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Perché andare in pellegrinaggio in Terrasanta oggi?

Fonte:
CulturaCattolica.it
Risponde Sobhy Makhoul (testimonianza raccolta da Filippo Landi, corrispondente Rai da Gerusalemme - in "Tracce" n. 4, aprile 2006)

Da cristiano che vive in Terrasanta, rispondo a questa domanda, tenendo conto della situazione locale, regionale e mondiale.
1) Far capire ai palestinesi, ai musulmani e agli israeliani ebrei che per i cristiani la Terrasanta è molto importante, perché rappresenta il luogo dove sono nati spiritualmente. Da sempre, si è cercato di neutralizzare il ruolo della Santa Sede e la sua proposta di fare di Gerusalemme un territorio a statuto internazionale speciale. Perché l’interesse della Santa Sede va oltre l’interesse politico di ciascuna parte. La Terrasanta non è proprietà esclusiva di nessuno. I luoghi santi sono un patrimonio dell’umanità.
2) Attraverso i pellegrinaggi si aiuta a garantire la libertà di accesso ai luoghi santi, che per nessun motivo deve essere negata a nessuno. Oggi a Betlemme ci sono generazioni di giovani cristiani che non sono mai entrati nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, che dista da loro solo nove chilometri.
3) L’afflusso dei pellegrini dimostra l’universalità della Chiesa, e rafforza i rapporti con la Chiesa locale, così che i cristiani che vivono in questi luoghi non si sentono soli e abbandonati nelle loro difficoltà, ma rafforzati nella loro fede.
4) I pellegrinaggi hanno un valore educativo: aiutano la comunità cristiana a scoprire il senso della sua presenza in Terrasanta e a vivere la sua missione nel suo ambiente.
La Terrasanta vi aspetta!

Ecco per finire altre testimonianze dal “nostro” pellegrinaggio:
… dopo i primi due giorni mi sono accorta che una sottile delusione velava la contentezza di stare con tutti voi.
E mentre domandavo a me stessa come mai quei luoghi, oltre a non commuovermi mi sembravano abbastanza pallidi e disordinati, mi sono accorta che li stavo trattando come rovine o comunque come resti di un passato, reale, ma pur sempre passato.
Il vero, reale, commovente valore di quei luoghi è il fatto che l'esperienza cristiana iniziata lì, proprio e lì e non da un'altra parte, sia a un certo punto arrivata fino a me.

Bellissimi gli incontri con Sobhy, Padre Vincent, gli artigiani del legno e le persone dei ristoranti dove pranzavamo. Vedere il Volantone di Natale in Arabo, appeso in uno di questi locali era un segno della stessa appartenenza.

A Cafarnao, nella casa di Pietro, Gesù è stato ospitato a testimonianza dell’amicizia che legava Gesù a Pietro. Lì ho ricompreso di far parte di quella stessa amicizia. Gli amici che mi stavano accompagnando in questo pellegrinaggio li sentivo parte di questa storia…e tutto per grazia di Dio! La casa di Pietro nelle sue spesse mura è la dimora dove anch’io abito! E’ la Chiesa.

…sulle sponde del lago di Tiberiade, dove dopo il rinnovo delle promesse battesimale, ho raccolto delle piccolissime conchiglie come per tenermi un lembo di quella tangibile concretezza del Suo passare.

La traversata del lago di Tiberiade. E’ il mio compleanno e quell’attraversata rievoca l’incedere della vita con le sue tempeste che tanto ci disorientano. Cantiamo insieme “Ma non avere paura” e capisco che la speranza è riposta in un Amore fedele.

Tre sono i segni speciali di amicizia e di testimonianza che desidero trattenere: la presenza dei Francescani della Custodia della Terra Santa fedeli al compito di missionari e di germogli di pace. Senza di loro quelle pietre non sarebbero pietre vive!
L’incontro con Sobi uomo certo della speranza “L’appartenenza a Cristo è l’unica possibilità per vivere felici. Siamo sicuri che la vittoria già l’abbiamo! Per questo non dobbiamo rinunciare alla nostra identità, non dobbiamo perdere la coscienza di chi siamo.”
La testimonianza di Padre Vincent . Con semplicità ha raccontato senza mai lamentarsi delle fatiche che condivide non solo con i cristiani ma anche con i mussulmani perché quando l’uomo soffre non si fanno distinzioni.
Quando si riceve una grande Grazia si è grati e si desidera ringraziare chi l’ha donata.

È stato nell'orto degli ulivi che un secondo SI ha cambiato il destino del mondo: in quel posto mi è parso di avere davanti agli occhi Gesù che pregava "Padre, tutto è possibile a Te ! Allontana da me questo calice ma se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la Tua volontà!". Mi sono associato alla preghiera di Gesù e alla fine della stessa mi sono sentito pronto a qualsiasi prova il Signore avesse voluto darmi; Dio è padre ed il suo disegno finale non può essere che buono: mentre pensavo questo nel mio cuore nasceva la paura di tornare dal viaggio alla vita di tutti i giorni; nasceva la paura del momento in cui Dio avrebbe potuto chiedermi qualche altro sacrificio. Chiedo a Gesù di aiutarmi a ripetere il mio sì tutte le volte che ce ne sarà bisogno.

E' stata per me un'esperienza unica : la mia fede spesso vacilla, nella mia mente ci sono tanti perché ai quali non so rispondere e se trovo delle spiegazioni non sempre riesco ad accettarle.
Vedo nelle persone di fede una luce diversa nei loro occhi, sono sereni e pieni di entusiasmo. Stare in loro compagnia e visitare i luoghi dove Gesù e' vissuto mi ha aiutato a rafforzare la mia fede perché senza di Lui io non sono niente.

Mi ha mosso a essere testimone, poiché ciò che raccontavo non era il solo itinerario di viaggio, ma la storia che quel luogo rappresenta: le nostre origini, la nostra fede.

Se non fosse stato per l’esperienza educativa e di fede che condividiamo con questi amici, probabilmente avrei rinunciato al viaggio. Avrei perso però l’opportunità di una ricchezza di incontri con i fratelli che lì vivono in maniera drammatica la loro appartenenza a Cristo, senza per questo scappare o tirarsi indietro, ma testimoniando la loro adesione quotidianamente.

Non passa giorno che io non mi ricordi di quello che ho visto, nel dire una preghiera o nell’ascoltare un brano del Vangelo o in ciò che mi succede perché ciò che ho visto e vissuto non è solo un’insieme di cose, facili da dimenticare, che mi sono piaciute, ma sono cose che stanno segnando ancora oggi le mie giornate.

Il pellegrinaggio è stato l’occasione per riscoprire più profondamente che la fede, oggi come allora, è fatta di concretissimi, luoghi, volti e incontri. L’avvenimento è lo stesso, nessun discorso: il Mistero diventa carne per accompagnarci, per coinvolgerci in un rapporto con lui che ci rende certi della Sua presenza e lieti.

Mi porto a casa la certezza di essere stata scelta e pertanto grata e carica di responsabilità e che senza Cristo la mia umanità non si compie.

Io vorrei vivere sempre con la radicalità e intensità con cui ho vissuto la maggior parte del pellegrinaggio in Terra Santa, ma non ne sono capace, perchè sono distratta da mille cose e soprattutto dal mio male.
Però la preghiera dell’Angelus, dopo il viaggio in Terra Santa, ha un altro sapore, quello della realtà e dell’Avvenimento qui ed ora.

Questo viaggio in Terra Santa è stata la verifica e la conferma dell’attenzione che Gesù ha di me attraverso le persone che mi hanno accompagnato. La consapevolezza di un bene ricevuto che mi fa consistere, che non mi lascia, e nelle circostanze di alcuni amici mi riafferra con affettuosa e commovente compassione.

Ora, a casa, quando sento proclamare nei Vangeli quello che Gesù insegnava e viveva, posso rivivere realmente quei FATTI, tanto da sentirmi trasportare in quei luoghi in modo che la mia Fede possa riconoscere sempre più l’Avvenimento di Cristo!

….mi è stato chiaro via via nel tempo, ma soprattutto quando poi eravamo lì, che ero stato convocato, che tutti misteriosamente, coscienti o meno, eravamo convocati. Piccolo pezzo della grande chiamata, ma identica modalità: e la risposta a questa convocazione, semplice, sussurrata quasi, ma la mia libertà era ugualmente messa, rimessa, in gioco. L’esito è stata la familiarità. Come frutto previsto ma ugualmente inatteso, questa strana scoperta, questo dono imprevisto della maggior familiarità con Gesù. Dell’incremento di familiarità, di un amico che conosci da sempre, ma che ti accoglie nei luoghi dove era vissuto e di cui ti aveva sempre parlato. Ecco, è qui il monte; ecco guarda: è questa la spiaggia, e così via. Questa familiarità è poi cresciuta anche tra noi, dono rimbalzato e pure questo inatteso, e i canti erano come un “darsi il gomito” amicale: “Ecco, era qui! Ecco è questo il senso” e lo stare insieme ha come goduto sempre di questa presenza pacificante e amica.

Grazie a Miriam Leonardi, Lorenzo Mazzoni, Marina Seregni, Elena e Luigi Zucchetti per le fotografie a commento delle cronache.

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