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Loreto, la Chiesa in Italia ed il problema educativo (Parte I)

Fonte:
Zenit.org
Intervista a monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro

ROMA, martedì, 11 settembre 2007 (ZENIT.org).- Non si è ancora spenta l’eco dell’incontro dei 400.000 giovani con il Papa, tenutosi agli inizi di settembre a Loreto, e molte sono le riflessioni che stanno emergendo nell’ambito della Chiesa italiana.

In un mondo in cui sembra difficile coinvolgere i giovani in progetti impegnativi, la partecipazione vasta e sentita di Loreto è stata avvertita come un segno che si oppone a nichilismo ed edonismo.

Secondo monsignor Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro, le giornate di Loreno “hanno rinnovato la necessità di una Chiesa che, per essere veramente madre, deve essere educatrice”.

Il presule ha inoltre aggiunto che la sfida che interpella oggi la Chiesa è quella di riuscire ad accompagnare quotidianamente i giovani nell'esperienza di Cristo come sola risposta alla domanda di senso.

Lei ha partecipato all’Agorà, l’incontro dei giovani a Loreto. Che cosa può dirci in proposito?

Monsignor Negri: L’incontro dei giovani con il Papa a Loreto è stato certamente un grande evento per tutti coloro che vi hanno partecipato. È stato un evento perché, come mi ha insegnato don Giussani tanti anni fa, evento è qualcosa che tocca il cuore delle persone, o meglio è qualcosa che disvela il volto vero del cuore. Indubbiamente Benedetto XVI ha aiutato queste centinaia di migliaia di giovani ad interessarsi del proprio cuore, inteso come domanda di senso, di verità, di bellezza, di giustizia, come desiderio di amore, di costruttività nella vita. Guardando quei giovani tutti protesi con lo sguardo e con il corpo verso il Papa si vedeva che erano un unico soggetto vivente, come un unico uomo che stesse di fronte al testimone privilegiato di Cristo.

Il Papa li ha aiutati a disvelare il loro cuore e ha portato di fronte a questo cuore la grande ed unica proposta di salvezza che è legata alla presenza di Cristo. Questo è stato l’evento. Il contesto può anche non avere del tutto facilitato questo evento, come alcune parti del concerto della sera, come certe enfatizzazioni sul Creato. Comunque, è stato l’incontro con Cristo oggi. Anche gli adulti, anche coloro che sono avvezzi a queste cose, sono stati positivamente sconvolti. Nel settore dei Vescovi durante la concelebrazione c’era un clima di letizia giovanile, come se anche tutti noi fossimo stati contagiati da questo evento. Il Papa ha incontrato i giovani. Gesù Cristo oggi ha incontrato i giovani. È un evento di proporzioni straordinarie.

Mi sono chiesto durante tutta la concelebrazione che ne sarebbe stato di questo evento per la vita di ciascun giovane, parte di quel popolo. Non era, infatti, una massa, non era la massa delle manifestazioni canore, non era la massa degli stadi, era un popolo dove paradossalmente si sarebbe riusciti ad individuare le caratteristiche singolari di ciascuno.

È indubbio che ci sono state migliaia di giovani segnati positivamente. Alcuni dei trecentocinquanta giovani che la nostra diocesi, per quanto piccola, ha saputo ospitare grazie alla generosità delle famiglie, hanno fatto riferimento al cambiamento di vita che si era operato in loro durante la Giornata della Gioventù di Parigi, piuttosto che di Denver, piuttosto che di Czestokowa.

È un evento che segna. Mi chiedo, però, come questo incontro può diventare cammino nel quotidiano, diventare approfondimento della coscienza, maturazione del cuore, disponibilità a fare di questo incontro con Cristo il fondamento della propria esistenza e il respiro della propria vita quotidiana. È una domanda grave che soprattutto i genitori, gli educatori, i sacerdoti, i Vescovi, le persone impegnate quotidianamente nella vita delle parrocchie e dei gruppi non possono non porsi.

Anche ciò che si è vissuto come incontro si potrebbe ridurre progressivamente al ruolo di un fatto commovente, che lentamente il tempo che passa ridurrà a una cosa fra le altre. Questo sarebbe accaduto agli stessi apostoli, come è stato per moltissimi di quelli che hanno incontrato Gesù Cristo. Per molti non fu che un incontro della cui esistenza forse venti, trenta, quarant’anni dopo avrebbero dubitato, come molti di noi si sono dimenticati gli incontri fatti nella fanciullezza. Per alcuni, invece, fu l’incontro della vita. Tornando a casa mi chiedevo come aiutare questi giovani a far sì che questo incontro diventi l’incontro della vita.

L’evento di Loreto fa seguito al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, segnato dal discorso di Benedetto XVI. Quali sono gli elementi di continuità?

Monsignor Negri: Il discorso che il Papa ha pronunciato a Verona durante il Convegno della Chiesa Italiana ha avuto un impatto nella vita della Chiesa Universale molto più ampio di quanto immediatamente non si potesse pensare. Nel viaggio in America latina in luglio ho potuto constatare che nelle fasce più sensibili e intelligenti dell’episcopato latino-americano il discorso di Verona è stato colto come un discorso straordinario.

È straordinario perché è stato un discorso educativo, o meglio perché, dopo aver rigorosamente richiamato la Chiesa italiana alla assoluta responsabilità di una nuova missione, di una nuova presenza della Chiesa come popolo di Dio nel contesto della vita sociale, culturale e politica, il Papa ha sottolineato che questa rinnovata presenza dipende dalla capacità educativa della Chiesa soprattutto nei confronti delle nuove generazioni.

Questi, come ha detto il Papa a Loreto, saranno i protagonisti della missione del terzo millennio, e quindi i possibili collaboratori della nascita di una società diversa da questa un po’ infame in cui viviamo quotidianamente. La Chiesa deve recuperare la sua capacità di maternità, la sua capacità di educazione.

Questo è certamente un fatto affettivo, ma prima e fondamentalmente è un fatto culturale. Occorre che la Chiesa in tutte le sue articolazioni, quali la famiglia, la parrocchia, i gruppi, i movimenti, le associazioni, si renda conto che deve aiutare i giovani a svolgere nel quotidiano ciò che don Giussani chiamava una verifica. L’educazione è la verifica che l’avvenimento di Cristo e la vita, che Egli rende possibile, rispondono più profondamente alle esigenze dell’uomo che non le diverse formulazioni ideologiche, religiose, sentimentali, filosofiche, sociologiche.

La Chiesa deve aiutare i giovani a capire che Cristo è la verità, perciò è il criterio con cui percepire tutta la propria vita e tutti i propri valori; aiutare a capire che Cristo è la carità, cioè la dimensione autentica del cuore dell’uomo, il criterio vero di rapporti con gli altri uomini; aiutare a capire che Cristo apre la vita a una dimensione di testimonianza che deve essere spinta fino agli estremi confini del mondo.

Bisogna che il quotidiano faccia fare questa esperienza di corrispondenza vitale fra la fede e la vita. Se non aiutiamo i giovani a fare questa esperienza, noi ci sottraiamo al nostro compito missionario e, storicamente e umanamente parlando, colpiamo al cuore la nostra identità ecclesiale. Questo era già stato detto da Giovanni XXIII nella Mater et Magistra, in cui aveva affermato che la tragedia della Chiesa moderna è la separazione astratta fra fede e vita, fra fede e impegno sociale, culturale e politico.

Dunque le giornate a Loreto hanno rinnovato la necessità di una Chiesa che, per essere veramente madre, deve essere educatrice, una Chiesa che accompagni i giovani a fare quotidianamente esperienza che Cristo è il fatto vincente della vita personale e della storia umana e sociale.

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