Ratzinger, Joseph - La Bellezza, la Chiesa

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Questo agile volumetto (60 pagine in tutto) contiene due interventi che il cardinal Joseph Ratzinger ha indirizzato in due diverse occasioni al Meeting per l’amicizia tra i popoli, (settimana culturale ad ampio spettro, appuntamento imperdibile del tardo agosto riminese). E precisamente: “La bellezza”, messaggio per l’edizione 2002 (dal titolo “Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza”) e “Una compagnia sempre riformanda” conferenza a conclusione dell’edizione del 1990 (intitolata “L’Ammiratore, Einstein, Thomas Becket”).
Sono due scritti bellissimi, semplici, intensi e sorprendenti.
Il primo è già noto ai frequentatori attenti del sito, parla della bellezza e riferendosi al teologo bizantino Nicolas Kabasilas la indica come “forma superiore di conoscenza poiché colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità” (p. 16) e le attribuisce una maggiore forza rispetto all’istruzione “che rimane, per così dire, ‘di seconda mano’ e non implica alcun contatto diretto con la realtà stessa” (p. 17).
La “ferita” provocata dalla corrispondenza del cuore nell’incontro con la bellezza è la apertura alla vera conoscenza, fornisce criteri di giudizio non astratti e aridi e favorisce l’incontro con la fede, poiché, proprio ferendolo, richiama l’uomo al suo Destino ultimo.
Non viene censurata la possibile obiezione che, in realtà, alla fine nell’esistenza dell’uomo sia prevalente ciò che è brutto e volgare, la menzogna e la violenza. Ma vince questa tentazione disfattista l’esperienza cristiana in cui, paradossalmente, Cristo si può definire come “il più bello tra i figli dell’uomo” (Salmo 44) e ugualmente descriverLo come chi “non ha bellezza né apparenza; l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore” (Isaia 53, 2). Anzi, “proprio in questo Volto così sfigurato appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva ‘sino alla fine’ e che, appunto in questo, si rivela più forte della menzogna e della violenza” (p. 23).
Non bisogna allora sottrarsi all’incontro con Cristo e “nulla ci può portare di più a contatto con la bellezza di Cristo stesso che il mondo del bello creato dalla fede e la luce che risplende sul volto dei Santi, attraverso la quale diventa visibile la Sua propria Luce” (p. 26).
Il secondo intervento è dedicato alla Chiesa e vuole indicare quale sia la vera riforma necessaria perché Essa esprima con evidenza la sua vera funzione: “la Chiesa esiste per divenire in noi tutti accesso alla vita eterna” e ritornare quindi interessante per l’uomo di oggi.
E’ una riforma continua, che tocca il singolo a cui non si chiede uno sfrenato attivismo ma di avere sempre ben presente che “la dimensione grande, liberante, non è costituita da ciò che noi stessi facciamo; ma da quello che a noi tutti è donato… è un precederci, un venire a noi di ciò che è inimmaginabile, di ciò che ‘è più grande del nostro cuore’” (p. 38). L’attivista “limita il suo orizzonte all’ambito del fattibile” (p. 42) e invece “solamente ciò che non ha limiti è sufficientemente ampio per la nostra natura, solamente l’illimitato è adeguato alla vocazione del nostro essere…” La fede ci conduce “lontano, in terre sconfinate” (pp. 42 – 43). E ancora: “tutto il nostro creare comincia con l’essere creati, con il nostro partecipare all’attività creatrice di Dio” (p. 51).
E’ solo dal rinnovamento profondo del singolo – non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (San Paolo) – che nasce la Chiesa, “una comunità di peccatori convertiti, che vivono della grazia del perdono, trasmettendola a loro volta ad altri”. (p. 59). Il cammino della Chiesa è illustrato dai Santi: “essi traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo. Essi sono i nostri maestri di umanità, che non ci abbandonano nemmeno nel dolore e nella solitudine” (p. 57).