chiediamo rispettosamente che questa terapia possa essere somministrata a Charlie Gard”.

Da notare che questa terapia si somministra per via orale, non ha effetti collaterali importanti (è descritta solo la possibilità di diarrea). Inoltre con un numero così esiguo di pazienti, con questa sindrome, cosa dobbiamo aspettare ancora per iniziare questa terapia?????

La scienza potrà sicuramente in ogni caso fare un passo avanti (in fondo questo è stato il cammino di tante scoperte scientifiche e mediche) mentre per l’accanimento ideologico non è prevista, nel caso del piccolo Charlie, la categoria della possibilità, che è una categoria della “ragione”.
Tutti noi ci auguriamo di poter continuare a pensare all’Inghilterra come ad un paese ancora… almeno “razionale”.

Giuliana Ruggieri

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