“La giornata di uno scrutatore” di Italo Calvino 5 – Un nuovo inizio è sempre possibile
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Bellezza e felicità
Di fronte alla realtà del Cottolengo Amerigo non pensa più «all’insensato motivo per cui si trovava lì» (verificare la correttezza delle votazioni), ora gli interessa la natura dell’uomo e quando un essere umano possa dirsi ancora tale: la tristezza attonita di un gigante con la smisurata testa da neonato sembra rispondergli che l’io è esigenza di felicità, anche se insoddisfatta. Amerigo si rende conto che di fronte a queste persone si può stare in maniera diversa: vede un contadino, padre di uno di quegli esseri, che «fissa il figlio negli occhi per farsi riconoscere, per non perderlo, per non perdere quel qualcosa di poco e di male, ma di suo, che era suo figlio»; al contrario alla suora non occorre «il riconoscimento dei suoi assistiti, il bene che ritrae da loro è un bene generale, di cui nulla va perso […]. La suora muove lì intorno gli occhi chiari e lieti, come […] in un giardino pieno di salute». Alla vista della letizia di quello sguardo una scrutatrice esclama: «Lei è una santa». Di fronte a questa donna Amerigo riconosce che «vivere come lei, per uno scopo universale (un ideale), sarebbe stato più naturale che vivere per qualsiasi scopo particolare e sarebbe stato possibile ad ognuno esprimere se stesso, la propria carica sepolta, segreta, individuale, nelle proprie funzioni sociali, nel proprio rapporto con il bene comune». Nel perseguire l’ideale l’io si compie, nell’aderire ad una ideologia l’uomo sfiorisce e si intristisce. Amerigo riflette allora sul contadino e sulla suora, sulla loro diversità. Il confronto tra il contadino e la suora è lampante: la suora ha scelto con un atto di libertà, ha identificato «tutta se stessa in quella missione o milizia, eppure – anzi, proprio per questo – restava distinta dall’oggetto della sua missione, padrona di sé, felicemente libera […]. Questo modo d’essere è l’amore; […] l’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo»; il contadino è lì, di fronte al figlio, con una pretesa, ha un obiettivo particolare, il suo sguardo si intristisce nell’impossibile onere di stare di fronte ad un tale spaccato umano, non ha liberamente scelto o meglio non ha accettato.
Un nuovo inizio è sempre possibile
Nell’incontro con la suora Amerigo capisce meglio sé e i suoi rapporti, inizia a guardare la realtà con un’intelligenza diversa. Comprende l’inautenticità del suo rapporto con la fidanzata, Lia, tenuta all’oscuro di tutto, della sua passione politica, delle ragioni del suo impegno sociale. Una scontata monotonia si è impadronita del loro rapporto tanto che Amerigo non si aspetta più nulla; al seggio non si sorprende neppure alla notizia che la sua donna aspetta un bambino, anzi si arrabbia perché il fatto non rientra nei suoi piani e nelle sue aspettative. Il suo stesso rapporto con l’amata è sempre stato impostato in maniera ideologica, la realtà è sempre stata sottoposta al suo pensiero, al pregiudizio, scartata o accettata in relazione a quanto la sua mente ha stabilito. Ora, però, gli sembra tutto chiaro: «Per lo spazio di un secondo (cioè per sempre) gli sembrò di aver capito come nello stesso significato della parola amore potessero stare insieme» la missione della suora, il suo rapporto con Lia e la visita domenicale al Cottolengo del contadino al figlio. Quel secondo in cui lui ha compreso può valere un’eternità: per sempre. Ora Amerigo vuole spiegare tutto a Lia. Amerigo Ormea è, in realtà, Italo Calvino, uno dei grandi classici della narrativa del Novecento. Di lui si è sempre parlato riguardo al suo rapporto col comunismo, con il progresso e con la scienza. Nessuno si è mai soffermato sul suo rapporto con Cristo. Anche a Calvino è accaduto l’incontro.