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“I nemici dei miei nemici sono i miei amici” (anche se dittatori...)

Fonte:
CulturaCattolica.it

Mi capita spesso, per ragioni di “lavoro”, di guardare alcuni siti Internet di concezione totalmente opposta a quella del nostro sito. Spesso mi imbatto nelle reazioni dei lettori riguardanti varie notizie sulla Chiesa cattolica.

Certo non posso, né voglio, generalizzare: uno però degli aspetti più sconcertanti è la presunzione che si trova in molti tra coloro che partecipano al dibattito che si svolge in questi siti. Una presunzione che spesso si riveste di grossolanità, di saccenza, quando non di calunnia e di intolleranza. Soprattutto mi colpisce la reazione di fronte a chi – forse ancora troppo ingenuo – tenta un dialogo serio e argomentato con loro. Costoro sono spesso definiti “troller”, cioè guastatori, impiccioni, persone che, con la loro presenza, impediscono un serio lavoro di confronto.
Alla faccia del dialogo: o dai loro ragione, ripetendo slogan triti e ritriti, o non sei ammesso nel novero dei visitatori degni di ascolto e considerazione.

Così accade che tutti questi siti si rivelino cassa di risonanza di vecchi e ottocenteschi slogan, dove la parola più sacra per un cristiano (già Sant’Agostino diceva: intellectum valde ama, risuonando la parola di Gesù secondo cui Dio va amato con tutta la mente, esaltando quindi il culto secondo ragione…), cioè la parola ragione, è la più citata e la meno vissuta. Così si perdono non solo le occasioni di dialogo (ho sempre sostenuto di non avere mai perso tempo in un serio costruttivo confronto, anche con chi aveva posizioni diverse dalle mie); ma soprattutto si sciupa una ricchezza di cultura, di umanità, di bellezza che sono ora l’unica risorsa per vincere la barbarie incombente.

Pensavo queste cose leggendo alcuni commenti elogiativi nei confronti di Chávez, il dittatore venezuelano, per le sue prese di posizione contro la Chiesa cattolica [1], ma soprattutto leggendo alcune riflessioni di Benedetto XVI sulla musica sacra e sul compito della Chiesa: qui è evidente che c’è una speranza per l’uomo: è un compito esaltante per tutti. Non accorgersene, obnubilati dall’odio per la Chiesa e per il cristianesimo, è segno di meschinità umana ed intellettuale, ed è collaborazione a quel progetto nichilista che distruggerà le basi stesse della convivenza tra gli uomini. Ma lascio la parola a Benedetto XVI, nella speranza che tocchi il cuore dei lettori. Speranza dico, e non illusione.

«L’arte che la Chiesa ha prodotto è, accanto ai santi che vi sono maturati, l’unica reale apologia che essa può esibire per la sua storia… Se la Chiesa deve trasformare, migliorare, “umanizzare” il mondo, come può far ciò e rinunciare nel contempo alla bellezza, che fa tutt’uno con l’amore ed è con esso la vera consolazione, il massimo accostamento possibile al mondo della risurrezione? La Chiesa deve essere ambiziosa; dev’essere una casa del bello, deve guidare la lotta per la “spiritualizzazione”, senza la quale il mondo diventa il “primo girone dell’inferno”.»

Note
[1] A mo’ di esempio: «Chavez è un uomo illuminato! Mai ho sentito tante verità in così poche parole.
E pensare che non ha nemmeno un vaticano in casa, altrimenti cosa avrebbe dovuto dire?
Che dio ce lo conservi! Beh, se dio non c’è confidiamo nella buona sorte…». «Chávez sta al potere perché, per la prima volta a memoria d’uomo, i venezuelani hanno capito che lui era un politico che stava dalla parte del popolo, e non dalla parte dei potenti. Ma, si sa, il controllo dei mass-media ce l’hanno i potenti, mica il popolo… e perciò, dobbiamo sorbirci ogni volta la storia che Chávez è un dittatore, un caudillo, un antidemocratico, ecc.
Dico solo che noi italiani, uno così – ed intendo una persona che si schiera fino a tal punto con la povera gente piuttosto che coi potenti, dalla parte degli sfruttati piuttosto che da quella degli sfruttatori – ce lo possiamo solamente sognare. Anche perché noi siamo una colonia U.S.A. ad amministrazione vaticana, con le basi militari statunitensi nelle nostre città, ed i preti a dettar morale in televisione». «Sono un grande ammiratore di Hugo Chávez, e sono notevolmente soddisfatto delle parole da lui proferite in quest’occasione: uno dei miei maggiori dubbi su di lui, infatti, è sempre stato rappresentato dalla sua religiosità, manifestatasi in maniera evidente quando, nel 2006, in una riunione dell’ONU, lo stesso Chávez definì Bush “il demonio” e si fece il segno della croce mentre parlava di lui. Ed ho sempre temuto che tale religiosità personale avrebbe potuto condizionarlo nella scelta delle sue politiche di governo (politiche che, per come la vedo io, sono a dir poco eccellenti), perciò queste sue parole giungono quanto mai propizie».

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