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"La boutique del mistero" 3 - "Eppure battono alla porta"

Fonte:
CulturaCattolica.it

L’aspetto misterioso dell’esistenza può prendere anche le sembianze di un evento grave, imponderabile che incombe sulla normalità della vita e la minaccia, mentre si vorrebbe far finta di niente e continuare a vivere come se nulla fosse.
E’ questo il tema di fondo di uno dei racconti più lunghi della raccolta: “Eppure battono alla porta”.
La scena si apre su una villa veneta abitata da una famiglia evidentemente benestante e dallo stile di vita borghese. L’ipotesi che l’ambiente sia quello della val Belluna familiare a Buzzati è giustificata dal nome della proprietaria, signora Maria Gron. Gron è infatti un piccolo paese nei dintorni di Belluno.
Dalle prime battute del racconto si intuisce che qualcosa di inquietante grava sul clima della famiglia raccolta nella sala del pianterreno, ma la padrona di casa si premura di difendere le proprie consolidate abitudini da qualsiasi interferenza esterna che ne possa turbare l’equilibrio.

La signora Maria Gron entrò nella sala al pianterreno della villa col cestino da lavoro. Diede uno sguardo attorno, per constatare che tutto procedesse secondo le norme familiari (…)
Era già notte e come al solito le imposte degli alti finestroni erano state sprangate. Pure dall’esterno giungeva un ininterrotto scroscio di pioggia. In fondo alla sala, verso il vestibolo dell’ingresso, un solenne tendaggio rosso chiudeva la larga apertura ad arco: a quell’ora, per la poca luce che vi giungeva, esso sembrava nero
. (…)
Con“cortese indifferenza”, un “sorriso di precauzione” o con “impeccabile scioltezza” la signora Gron, impegnata a tenere tenacemente tutto sotto controllo, cerca di evitare “argomenti ingrati” o tutto ciò che di “spiacevole” “bisognava quindi tacere” se non altro per un “senso di opportunità” dovuto in “una casa di signori”.
Con accanimento si oppone quindi a tutto ciò che dall’esterno può attentare alla tranquillità ovattata della casa, fino a negare ostinatamente l’evidenza:
“Ma non sentite, signora? Il fiume qua sotto, non sentite?”
“No, non sento, non sento niente - rispose lei, pure sottovoce, recisa.

EPPURE (questa infatti si può considerare la parola chiave del racconto, evidenziata già nel titolo), eppure, mentre tutti fanno finta di non sapere, guidati dalla regia impeccabile di Maria Gron, la realtà ha il sopravvento e il fiume che ormai a causa delle piogge ha rotto gli argini, ora minaccia di trascinare via con sé l’intera villa.
“ Ed ecco per la seconda volta quel rombo sordo e inquietante” (…)
“ E dal bordo inferiore del cupo tendaggio videro avanzare lentamente, strisciando sul pavimento, una informe cosa nera”(…)
“Mentre gli inesplicabili tonfi si mutavano in un rombo pressoché continuo simile a rotolìo di botti nelle fondamenta della casa”
(…)
Finchè, provocata dall’inesorabile intrusione della realtà nemica nella difesa ostinata del suo patinato mondo borghese, anche la signora Gron è costretta ad ammettere l’emergenza.
Ma ammettere non significa accettare.
Oh no! No!- proruppe infine la signora Maria, esasperata. “Oh, non voglio! I miei fiori, le mie belle cose, non voglio, non voglio! – la sua bocca ebbe un tremito, la faccia si contrasse quasi scomponendosi, ella stava per cedere. Poi con uno sforzo meraviglioso, sorrise. La sua maschera mondana era intatta" (…)
Come non riandare con la memoria al sorriso del tenente Angustina o dello stesso Drogo nel “Deserto dei Tartari” colti dalla morte in un estremo sforzo di stoica dignità?
Non basta però l”aristocratico sprezzo” della signora Gron a “intimidire l’abisso”: il lato misterioso della realtà ha dunque il sopravvento nelle forme più impensate.
Buzzati ne avverte continuamente gli indizi che traveste di suggestive metafore, come accade nella conclusione di questo inquietante racconto:
C’è qualcuno che batte alla porta” (…) “Chi volete che sia?”(…)“ Non c’è nessuno, naturalmente, oramai. Pure battono alla porta, questo è positivo. Un messaggero forse, uno spirito, un’anima, venuta ad avvertire. E’ una casa di signori questa. Ci usano dei riguardi, alle volte, quelli dell’altro mondo”.

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