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Benedetto XVI a Marcello Pera 3: l’identità europea

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
«Di importanza fondamentale è la Sua analisi di ciò che possono essere l’Europa e una Costituzione europea in cui l’Europa non si trasformi in realtà cosmopolita, ma trovi, a partire dal suo fondamento cristiano-liberale, la propria identità».

Con le grandi domande sul liberalismo, sul relativismo e sul multi culturalismo si connette la questione dell’Europa e della sua identità e unità, in rapporto al ruolo che ha avuto ed ha in Europa il cristianesimo. A questa questione è dedicato tutto il secondo capitolo del libro. Pera individua la ragione chiave delle persistenti difficoltà del processo di unificazione dell’Europa, e in particolare dei fallimenti registrati a proposito della “carta Europea”, nel rifiuto di riconoscere adeguatamente il ruolo svolto dal cristianesimo per la formazione dell’Europa e della sua identità e unità, in rapporto al ruolo che ha avuto e che ha in Europa il cristianesimo. A questa questione è dedicato tutto il secondo capitolo. Pera individua la ragione chiave delle persistenti difficoltà del processo di unificazione dell’Europa, e in particolare dei fallimenti registrati a proposito della “Carta europea”, nel rifiuto di riconoscere adeguatamente il ruolo svolto dal cristianesimo per la formazione dell’Europa e della sua identità e anche per la costruzione dello stato liberale: è vero infatti che le tradizioni dell’Europa sono composite e che nell’arco dei secoli è avvenuta un’ampia mescolanza di culture, ma l’anima dell’Europa è il cristianesimo, che ha articolato, fuso e portato ad unità queste diverse culture e tradizioni, componendole in un quadro che ha fatto dell’Europa il “continente cristiano”. Il 19 marzo 1958, di fronte al primo Parlamento europeo, Schuman, artefice e motore della prima Comunità, disse: “tutti i paesi dell’Europa sono permeati di civiltà cristiana. Essa è l’anima dell’Europa che occorre ridarle”. Analogamente De Gasperi aveva scritto: “come concepire un’Europa senza tener conto del cristianesimo, ignorando il suo insegnamento fraterno, sociale, umanitario?”. E proprio ricordando gli sforzi europeisti di De Gasperi, Adenauer scrisse: “consideravamo meta della nostra politica estera l’unificazione dell’Europa, perché unica possibilità di affermare e salvaguardare la nostra civiltà occidentale e cristiana contro le furie totalitarie”. E tutt’ora il cristianesimo, come ha riconosciuto Habermas, è la sorgente a cui si alimenta quello che lo stesso Habermas definisce “l’autocomprensione normativa della modernità”, senza che siano disponibili a tutt’oggi opzioni alternative. La consapevolezza di questa comune ricchezza, diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, può aiutare le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco rispetto dei giusti diritti di ogni nazione e nella pace, non cessando di rendere i servizi necessari al bene comune di tutta l’umanità e al futuro dell’uomo su tutta la terra. Non riconoscere questo dato decisivo, e voler fondare invece l’unità europea soltanto su di un astratto “patriottismo costituzionale”, come sembra proporre Habermas, lascia l’Europa senza una precisa identità e senza un principio realmente unificante. Voltare le spalle al passato, cioè alla storia reale dei singoli Stati europei e dei loro tribolati rapporti, e volgere lo sguardo solo al futuro secondo la modalità progressista, cioè al disegno ideale di un’unica nazione europea e, ancor più ambiziosamente, di un unico Stato europeo, articolato in forma adeguata. “voltare le spalle al passato” non significa propriamente dimenticare o cancellare ciò che è accaduto, perché la storia reale dell’Europa – in particolare, le vicende recenti di nazismo, fascismo, comunismo, antisemitismo, e tutto il resto – non può essere dimenticata perché il passato può sempre ritornare. Il Cristianesimo non è un’esperienza storica superata da nuove forme di redenzione umana, ma si mostra, culturalmente è e, per chi ha fede, sarà sempre la “novità” per eccellenza, al di là di tutti i ritrovati che l’uomo, con le sue sole forze, saprà escogitare nel corso della storia. La recente storia europea ci documenta che l’aver ceduto alla tentazione di lasciare il Cristianesimo per altre ideologie ritenendole più “avanzate” o più efficaci, non è stato senza rapporto con le catastrofi nelle quali è precipitata, sperimentando forme di barbarie sconosciute agli stessi antichi pagani. Oggi l’Europa anticristiana, senza una sua precisa identità e un principio realmente unificante divide lo stesso Occidente e la allontana dall’America. Per questo Pera, incontrando il forte consenso di Benedetto XVI, conclude senza esitazioni: “L’Europa deve dirsi cristiana”.

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