Il cuore del problema della Chiesa
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Chi si imbatte in Gesù Cristo, sia un giorno dopo la sua scomparsa dall'orizzonte terreno, sia un mese dopo o cento, mille, duemila anni dopo, come può essere messo in grado di rendersi conto se Egli risponde alla verità che pretende?
Vale a dire: come può uno arrivare a comprendere se veramente Gesù di Nazareth è l'avvenimento che incarna l'ipotesi della rivelazione o no?
Questo problema è il cuore di ciò che si chiama storicamente Chiesa.
La parola "Chiesa" indica un fenomeno storico il cui unico significato consiste nell'essere per l'uomo la possibilità di raggiungere la certezza su Cristo.
Come raggiungere oggi la certezza sul fatto di Cristo
Per raggiungere un giudizio certo sulla persona di Cristo gli uomini hanno tentato diverse strade, corrispondenti a tre atteggiamenti fondamentali.
1. Un fatto del passato
Questo è il primo atteggiamento: si considera Cristo come un fatto del passato, come Giulio Cesare o Napoleone.
Così per conoscerlo si raccolgono tutti i documenti a disposizione e si cerca di tirare una conclusione.
Ma utilizzando questo metodo non si riesce a raggiungere una conclusione sull'aspetto più importante del fatto considerato, e cioè sulla pretesa di Cristo di essere Dio e di essere presente sempre nella storia.
Ciò accade perché con questo metodo si riduce il contenuto del messaggio cristiano ancora prima di prenderlo in considerazione.
L'annuncio cristiano dice: Dio si è fatto uomo, si è reso presenza umana, carnale, dentro la storia; "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" (Luca 24).
Chi considera Cristo solo come un fatto del passato svuota il messaggio cristiano prima di averlo verificato per quello che è.
2. Una illuminazione interiore
Il secondo atteggiamento è più religioso ed è proprio di chi riconosce la grandezza assoluta di Dio e quindi la sua capacità di rendersi presente permanentemente.
Ma come raggiunge l'uomo? Attraverso una illuminazione interiore, grazie alla quale fa 'sentire' all'uomo la verità della persona di Gesù.
E' il metodo protestante: per raggiungere il fatto di Cristo lontano stabilisce un rapporto diretto e interiore con lo Spirito. Quindi ciascuno segue ciò che lo Spirito suggerisce nel suo cuore. E' il soggettivismo protestante.
Questo metodo è profondamente religioso, però crea due grandi problemi.
Anzitutto, come si può distinguere se ciò che l'uomo 'sente' è il risultato dell'influsso dello Spirito o è l'idealizzazione dei suoi pensieri? L'atteggiamento protestante dà luogo di fatto ad una infinità di interpretazioni e di soluzioni diverse, ad una frammentazione storica dell'annuncio cristiano.
Ma l'obiezione di fondo non è questa. Il problema fondamentale è che viene ridotto anche qui il contenuto vitale dell'annuncio cristiano: questo annuncio infatti è un fatto integralmente umano secondo tutti i fattori della realtà umana, che sono interiori ed esteriori, soggettivi e oggettivi. L'atteggiamento protestante annulla questa integralità, riduce l'esperienza cristiana ad esperienza meramente interiore.
3. Lo sguardo ortodosso-cattolico
Il terzo atteggiamento è fatto proprio dal cattolicesimo e dal mondo cristiano ortodosso.
Esso considera l'annuncio cristiano come l'annuncio del Dio che si è fatto 'carne', presenza umana concreta. Perciò per conoscerlo occorre sperimentare l'incontro con questa presenza concreta. E ciò avviene attraverso la realtà umana della Chiesa: infatti la presenza di Cristo nella storia perdura visibilmente, come forma incontrabile, nell'unità dei credenti. Storicamente parlando questa realtà si chiama 'Chiesa', sociologicamente parlando 'popolo di Dio', ontologicamente parlando 'Corpo misterioso di Cristo'.
San Paolo intuì questo quando, sbalzato da cavallo, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" (Atti 9,4). Così Paolo insegnerà che "noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo" (1 Cor 10,17).
E San Giovanni quando nella sua prima lettera dice: "Ciò che era fin da principio… quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (1 Giov 1,1-3), pronuncia la più bella espressione del metodo dell'annuncio cristiano: la verità diventata carne, un Dio fatto presenza che anche dopo 70, 100, 2000 anni, ti raggiunge attraverso una realtà che si vede, si tocca, si sente. E questa è la compagnia dei credenti in Lui.
E' incontrando nell'unità dei credenti che ci si imbatte letteralmente in Cristo.
NB: uno sguardo valorizzatore
L'atteggiamento ortodosso-cattolico valorizza ciò che c'è di positivo anche nei due atteggiamenti precedenti.
Valorizza la ricerca storica: infatti rende partecipi della stessa esperienza che ha generato i documenti storici e quindi rende capaci di comprenderli adeguatamente.
Valorizza anche il rapporto dello Spirito divino con la singola creatura: infatti questo rapporto non è in balìa dei nostri pensieri, ma è condivisione di vita concreta con la presenza divina stessa.
Difficoltà odierna nel capire il significato delle parole cristiane
Come mai l'uomo di oggi è così poco facilitato a rendersi conto del significato delle parole cristiane?
Per poter rispondere a questo interrogativo occorrerebbe ripercorrere un certo cammino storico che ha portato alla formazione della mentalità odierna in materia religiosa; rimandiamo questo lavoro ad altra sede e limitiamoci qui a prendere atto dei punti nevralgici di questo cammino e di questa mentalità.
Nel Medioevo era diffusa una mentalità per cui Dio era concepito come una realtà che c'entra con tutti gli aspetti della vita. Al di là delle capacità o volontà di coerenza raggiunte, rimaneva comunque il fatto che l'ideale umano per eccellenza era quello del santo. La nascita delle università, la figura di San Francesco, il fenomeno delle cattedrali (che esprimevano la grande unità della comunità cristiana a dispetto di tutte le divisioni e lotte fratricide): sono i vertici di una concezione culturale del mondo che, pur non essendo sempre coerentemente applicata, connotava lo spirito di un'epoca.
Con l'Umanesimo viene introdotta una nuova mentalità radicalmente diversa da quella medioevale: Dio è concepito come una realtà che non determina la vita concreta dell'uomo. Ciò che segna la vita dell'uomo è l'ideale della riuscita: è valido l'uomo che riesce almeno in un campo della vita sociale. Vengono riscoperte la Dea Fortuna e la Dea Fama. Al posto del santo sorge l'ideale del divo.
Il Rinascimento sviluppa ulteriormente questa concezione della vita. Si afferma che la sorgente dell'essere reale è la natura, panteisticamente intesa: essendo Dio relegato al mondo etereo ultraterreno, nell'esistenza concreta dell'uomo è la realtà naturale a dare l'energia perché l'uomo stesso si possa realizzare. Ciò determina anche una svolta in campo morale: è bene ciò che la natura spinge a fare, è male ciò che frena l'impeto naturale. Si comincia quindi a sentire la religione come un limite alla vitalità dell'uomo. Si dimentica la grande fragilità di cui soffre l'uomo strutturalmente.
Il Razionalismo nasce dalla scoperta del fatto che i meccanismi e le leggi della natura trovano corrispondenza nella ragione dell'uomo; così tale ragione è concepita ora non più come apertura all'essere incommensurabile, ma come misura di tutte le cose. Ciò che non rientra in questa misura viene sostanzialmente negato: l'esistenza di Dio viene non solo relegata a sfere ultraterrene, ma già apertamente negata.
Lo Scientismo rappresenta la forma attuale del razionalismo: la convinzione che la scienza risolverà ogni problema dell'uomo e porterà al dominio di tutta la realtà. E' il concetto di progresso: l'illusione di poter trasportare nel futuro realizzazioni di cui l'umanità è incapace nel presente.
Il denominatore comune di queste posizioni culturali postmedioevali è l'esaltazione ad oltranza dell'uomo: l'uomo al centro di tutto, non altro. Ma sorgono due obiezioni radicali.
In primo luogo al centro di tutto è conclamata l'umanità intera e non l'uomo concreto presente: non esiste l'uomo "in genere", esisti "tu", e tu non sei proclamato come centro. L'uomo concepito astrattamente si rivela una grande illusione, perché è con se stessi che si deve vivere e con le proprie esigenze.
In secondo luogo se il fenomeno umano non è strutturalmente inteso come qualcosa che riguardi l'"io", allora facilmente si parlerà di uomo e di umanità in connessione ad una logica di potere. Il valore che si afferma è quello della collettività: e sorge chi pretende di essere l'autentico interprete di tale realtà, singolo o partito; sorge il totalitarismo.
La cultura moderna, iniziata già nell'umanesimo e nel rinascimento, è sorta non tanto con la negazione di Dio, quanto con la sua collocazione dentro la sfera 'spirituale' dell'esistenza: l'uomo moderno ha cominciato a ritenere che Dio non c'entra con la vita concreta, con i suoi problemi, con le sue aspettative, con i suoi desideri. "Dio, anche se c'è, non c'entra", ha detto Cornelio Fabro riassumendo questo pensiero moderno.
Si è cominciato a pensare che il cristianesimo, con la sua pretesa di veicolare l'incarnazione di Dio nella storia umana, non poteva essere condiviso dall'uomo moderno. Così da una parte abbiamo avuto lo sviluppo di un vero e proprio atesimo (perché un Dio che non c'entra con la vita è un peso inutile), dall'altra il diffondersi di un profondo dualismo: su un versante la vita concreta, sociale e personale, sull'altro il mondo spirituale, per chi se ne vuole interessare.
In questo modo il cristianesimo è diventato irriconoscibile: ridotto dai più a fenomeno spiritualistico, senza nesso con l'esistenza dell'uomo nella storia. Oggi la cultura dominante considera il cristianesimo in questo modo e così si preclude la possibilità di conoscerlo per quello che effettivamente è, cioè una compagnia storica con il Divino fatto uomo.
Si capisce così perché l'uomo contemporaneo non riesce a capire parole come 'Chiesa', 'sacramenti', 'catechesi', etc.
Pertanto, per comprendere adeguatamente il significato delle parole cristiane, sarà necessario riaffermare continuamente che esse riguardano un fatto storico che ha a che fare in modo determinante con le domande e le esigenze dell'uomo, essendo la possibilità di sperimentare una vita terrena più umana e più ricca di gusto e significato.