Chávez, la chiesa ed il cattolicesimo
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“Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi », scrive Cesare Pavese in uno dei suoi più conosciuti ed estremi poemi. Sembra una metafora per descrivere ciò che Chávez porta a compimento nel Venezuela, patria seconda di tanti Italiani smerciati da una emigrazione che, come “situazione limite”, gli fece dire “maledetta terra”. Terra che non sfama. Ma sono, anch’essi, forse soprattutto essi, uomini di Dio, «Signore delle signorie superbe», ancora di colui che nuota, si far per dire, nel vuoto più svuotato della notte senza orizzonte, ché la luce è sempre, pure là dove non riluce all’occhio umano.
«Verrà la morte e gli darai i tuoi occhi, affinché ella veda bene, veda vita», “e veda la creazione ed, attraverso essa, il creatore”, scrivo, stentatamente io. Questi occhi che penetrano la cecità della morte senza Dio, cecità selvaggia, disumana contingenza di colui, che con viltà, s’incamminò sulla facile via dell’ateismo negatore, più che non “purificatore”. La Chiesa, quella vera, si pone lì, per ricordarci il Cristo in Croce, che regala gli occhi alla morte, e con essa, alla finitudine, quindi all’uomo stesso.
Che io, (il cui nome proprio può essere omesso in quanto proprio, e solo stampato come segnaletica per coloro – e per me stesso - che si fanno compagni di strada, compagni di vita, per i quali la morte non è, nel segno di Chiesa e Dio, se non un compito quotidiano in più nel “giorno dei giorni”), affermi che Chávez è “fuori dalla comunità”, non deve trarre in inganno e far pensare che mi erigo a giudice supremo. Come cattolico, che anche sono, solo mi rimetto a testimone di una situazione che non viene sufficientemente colta dallo Stato italiano (invece la Chiesa sì è presente). Situazione di oltre un milione di Italiani e figli d’Italiani che vivono nel Venezuela del, si fa per dire, nuovo comunismo di un Chávez che usa la religione cattolica del popolo venezuelano per farne xenofobia, come se Cristo utilizzasse un “principio di differenza” per discriminare gli uomini. Cristo e la politica mal si convengono. Il figlio di Dio, sacrificatosi agli uomini, parla di umanità, e non di discriminazione; che gli uomini siano gli uni con gli altri, nel sacro uno dell’Unità.
Chávez, con la sua nuova legge d’educazione, vuole privare i cattolici dell’avere una propria educazione cattolica, che, sia chiaro, non è propria nel senso di escludere, ma propria nel senso di appropriarsi della fede che ci è data, e, se scelta, scelta nel dono d’esserci data. È a rischio l’insegnamento tutto della parola di Dio, così stravolta da Chávez quando parla, in essa, di “sinistra” e “destra”, fuori d’essa e contro essa, perché la Chiesa è ecumenica, universale e queste distinzioni non le coglie e non le può cogliere. Viene da dire: “Cattolici di tutto il mondo unitevi!” Impedite il blasfemo uso della parola cattolica che Chávez fa. Non fate gli «ignavi» che già Dante descrisse nell’Antinferno.
Perché in fondo, non si tratta d’informarsi sulle condizioni dei nostri compatrioti, bensí delle condizioni in cui Chávez pone la Chiesa cattolica, e con esso Cristo redentore. Non li pone in croce, ma li svaluta come mercanti del tempio.
Di più non voglio scrivere, ma dire a viva voce, parola sonora, al di là della folla di parole d’ennesima demagogia.
Barcellona, 4 dicembre 2009