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In classe si vive, non si recita

Fonte:
CulturaCattolica.it

E’ un brutto vizio, anzi, un viziaccio, quello di usare i giovani come delle comparse.
Accade, ad esempio, quando gli adulti, se scioperano, portano a seguito i figli, muniti di bandiere, magliette o cartelloni di cui per lo più non conoscono il significato. Bambini e ragazzi aumentano il numero, sono contenti perché saltano un giorno di scuola e pazienza se non sanno perché si trovano in piazza, o per cosa.
Accade quando il Lucignolo di turno li convince a bigiare le lezioni e partecipare ad una manifestazione (il più delle volte “contro” qualcuno o qualcosa. Quante manifestazioni arcobaleno, fintamente “per” la pace, urlavano slogan contro questo e contro quell’altro! Quante manifestazioni di protesta sulla nuova riforma scolastica han fatto sfilare per giorni ragazzi che il testo della riforma non l’avevano mai letto, nemmeno in versione Bignami!).
Accade quando si fanno entrare in palcoscenico bambini o ragazzi che non serve dicano nulla. Basta ci siano. Comparse, appunto. Appoggiano il loro zainetto a terra, prendono bene la mira, e con l’impeto che è stato loro insegnato durante le “prove”, scagliano finte granate in faccia a Cristo.
Sì, lo so, è solo un’immagine di Cristo, mica Lui in Persona! Lo so che è “solo” una riproduzione del dipinto vero di Antonello da Messina e non l’originale, conservato alla National Gallery di Londra! Lo so che il regista, Castellucci, ha ripetutamente detto e scritto che “è un gesto innocente portato da innocenti”. Lo so.
Però non c’è giustificazione quando si usano i giovani. Mai. Nemmeno quando, raccontando loro la storiella che quella è l’occasione – unica! – di lavorare con un regista e sceneggiatore noto in tutto il mondo, per qualche minuto di notorietà, o qualche euro, li si convince che, in fondo, si tratta di “una scena come un’altra”. Dovete imparare la parte e recitare. E’ tutto finto, è un gioco, gli avran detto.
Loro (Francia o Italia non conta: i giovani sono giovani a qualsiasi latitudine, in qualsiasi continente!) eseguono ubbidienti, credendo – ingenui! – che il regista li prenda per attori veri. Gli garantisca una scrittura per lo spettacolo prossimo venturo. Quella volta, forse, parleranno, diranno qualcosina, impareranno un copione, delle battute, reciteranno per davvero. Un giorno, forse, saranno famosi. Forse… Adesso si accontentino.
E quanti “adesso” subiscono, inconsapevoli, i ragazzi che usiamo come burattini, e che sperano, invano, si realizzino le nostre promesse bugiarde!
Non credo che Castellucci o il suo staff abbia spiegato a quei bambini e a quei giovani muniti di granate (giocattolo) la lettura politica, psicanalitica, sociologica, religiosa (?), postmoderna dell’opera nella quale, comparse, sono stati fatti entrare. Forse qualcosa dell’odore che sentivano in scena sì, gliel’avran detta. Ma lo conoscono, quell’odore, quindi no. Non c’era nulla da spiegare. Dopo la “scena X” uscite voi, secondo l’ordine prestabilito, e fate quel che è stato detto di fare. Punto.
Non so cosa possa passare per la testa di un giovane cui viene chiesto di entrare in scena così e di lanciare bombe così. Penserà che questa sia “arte”, la migliore possibile? O che la vita, quella vera, sia come lì viene rappresentata: dolore infinito, e merda fino al collo sempre, e figli che si ribellano ai padri (e al Padre) fino a distruggerli? Penserà che la violenza è una risposta come un’altra o, nei momenti di rabbia, lucido, riuscirà a distinguere la violenza alla persona in carne ed ossa, che è diversa da quella ad un dipinto vero di incalcolabile valore, che è diversa da quella alla riproduzione del dipinto, che è diversa dalla violenza che si compie accanendosi contro un volto che un altro Volto richiama?
Ma c’è una domanda che più di tutte mi inquieta, quando penso ai giovani usati, qui e in tutto il mondo, come delle comparse. Chissà se, prima di farli andare, inconsapevoli, agli scioperi, alle manifestazioni, sul palcoscenico, qualcuno ha guardato negli occhi quei ragazzi ed ha chiesto loro cosa pensassero di ciò che si apprestavano a fare. Non ho scritto “chissà se qualcuno ha loro spiegato cosa dovevano fare”, ho scritto “cosa pensassero”. L’ho scritto consapevolmente, e con la tristezza nel cuore.
You are not my shepherd”, ad esempio. Quando il rinomato regista Castellucci ha “spiegato” (?) il senso (?) della scritta che compare sul volto squarciato del Cristo, avrà domandato ai suoi giovanissimi attori se ritengono che oggi ci sia bisogno di maestri oppure no?
Hanno una testa, i ragazzi. E pensieri, e domande, e desideri. Chissà se ce ne ricordiamo. Chissà se desideriamo tenerne conto, occuparcene, ascoltarli… Sappiamo cosa vogliono davvero?

Oggi sono entrata in classe ed ho dato la penna e la parola ai miei studenti di prima liceo. Ho posto delle domande e poi sono stata zitta. Ad alta voce abbiamo letto ciò che avevano scritto.
In classe si vive, non si recita; i ragazzi sono tutti protagonisti e non esistono comparse. E’ solo così che si può crescere insieme.


  • Uno tra i punti di riferimento più importanti che ho avuto, e ho ancora, è sicuramente mia mamma. Lei è la persona più importante che ho. Mi è stata sempre vicina, nel bene e nel male, e mi ha sempre sostenuta. Vuole solo il mio bene e fa qualsiasi cosa per rendermi felice.Ogni suo atteggiamento è sempre un insegnamento.
    I sacrifici che ha fatto per me sono una cosa stupenda: è andata via dal suo paese, mi è sempre stata a fianco quando stavo male e lo fa ancora; ha passato momenti orrendi, ma li ha sempre affrontati con speranza e con il sorriso. Fa di tutto per aiutarmi a crescere nel migliore dei modi, non facendomi mancare niente.
    Mi ha sempre insegnato ad impegnarmi al massimo per ottenere quello che desidero, a comportarmi bene con tutti e soprattutto ad essere sincera e a non avere paura di niente e di nessuno.
    Mi protegge sempre, in ogni occasione.
    La vedo che soffre molto ogni volta che sto male, ma mi dà coraggio nell'andare avanti in ogni occasione, perché bisogna sempre avere una speranza. Vorrei poterle assomigliare anche solo la metà, perché sarebbe magnifico. Dire che le voglio bene non avrebbe senso, perché non racconta niente del sentimento che provo nei suoi confronti, che è indescrivibile. Per lei farei qualsiasi cosa, e le auguro che tutti i suoi sogni si avverino perché è una persona fantastica!

  • Io non credo di avere un maestro di vita e se ce l'ho non so chi sia, non riesco a riconoscerlo.
    Ricordo solo che da piccola ammiravo mio fratello e che lui era tutto ciò che avrei voluto essere io da grande. Mi piaceva il suo modo di essere felice, il suo bellissimo sorriso sempre stampato sulla faccia, che a parer mio poteva far invidia al sole. Amavo il suo abbraccio stretto che sin da piccola era capace di farmi tremare l'anima; la sua allegria e il suo entusiasmo per la vita mi facevano pensare che tutto fosse perfetto.
    I fratelli solitamente sono le persone con le quali si litiga, con le quali ci si arrabbia o che si dice di non poter sopportare, ma con lui era tutto diverso.
    Ora che sono più grande sento sempre dire che la perfezione non esiste, eppure io credevo che lui fosse perfetto. Da lui ho imparato molto ed è stato un grandissimo esempio per me; ovunque sia, adesso che non è più qui, spero sia fiero di me e sappia che mi manca da morire…

  • Fin da quando ero piccola, mio papà è stato il mio punto di riferimento, il mio “maestro”. Mi ha guidata nella crescita, nella vita, nelle mie scelte, nelle decisioni. Mi ha sempre consigliato cosa fare nei momenti di difficoltà, senza però obbligarmi, e mi ha aiutata nei momenti più tristi. E’ una persona importante per me, perché se sono diventata come sono, la maggior parte del merito va a lui, che da sempre mi ascolta e mi dà consigli su come proseguire al meglio. Spesso mi ripete che le decisioni da prendere le devo prendere IO e solo IO, senza farmi condizionare dagli altri; se scelgo di fare qualcosa deve essere solo per mia volontà e mi devo impegnare per realizzare quella cosa nel modo migliore. Mi dice di tenere sempre la testa alta e di non farmi “calpestare” dalle persone, e mi insegna inoltre a rapportarmi come si deve con chi ho davanti. Spesso lo osservo, guardo come si comporta e cerco di imitarlo, di imparare da lui, che ha molta più esperienza di me perché è adulto. Certo, anche lui ha commesso i suoi errori nella vita, ma da quegli errori ha saputo imparare; si è accettato così com’è e si è convinto ad andare avanti. E’ questo che mi insegna: a non scoraggiarsi mai e a pensare a come riparare ai propri errori, così da continuare al meglio per la propria strada. Mio papà è stato ed è tutt’ora una guida per me, senza la quale sarebbe difficile continuare quel lungo e a volte faticoso cammino chiamato vita.

  • Secondo me, al giorno d’oggi, è molto importante avere dei “maestri”, soprattutto alla mia età. L’adolescenza è un periodo particolare, nel quale si devono compiere delle scelte che sono determinanti per la vita; perciò, per prendere queste decisioni, è utile avere una persona a fianco, qualcuno che abbia già passato questa fase della vita e che possa aiutarci a fare la scelta giusta. Il “maestro” deve essere un punto di riferimento, qualcuno da seguire e da imitare. E’ bene che sia al nostro fianco quando ne abbiamo bisogno, nei momenti di smarrimento e in quelli d' incertezza. Deve aiutarci a scoprire il mondo. È come avere un angelo custode che ci vede crescere, ci avverte quando sbagliamo e ci insegna cosa vuol dire vivere. È una persona di cui ci si può fidare ciecamente e a cui si possono confidare problemi e perplessità.

  • Penso che al giorno d’oggi sia importantissimo avere un “maestro” e può ritenersi fortunato chi ne ha uno.
    Pur essendo d’accordo con il fatto che ognuno deve pensare con la propria testa, credo che molti giovani spesso avrebbero bisogno di una guida, un punto di riferimento che li indirizzi verso la strada giusta quando sono nell’errore, specialmente in quest’età ricca d’insicurezze e responsabilità.
    Un “maestro” può essere un amico più grande, un familiare, un insegnante… sta a noi trovare la persona con cui ci relazioniamo meglio e che crediamo possa essere d’aiuto quando non sappiamo a chi rivolgerci per chiedere un consiglio.
    Credo che il problema di molti adolescenti non sia quello di non trovare un “maestro”, ma che spesso pensino di potersela cavare da soli; perciò il loro orgoglio (o il loro imbarazzo) li spinge a non chiedere una mano ad un adulto che invece li potrebbe aiutare, non solo per risolvere i problemi nella quotidianità ma anche per prepararli ad entrare nel mondo degli adulti dove ognuno è responsabile delle proprie azioni, dove non ci sono i genitori a proteggerti e a guardarti le spalle.
    Nei casi più gravi, e purtroppo sempre meno rari, la mancanza di una guida nella vita di un ragazzo non gli permette di imparare i valori più importanti, come il rispetto per se stessi e per gli altri.

  • Ognuno di noi ha bisogno di un “maestro”. Io penso che sia fondamentale. Un maestro è qualcuno che ha più esperienza di te, qualcuno che ti sappia insegnare, che ti possa raccontare le sue esperienze, i suoi errori e ciò che da essi ha imparato. E’ qualcuno che sappia dirti bravo quando sei nel giusto e che sappia sgridarti quando sei nel torto. Ognuno di noi ha bisogno di un punto di riferimento, di una sorta di “braccio destro” che non ti lascia mai solo e che non è mai stufo di aiutarti, di consigliarti e di starti vicino. Nella vita è importante avere delle certezze ed essere sicuri che c’è almeno una persona al mondo che ti vuole davvero bene e che ti farà sempre vedere uno spiraglio di luce quando tutto attorno si farà buio. Io questa persona l’ho trovata e spero di non perderla mai.

  • Nella maggior parte dei casi, i “maestri” di noi ragazzi sono gli adulti che ci sono più vicini (genitori, nonni, fratelli maggiori, amici di famiglia…). Secondo me è importante avere dei maestri, perché abbiamo bisogno di punti di riferimento in cui trovare sicurezza. Anche se più vecchi di noi, questi “maestri” possono darci consigli preziosi, oppure aiutarci a risolvere dei problemi che un nostro coetaneo, non avendo esperienza, non può saper risolvere. Così come si impara dalla storia passata, noi impariamo dagli adulti. Qualsiasi raccomandazione fatta dalle persone più grandi di noi, dovremmo capire che è un aiuto importante di cui dovremmo fare tesoro, che ci servirà in futuro e che ci seguirà per tutta la vita. Dato che hanno molta più esperienza di noi, se ci sgridano o ci suggeriscono qualcosa è per insegnarci a vivere, a comportarci e rapportarci con il mondo attorno a noi. Inoltre, i consigli da loro dati servono alla formazione del nostro carattere, ad essere più forti e sicuri di noi stessi e ad imparare a distinguere il bene dal male. Molte volte è difficile parlare con le persone più grandi di noi, perché temiamo che non possano comprenderci del tutto, poiché sono “di altri tempi”, ma alla fine non sono molto diverse da noi, perché hanno vissuto i nostri stessi problemi e possono insegnarci quello che hanno capito dai i loro errori.

  • Alla nostra età sembra tutto semplice, quando ci troviamo di fronte alle cose già fatte, già risolte e senza problemi; a volte siamo ambiziosi e vogliamo fare di testa nostra e spesso ci riusciamo anche, ma alle prime difficoltà ci fermiamo. Spesso ci sembrano problemi insuperabili; cerchiamo con tutte le nostre forze di risolverli, ma non riusciamo a trovare il bandolo della matassa. E’ allora che, nostro malgrado, siamo costretti a chiedere aiuto a chi ne sa più di noi. La maggior parte delle volte entrano in campo i genitori che, dall'alto della loro esperienza, ci consigliano come risolvere i nostri piccoli problemi quotidiani (piccole incomprensioni con le amiche, problemi fisici e di salute, ecc...). Parlando con loro, riusciamo a risolvere con facilità anche quello che a volte per noi sembra insuperabile. A loro dobbiamo affiancare i nostri insegnanti, che ci aiutano tutti i giorni a far sì che ci formiamo nel miglior modo possibile, per poter affrontare il nostro futuro, così da imparare, nel tempo, a risolvere da soli le difficoltà che troveremo man mano che ci inseriamo nel mondo del lavoro.
    La vita è piena di grandi maestri: gente che ha segnato anche la storia del mondo per le proprie idee o per le cose fatte. Ogni era ha sempre avuto i suoi maestri e noi dobbiamo far tesoro di ciò che ci hanno insegnato coloro che ci hanno preceduto.

  • Avere dei “maestri” è importante, perché possono consigliarci e darci aiuto quando ne abbiamo bisogno. Specialmente per noi ragazzi, avere dei punti di riferimento affidabili, come possono essere i genitori, i parenti più vicini, ma anche gli amici e le persone al di fuori della famiglia, è davvero molto importante, perché sai che puoi contare su qualcuno che non ti deluderà. I “maestri” possono insegnarti tante cose e ti aiutano a “costruirti” un carattere. Se si è circondati da persone che ci insegnano cose importanti e che ci indirizzano verso ciò che è meglio per noi, allora possiamo ritenerci fortunati. Io, ad esempio, non potrei mai stare senza i miei genitori, perché so di poter raccontare loro tutto, di poter contare veramente su di loro. Ci sono però delle cose che so di dover fare da sola, senza aiuti. Il fatto di avere dei “maestri” non vuol dire, quindi, dipendere da loro e che ogni cosa che dicono è giusta: dobbiamo anche ragionare seguendo il nostro pensiero. In conclusione, avere delle figure di riferimento è importante per tutti, ma le decisioni, alla fine, siamo noi a prenderle.

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