Valutare: la verifica - 4
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Si tratta della modalità operativa della valutazione, cioè “si rende vero” il processo d’apprendimento dell’alunno; essa non è riducibile ad un controllo “fiscale” dell’impegno/studio dei ragazzi: è una cordiale, precisa, puntuale sollecitazione del docente al desiderio di imparare del ragazzo. La verifica è una modalità con cui il docente permette al ragazzo di esprimere il suo “valore”, le sue capacità, le sue attitudini; il docente così esplora l’io in azione del ragazzo teso a soddisfare il suo desiderio di conoscenza.
La verifica è uno strumento che giudica i passi dell’ apprendimento, non definisce, non codifica in modo immutabile il cammino didattico. Essa è uno strumento agile e aperto, che non mortifica l’intelligenza o l’impegno del ragazzo. Essa rilancia sempre verso la positività di un percorso didattico, anche se l’esito è momentaneamente negativo, perché il docente è chiamato a sperare sempre nel cambiamento dell’alunno. Certo, ogni giorno si ha a che fare con la demotivazione, la pigrizia, il disimpegno, la facoltatività dello studio, la distrazione, e gli esiti possono essere scoraggianti. E allora? Questo fa parte della drammaticità del nostro mestiere: quotidianamente noi siamo di fronte alla libertà del ragazzo. D’altro canto, ci sono anche la passione, la curiosità, la voglia di imparare, la tenacia che gli alunni possono dimostrare. Comunque si ricomincia sempre, ogni giorno con loro, sussurrando, gridando, sanzionando (quando necessario), ma sempre con uno sguardo denso di positività.
Verifica agile, cioè diversificata e frequente: dal questionario all’interrogazione, dalla prova scritta, all’esame del testo: l’alunno deve acquisire un’adeguata preparazione in tutte le discipline. Sulla scansione delle verifiche ci si deve confrontare tra docenti, perché realisticamente i ragazzi non si trovino sovraccaricati di prove concentrate tutte nello stesso periodo.
In conclusione: la valutazione e la verifica sono operazioni delicatissime del nostro mestiere; possiamo anche sbagliare nella formulazione dei giudizi analitici e globali, ma non è questo il problema. Ciò che conta è un confronto costante, cordiale, comune che permetta un giudizio che sia il più possibile vicino a quello che il ragazzo sa, a quello che il ragazzo è, a quello che il nostro educare/insegnare rischia quotidianamente nell’avventura della propria professionalità.