Bourget, Paul - Il senso della morte

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Che saggezza per poter dire e comprendere queste tenere e consolanti parole che concludono il bellissimo romanzo di Bourget!
L’autore inizia un’indagine accurata sull’esperienza e cerca di limitarsi a registrare, spesso con profonda commozione, il dramma delle persone a lui care coinvolte in una potente lotta, messa in atto per dare un senso alla vita e alla morte.
E’ ragionevole sottoporre la ragione all’esperienza e il famoso chirurgo Ortègue lo fa con tutte le sue forze, ma ha un concetto di ragione che non vuole arrendersi al mistero; perciò lo nega e si autocondanna ad una vita e una morte vissute quasi con parossismo a partire dal momento in cui compare il male che non dà scampo: “la dottrina gli mutilava l’anima” (p. 128)
Si tratta davvero di un uomo eccezionale per grandezza e dignità, ma il non riuscire a dare un senso positivo anche all’atroce sofferenza, che lo priverà del successo e dell’amore della giovane e devota moglie, finisce con il renderlo profondamente ingiusto; e quel mistero che la sua ragione rifiuta finirà col sopraffarlo.
Di fronte a lui c’è il giovane Le Gallic, cugino e amico d’infanzia della moglie, che, al fronte per la difesa della Francia, (il romanzo è ambientato nella Francia degli inizi della seconda guerra mondiale) riporta una ferita che si rivelerà mortale: ma la sua profonda fede, che gli renderà dolce, anche se sacrificato fino allo spasimo, l’ultimo respiro, ne fa un eroe umile e potente e capace di contribuire alla salvezza delle giovane cugina implicata in un assurdo patto di morte con il marito.
Il libro è davvero avvincente e merita una lettura attenta per le profonde riflessioni, che accompagnano lo svolgersi degli eventi e che non permettono alcuna distrazione; e ci sono dei passaggi bellissimi tra i quali è difficile scegliere. Ne prenderò uno che mi sembra indicare il livello delle domande che gridano il desiderio di una risposta al grande problema della morte:
[Ella si chiedeva] Se vi sia un eterno distacco o un rapporto misterioso fra i morti ed i vivi; se l’attività dell’oggi si esaurisca in sé o si prolunghi altrove, in un universo spirituale, causa prima della spiegazione suprema dell’universo visibile! Se un tale prolungamento esiste, la morte assume un altro senso, o, per dir meglio, ha un senso a patto che il prolungamento esista. Altrimenti si tratterà di una semplice fine; e, prescindendo dal dolore, che differenza c’è fra una morte e l’altra?Per chi muore tutte si equivalgono; tutte si annientano nello stesso modo (pag. 189)
Questo è in fondo l’interrogativo decisivo e drammatico davanti al quale il cuore prova la vertigine della sua impotenza. La risposta, per chi la incontra nell’esperienza e l’accoglie, è fonte di pace.