Edith Stein
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Una caratteristica del pensiero della Stein che si coglie ad un primo sguardo è il dinamismo che lo contraddistingue. Si tratta infatti di un pensiero che si sviluppa, si evolve dalla fenomenologia alla filosofia cristiana. Non bisogna tuttavia ritenere che in questo passaggio l'impostazione fenomenologica venga abbandonata una volta raggiunta la filosofia cristiana. Siamo invece di fronte ad un approfondimento critico della fenomenologia a partire dalla filosofia di s. Tommaso e ad una rilettura del tomismo in chiave fenomenologia (1).
Lo sviluppo del suo pensiero in primo luogo risulta strettamente legato a quello che è il suo percorso esistenziale. Questo in un certo senso può risultare essere vero per ogni autore, in quanto il pensiero non è mai separabile dall'esperienza vissuta. Tuttavia si può dire che in alcuni casi ciò risulta più lampante, in quanto la biografia diventa una chiave di lettura emblematica dell'intero pensiero. Basta pensare alla figura di s. Agostino per capire quanto percorso esistenziale e sviluppo del pensiero siano in alcuni casi inscindibili.
In secondo luogo ciò che detta questo sviluppo è un'autentica e radicale ricerca della verità. Autentica appunto perché è una ricerca personale capace di fare propria quella che è la condizione originale dell'uomo: l'uomo può essere infatti definito, come avviene nell'Enciclica Fides et Ratio, come colui che cerca la verità (2). Radicale perché la Stein è stata capace in ogni circostanza di andare fino in fondo alla ricerca dimostrando di amare la verità più di se stessa, giungendo fino al proprio martirio. Questa autentica e radicale ricerca della verità può perciò essere vista come il filo conduttore di tutta la sua vita. Significativo della totale apertura e piena dedizione proprie della posizione assunta nella ricerca della verità risulta il fatto che la Stein, riguardando agli anni della sua giovinezza, periodo in cui aveva abbandonato la fede ebraica e si era proclamata atea, affermi successivamente: "La mia ricerca della verità è stata una vera e propria preghiera".
Possiamo allora dire che, per via di quello stretto e vitale legame sopra individuato tra sviluppo del pensiero e percorso esistenziale, l'attività strettamente speculativa risulti allo stesso tempo causa ed effetto di importanti tappe della vita della Stein. E' l'interesse per la fenomenologia che la porta a trasferirsi a Gottinga, dove vive esperienze e incontri decisivi per la sua vita; è sempre lo studio della fenomenologia che le permette di approfondire il suo desiderio di verità attraverso un lavoro di chiarificazione e attraverso il recupero del valore oggettivo della conoscenza. Mentre è il fatto della conversione, del suo essere conquistata dalla verità del Cristianesimo a determinare successivamente lo studio sistematico del pensiero di s. Tommaso ed una sua rielaborazione a partire dalla propria impostazione fenomenologica.
1. Dallo studio della psicologia alla fenomenologia
La Stein all'università di Breslavia si era occupata per lo più di psicologia come lei stessa racconta nella sua autobiografia (3). Rimase tuttavia abbastanza insoddisfatta da quanto apprese a lezione dal professor Stern (4): "le lezioni di Stern avevano un carattere molto semplice ed erano facilmente comprensibili; le consideravo come ore liete di intrattenimento e ne ero un poco delusa" (5). Solo successivamente riconobbe come una delle lacune principali di questo periodo proprio la mancanza di una guida competente, aspetto questo decisivo in quanto come lei scrive: "il filosofo che nasce con tale vocazione porta con sé al mondo questo spirito di ricerca in potenza, per usare un termine tomista. La potenza si realizza nell'atto quando egli si imbatte in un filosofo maturo, un maestro" (6).
Di fronte a questa insoddisfazione ecco che la lettura, quasi casuale, delle Ricerche logiche di E. Husserl, le aprì una strada completamente nuova da percorrere, in cui vide la possibilità di incontrare quello che lei considerava essere il filosofo del suo tempo (7) e soprattutto la possibilità di un lavoro di chiarificazione rispetto a quanto aveva fino allora studiato. A questo proposito la Stein scrive nella sua autobiografia: "I miei studi in questa materia (psicologia) avevano prodotto in me l'opinione che questa scienza si trovasse ancora agli inizi, che le mancasse la base necessaria di chiari concetti fondamentali e che essa non fosse in grado di elaborarli. Al contrario, ciò che sapevo riguardo alla fenomenologia mi entusiasmava tanto, proprio perché consisteva in questo lavoro di chiarificazione" (8). Fu proprio questo suo non accontentarsi dei risultati della psicologia di allora, caratterizzata da un certo soggettivismo, e il desiderio di andare a fondo a ciò di cui si era occupata fino allora che la spinsero a trasferirsi a studiare a Gottinga, dove insegnava E. Husserl.
2. L'importanza della fenomenologia
Ciò che maggiormente colpisce la Stein della fenomenologia è il fatto che essa si presenti non tanto come un particolare tipo di filosofia quanto piuttosto come un atteggiamento che si accosta alle cose. Così descrive il metodo fenomenologico: " si parte dal senso delle parole, si separano scrupolosamente i diversi significati… e si penetra gradualmente verso le cose stesse mediante la messa in evidenza di un preciso significato delle parole stesse… ora le cose stesse, che debbono essere colte attraverso il significato delle parole, non sono fatti empirici singoli, ma qualcosa di generale, cioè l'idea o l'essenza delle cose…" (9). Il merito principale che la Stein riconosce ad Husserl, ed in particolar modo alle Ricerche Logiche, è quello di "avere regolato fino in fondo i conti con tutti i relativismi della filosofia moderna, con il naturalismo, con lo psicologismo e con lo storicismo" (10). E ciò è stato possibile proprio perché egli "ha liberato la conoscenza dall'arbitrio e dalla superbia, e ha condotto ad un atteggiamento conoscitivo semplice ed ubbidiente alle cose e perciò umile" (11).
E' ovviamente necessario aggiungere che l'analisi fenomenologica, pur riaffermando l'oggettività della conoscenza, di per sé non è conoscenza nel senso naturale del termine, cioè non è rivolta alle cose. Essa è innanzitutto un lavoro di riflessione sulla coscienza il quale permette appunto di distinguere con chiarezza, senza possibilità di confusione, l'atto di conoscenza, e più in generale il proprio vissuto, dall'oggetto correlato che si manifesta come fenomeno, permettendo così lo studio oggettivo di qualsiasi fenomeno.
3. Superamento della fenomenologia trascendentale
L'impostazione, sempre più caratterizzata dall'idealismo trascendentale, che Husserl assume, soprattutto dopo la pubblicazione delle Idee per una fenomenologia pura non convince la Stein. Il contrasto tra i due ha inizio quando ancora era studente a Gottinga. Nell'autobiografia racconta di essere stata una delle prime persone tra i suoi assistenti a mostrare le proprie perplessità rispetto alla svolta idealistica del maestro (12): "Tuttavia dalle Idee, sembrava che per certi versi il maestro volesse tornare all'idealismo. La spiegazione che ci diede a voce non bastò a cancellare i dubbi. Era l'inizio di quell'evoluzione verso l'idealismo trascendentale" (13).
Con la pubblicazione delle Idee per una fenomenologia pura infatti Husserl accentuava l'aspetto secondo il quale la costituzione del mondo avviene in rapporto all'io, alla coscienza: "l'intero mondo oggettivo si costituisce per l'Io puro nei suoi atti, solo l'analisi di questi atti costituenti può infine chiarire la formazione di questo mondo… ciò significa che l'essere oggettivo, per esempio l'esistenza del mondo esterno percepibile sensibilmente, non è niente altro che un essere dato per una siffatta coscienza e più precisamente per una pluralità di soggetti" (14). Queste tendenze idealistiche, prima ancora che abbia fatto proprio il realismo ontologico di S. Tommaso, sono sentite dalla Stein, così come dalla maggior parte degli assistenti di Husserl, in contrasto con l'impostazione delle Ricerche logiche, che avevano avuto il merito di eliminare ogni sorta di soggettivismo (15). Infatti, se la domanda fondamentale dell'impostazione trascendentale risulta essere "come si costituisce il mondo per una coscienza, che io posso indagare nell'immanenza", allora Husserl "non può uscire fuori dalla sfera dell'immanenza per riconquistare quell'oggettività dalla quale egli aveva pur preso le mosse e che era necessario salvaguardare: una verità ed una realtà libera da ogni relativismo soggettivo" (16).
Quindi ciò che la Stein rifiuta dell'idealismo trascendentale, in modo particolare dopo l'incontro con la filosofia di s. Tommaso, è il considerare la coscienza l'assoluto entro cui ci si deve muovere; anche la stessa costituzione del mondo da parte della coscienza, se analizzata fino in fondo, non può non aprire ad altro, ad una dimensione che è totalmente altro, trascendente. La coscienza, in quanto realtà temporale e finita rimanda all'essere eterno che è Dio.
Tutto ciò risulta molto chiaro da come viene presentata la differenza tra l'impostazione di Husserl e quella di s. Tommaso dalla Stein: "il punto di partenza unitario dal quale deriva l'intera problematica filosofica e al quale sempre rimanda, è per Husserl la coscienza trascendentalmente purificata, per Tommaso Dio e il suo rapporto con le creature" (17).
Ecco allora che in questo caso la radicalità della ricerca emerge chiaramente nel fatto che la Stein attraverso il superamento dell'idealismo trascendentale compie quel passaggio "tanto necessario, quanto urgente, dal fenomeno al fondamento" di cui l'Enciclica Fides et Ratio parla, in quanto "non è possibile fermarsi alla sola esperienza; anche quando questa esprime e rende manifesta l'interiorità dell'uomo e la sua spiritualità, è necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge" (18).
4. La questione dell'origine in Heidegger
Un altro esempio della radicalità della sua ricerca è fornito dalla lettura critica di Essere e tempo di Heidegger. Anche la filosofia esistenziale di Heidegger, ha infatti il grande limite di arrestarsi ad un piano immanente, tanto che la Stein afferma: "l'uomo è considerato come un piccolo Dio, (…) l'essere dal quale si può sperare l'unico chiarimento (che sarebbe l'essere-per-la-morte, l'oscurità) sul senso dell'essere. Di Dio si parla solo occasionalmente in note marginali e in modo da escluderlo: l'essere divino, che potrebbe chiarire il senso dell'essere, rimane totalmente fuori discussione" (19).
Così se, indicando l'essere umano come gettato, Heidegger "esprime in modo eccellente che l'uomo si trova nell'Esserci senza sapere come vi è arrivato, che egli non è da sé né per sé e non può aspettare dal proprio essere alcun chiarimento sulla sua origine", tuttavia la sua analisi risulta incompiuta. Infatti "la questione dell'origine, che si può tentare ancora di mettere a tacere violentemente o di considerare senza senso, emerge sempre inevitabilmente, e con modalità sempre nuove, dalle caratteristiche presenti nell'essere umano; anzi richiede un essere in sé fondato, che sia essere di questo essere umano, in sé senza fondamento, qualcuno che getti il gettato. Allora la gettatezza si rivela come creaturalità" (20).
Inoltre per Heidegger, che non ammette ciò e si ferma al rilevare la gettatezza, "l'essere umano ha la sua possibilità estrema nella morte e il suo essere aperto, cioè la sua comprensione dell'essere proprio, comprende questa possibilità estrema fin dal principio. Perciò l'angoscia è compresa come la sua situazione emotiva fondamentale" (21). La Stein perciò afferma che "l'Esserci è ridotto da lui a una corsa dal nulla verso il nulla" (22). Tuttavia così facendo egli non coglie che "ciò per cui ci si angoscia e, contemporaneamente, "ciò per cui ne va all'uomo del suo essere è l'essere come una pienezza, che si desidera conservare e non si vuole lasciare" (23). Ciò che non coglie Heidegger, secondo la Stein, è che l'uomo non progetta la sua esistenza e non si muove per la paura della morte ma per il desiderio di una pienezza, per realizzarsi compiutamente.
Il giudizio, molto chiaro e allo stesso tempo quasi profetico rispetto a quelli che possono considerarsi gli sviluppi successivi della filosofia heideggeriana, espresso su Heidegger risulta così essere il seguente: "il modo in cui Heidegger ha proseguito finora, insistendo sulla caducità dell'esserci, sull'oscurità da cui viene e verso cui si dirige e sulla Cura, favorirà un'interpretazione pessimistica se non nichilistica e seppellirà l'orientamento verso l'essere assoluto, decisivo per la sopravvivenza o meno della nostra fede cattolica" (24).
5. La filosofia cristiana: il rapporto tra ragione e fede.
Lo stesso concetto di ragione viene approfondito nello sviluppo del suo pensiero, ed è solo cogliendo il significato del rapporto tra ragione e fede che si può comprendere il valore della filosofia cristiana.
Se in un primo momento è ancora un'idea di ragione di tipo razionalista, condivisa dallo stesso Husserl, a prevalere, successivamente, seguendo s. Tommaso, la Stein fa suo un concetto di ragione che riconosce la ragionevolezza della fede, considerandola a tutti gli effetti sapere. Infatti "la ragione diverrebbe irragionevolezza se volesse ostinarsi a fermarsi a ciò che può scoprire con il suo lume e a chiudere gli occhi dinanzi a ciò che le è reso visibile da una luce superiore. Infatti si deve sottolineare questo: ciò che la Rivelazione ci partecipa non è qualcosa di semplicemente inintelligibile, ma ha un significato intelligibile: non è da concepirsi e dimostrarsi sulla base di realtà naturali, e soprattutto non da comprendersi (cioè esaurirsi concettualmente) ma in sé è intelligibile e per noi intelligibile nella misura in cui c'è data la luce, ed è fondamento per una nuova intellezione dei dati di fatto naturali, che si palesano appunto con ciò come dati di fatto non soltanto naturali" (25).
Sicuramente significativo risulta a questo riguardo la differenza sottolineata dalla Stein nel concepire il rapporto ragione-fede da parte di Husserl e da parte di s. Tommaso. Innanzitutto la Stein individua come punto in comune tra Husserl e s. Tommaso il fatto che per entrambi la filosofia deve essere una scienza rigorosa, dove questa definizione, ripresa da Husserl, "indica soltanto che la filosofia non riguarda il sentimento e la fantasia; non si tratta di un sogno ambizioso oppure di una veduta personale, di un fatto di gusto, per così dire; al contrario essa è un fatto della ragione che cerca seriamente e spassionatamente" (26).
Tuttavia se "nessuno dei due ha mai dubitato del vigore della ragione, però la rispettiva concezione della ragione nei due pensatori non è la medesima" (27). Per Husserl la "ratio" non significa altro che la ragione naturale, mentre per s. Tommaso la "ratio" si distingue in ragione naturale e soprannaturale: "La conoscenza naturale è solo una via. La fede è accanto alla conoscenza naturale una seconda via per ottenere il sapere" (28). Pertanto secondo Husserl "la fede rappresenta l'autorità competente per la religione, non per la filosofia" (29).
Ora "l'esclusione della fede da quel processo è del tutto comprensibile, se con essa s'intende un sentimento oppure qualcosa di irrazionale" (30). S. Tommaso invece "non riteneva assolutamente la fede come qualcosa di irrazionale, cioè qualcosa che non avrebbe nulla a che fare con la verità e la falsità. Al contrario essa è una via verso la verità e precisamente in primo luogo una via per la verità che altrimenti ci sarebbe preclusa; è in secondo luogo la via più sicura, poiché non c'è una certezza maggiore di quella della fede" (31).
Comunque la Stein affermando ciò non tralascia il fatto che "la certezza specifica della fede è un dono della grazia… Credere equivale ad afferrare Dio; ma l'afferrare presuppone un venire afferrati: non potremmo credere senza la grazia" (31).
Note
1. "In particolar modo è questa la via che si offre all'Autrice, che si è formata filosoficamente alla scuola di Husserl e ha nel linguaggio fenomenologico la sua lingua materna. Ella deve perciò tentare di trovare la via verso la grande cattedrale della Scolastica partendo da questo punto". E. Stein, Essere finito e essere eterno, Città Nuova, Roma, 1998, p. 48.
2. "La nativa limitatezza della ragione e l' incostanza del cuore oscurano e deviano spesso la ricerca personale. Altri interessi di vario ordine possono sopraffare la verità. Succede anche che l'uomo addirittura la sfugga non appena comincia ad intravederla, perché né teme le esigenze. Nonostante questo, anche quando la evita, è sempre la verità ad influenzare l'esistenza… Si può definire, dunque, l'uomo come colui che cerca la verità". Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Fides et Ratio, ed. Piemme, p. 77.
3. "Nei quattro semestri durante i quali studiai a Breslau, mi occupai soprattutto di psicologia". (E. Stein, Storia di una famiglia ebrea, Ed. Città Nuova, Roma, 1992, p. 168.
4. Era anche filosofo ma doveva la sua fama soprattutto agli scritti di psicologia e in particolare in quel periodo si occupava di psicologia sperimentale. La tesi che assegnò alla Stein, che una volta a Gottinga abbandonò, rientrava appunto nell'ambito della psicologia sperimentale.
5. Ibi, p. 169.
6. E. Stein, La Fenomenologia di Husserl e la filosofia di San Tommaso in La ricerca della Verità a cura di A. Ales Bello, Antologia di Testi, Ed. Città nuova, pag. 62
7. "Di una cosa ero fortemente convinta: Husserl era il filosofo del nostro tempo". (E. Stein, Storia di una famiglia ebrea, Ed. Città nuova, pag. 200). 8 fui, p. 202.
8. Ibi, p. 202.
9. E. Stein, Il significato della fenomenologia come visione del mondo, in La ricerca…, p. 98.
10. E. Stein, Che cos'è la fenomenologia, in La ricerca..., p.58. Cfr. quanto dice nella sua Autobiografia: "Le Ricerche Logiche avevano suscitato scalpore soprattutto perché apparivano come un distacco radicale dall'idealismo critico di impronta kantiana o neokantiana. Vi si rintracciò una 'nuova scolastica, poiché lo sguardo si distoglieva dal soggetto per rivolgersi alle cose: la conoscenza apparve di nuovo un accogliere che riceve la sua legge dalle cose stesse, non un determinare che costringeva le cose ad accettare la sua legge" .E. Stein, Storia di una famiglia…, p. 228.
11. E. Stein, Il significato della fenomenologia come visione del mondo, in La ricerca..., p. 106.
12. Tuttavia va comunque notato come la Stein in questo suo prendere le distanze dalle posizioni del Maestro, sicuramente più accentuato dopo l'incontro con la filosofia di S. Tommaso, si differenziò dalle critiche generiche di idealismo che altri discepoli muovevano a Husserl, sforzandosi di comprendere la svolta di Husserl e sottolineando in particolare la differenza tra la fenomenologia trascendentale e il neokantismo alla Natorp. Cfr. quanto dice Angela Ales Bello: " La Stein non fa sua in maniera forte ed esplicita questa accusa (idealismo) ...La difesa del maestro sempre equilibrata e condotta con l' intento di comprendere la sua posizione eliminando ogni possibile pregiudizio, prosegue con la distinzione fra il metodo fenomenologico e il neokantismo di Natorp...". Angela Ales Bello, Introduzione a La ricerca della verità, Antologia di Testi, Ed. Città nuova, pag. 32
13. E. Stein, Storia di una famiglia..., p. 228.
14. Ibidem, pp. 100-101.
15. "E. Stein sottolinea... l'intenzione di Husserl di procedere ad una indagine rigorosa, essenziale ed oggettiva così come era stata prospettata nelle sue Ricerche logiche. Soltanto a partire dalle Idee per una fenomenologia pura diventa centrale il tema della coscienza trascendentale e affiorano istanze che i suoi discepoli considerano idealistiche". Angela Ales Bello, Introduzione a La ricerca della verità, Antologia di Testi, Ed. Città nuova, pag. 3.
16. E. Stein, La filosofia di Husserl e la filosofia di Tommaso d:4quino, in La ricerca..., p. 75.
17. Ibi. p. 90.
18. Giovanni Paolo II, Fides et ratio, Piemme, p.134.
19. E. Stein, La filosofia esistenziale in M. Heidegger, in La ricerca della verità, Ed Città Nuova, pag. 176
20. Ibi., p. 180
21. Ibi., p. 188
22. Ibi., p. 198
23. Ibi., p. 191
24. E. Stein, Il significato della fenomenologia come visione del mondo, in La ricerca… p.107
25. E. Stein, Essere finito e essere eterno, Ed. Città nuova, pag. 60.
26. E. Stein, La Fenomenologia di Husserl e la filosofia di San Tommaso in La ricerca della verità a cura di A. Ales Bello, Antologia di Testi, Ed Città nuova, pag.64
27. Ibi., 63
28. Ibi., 65
29. Ibi., 66
30. Ibi., 67
31. Ibi., 67
32. E. Stein, Essere finito e essere eterno, Ed Città nuova, pag. 65.