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L'annuncio ai Figli di Israele

Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Rembrandt, San Paolo

Nell’annuncio ai Figli di Israele, è ovvio che l’insegnamento del ex rabbino Saulo - per più di quindici anni istruito ai piedi di Gamaliele nell’esatta osservanza della Legge dei padri (cf At 22, 3) - sia molto tributario all’ebraismo, dal quale del resto il cristianesimo non può prescindere, essendo la seconda Alleanza che compie la prima.
Molti temi toccati si ritrovano nell’insegnamento rabbinico del tempo: fine dei tempi, Adamo (cf Rom 5, 12), ecc.. Rabbinico è il procedimento - simile al metodo di Socrate e alla diatriba degli stoici - che, in un dialogo immaginario, introduce interrogativi e dubbi che portano a spiegazioni più decisive (chiaro esempio in Rom 3 e 4). Frequente l’interpretazione delle Scritture mediante i midrashim: sulla giustificazione di Abramo (cf Gal 3 e Rom 4), su Sara e Agar (cf Gal 4), sul velo di Mosé (cf 2Cor 3, 7ss), su «la pietra era Cristo» (1Cor 10) e soprattutto sulla promessa fatta ad Abramo (cf Rom 9 e 11).
Circa i contenuti della predicazione agli «uomini d’Israele», s. Luca ce ne fornisce una sintesi, mettendoli in bocca all’apostolo, che ha accettato l’invito dei capi della sinagoga di Antiochia di Pisidia, dopo la lettura della Legge e dei Profeti nella riunione del sabato (cf At 13, 16-41).
Dapprima (vv 16-25), riassume la storia del popolo d’Israele, a partire dalla scelta dei patriarchi e dall’esodo, proseguendo con il cammino nel deserto e la conquista della terra di Canaan, i tempi dei Giudici e dei Re, fino a Davide, dalla cui discendenza «secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù» (v. 23). Questa rilettura dell’Antica Alleanza come preparazione della venuta di Cristo ricalca quella di Stefano (cf At 7, 1-53), con un cenno finale alla testimonianza del Battista: «Viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali» (v. 25).
In seguito (vv. 26-39), alla «stirpe di Abramo» viene annunciata la «parola di salvezza», la «buona novella»: Dio compie la promessa giustificandoci in Cristo morto e risorto, rifiutato da coloro che conoscevano le profezie, testimoniato dai discepoli. Qui si riconoscono gli stessi argomenti di Pietro (cf At 3, 12-26), tranne la giustificazione attraverso la fede.
Il discorso termina (vv. 40s) con un monito severo: «Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti: Mirate, beffardi, stupite e nascondetevi, poiché un’opera si compie ai nostri giorni, un’opera che non credereste, se vi fosse raccontata (Ab 1, 5)».
Quanto agli esiti di tale annuncio, sappiamo purtroppo quali fossero di solito: dopo una prima entusiasta accoglienza e interesse ad approfondire (cf At 13, 42s; 17, 4. 11), non soltanto veniva opposto il rifiuto, ma seguiva la denuncia alle autorità romane, che spesso imprigionavano, percuotevano e espellevano, unicamente preoccupate dell’ordine pubblico e per sedare tumulti (cf At 13, 50; 14, 2-5. 19; 17, 5. 13; 18, 12, ecc.).