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Il fattore divino nella Chiesa

Fonte:
Centro Culturale Rebora

Abbiamo visto che l'umano è la modalità con cui Dio si comunica: perciò il contenuto di quanto attraverso quel fattore umano ci giunge è più che umano, è divino.
"La Chiesa è consapevole di essere la manifestazione del Nuovo, del Soprannaturale, del Divino, della Santità. Essa è, in veste caduca, la nuova realtà soprannaturale portata da Cristo sulla terra, il Divino che si rivela in forme terrene" (Karl Adam).
Dunque se è vero che il fattore umano è essenziale alla definizione di chiesa, è altrettanto vero che essa non può ridursi a quel solo fattore. Afferma di recare un valore assoluto in uno strumento di per sé fallibile e imperfetto.

Il comunicarsi della verità: comunità, tradizione, magistero

Il primo livello attraverso cui il divino nella Chiesa si comunica è questo: come comunicazione della verità.
Dio, tramite la Chiesa, aiuta l'uomo a raggiungere una obiettiva chiarezza e sicurezza nel percepire i significati ultimi della propria esistenza.
La Chiesa si propone di rendere chiaro e quotidiano ciò che la mente umana al suo vertice raggiunge solo con molto lavoro, molto tempo, e non senza errori (S. Tommaso d'Aquino).
E un tale aiuto è richiesto e alla fine mendicato dall'uomo consapevole di sé: l'apice della ragione infatti chiede, anche in modo implicito o inconsapevole, un soccorso divino.

La comunicazione del divino come comunicazione di verità non risponde ad una istanza astrattamente filosofica, ma ha a che fare con il modo di concepire e di sentire la propria vita, il proprio nesso con la realtà.

Per esempio prendiamo due verità fondamentali proposte dal catechismo. Primo: unità e Trinità di Dio; secondo: incarnazione, passione, morte e resurrezione di Cristo. La Chiesa indica queste due affermazioni come la verità ultima sull'umano, così che i significati ultimi dell'esistenza 'mia', 'tua', siano in queste espressioni.

· Infatti la prima di queste due verità, il 'Dio uno e trino', è qualcosa che è pertinente alla radice dell'esistenza di ogni uomo e ne spiega e chiarisce il senso ultimo. Non si può capire l'uomo se non alla luce di questo Dio uno e trino, alla luce cioè del fatto che l'Essere ultimo implica una comunionalità nella sua stessa sostanza misteriosa. Così si spiega come in nessun altro modo il fatto della convivenza, del rapporto tra l'io e il tu, tra l'uomo e la donna, tra i genitori e i figli. Nell'unione dell'amore la persona è finalmente se stessa, nella libertà. È così perché Dio è Trinità. Nessuna analisi compiuta con la sola ragione riesce a spiegare questa paradossalità dell'uomo, che non dice mai con tanta intensità la parola 'io' come quando dice 'tu' e dice 'noi'. Perciò il mistero della Trinità ha una 'voce' che si fa sentire come chiarificante all'interno della nostra esperienza.

· La seconda verità, cioè l'incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù, costituisce la più esplicativa delle ipotesi per dare unità alla storia umana. Il Cristo Risorto conclama che tutto nella storia è redimibile, che non si perde nulla nel vortice degli eventi. "Sappiamo che al di fuori della soluzione cristiana ormai non ve n'è più altra, intendo soluzione accettabile per la ragione e per il cuore" (R.Grousset, Bilancio della storia). Accettabile perché l'umanità intera è ricapitolata in Cristo, senza tagli arbitrari, senza censure e dimenticanze. Tutto vale per l'eternità, nulla cade nell'oblio; l'uomo è posto in compagnia di una tale forza che non c'è da dimenticare il male o la contraddizione. La comunicazione di verità che il divino nella Chiesa fa arrivare agli uomini mostra la sua validità proprio nel non dimenticare nulla, nel valorizzare il bene e nel giudicare o trasformare il male.

Questa comunicazione di verità divina come avviene nella Chiesa? In due modi.

Il magistero ordinario
Le verità supreme sono veicolate nella Chiesa all'uomo con un metodo esistenziale: è immanendo, vivendo dentro la comunità ecclesiale che quasi osmoticamente tali verità giorno per giorno si comunicano a noi. Si arriva così a quella certezza e chiarezza di verità, di cui l'uomo ha bisogno per affrontare la vita. È ciò che chiamiamo magistero ordinario.
Via ordinaria, cioè la vita stessa della comunità unita al vescovo unito a sua volta al vescovo di Roma, il Papa.
Vari sono gli strumenti di questo magistero ordinario: i discorsi e gli scritti del Papa, del vescovo, di una comunità se riconosciuti almeno implicitamente dal vescovo… Lo strumento più grande della comunicazione del vero nella vita della Chiesa è la sua stessa continuità: si chiama tradizione, che è la coscienza che la comunità vive ora, ricca della memoria di tutta la sua vicenda storica.

· La comunità cristiana, come Chiesa, è come una persona che crescendo prenda coscienza della verità che Dio le ha messo dentro e intorno. La memoria è un elemento fondamentale della sua personalità; così quanto la Chiesa adesso insegna non può essere in contrasto a quanto insegnava mille anni fa. "Se consideriamo la serie dei secoli lungo i quali il cattolicesimo si è conservato, la severità delle prove che ha affrontato, i mutamento improvvisi e prodigiosi che lo hanno colpito sia dall'esterno che nel suo interno, l'incessante attività mentale e i doni di intelligenza dei suoi membri, l'entusiasmo che ha acceso, il furore delle lotte che sono insorte tra i suoi fedeli, la violenza degli assalti di cui ha subito l'urto, le responsabilità sempre crescenti che ha dovuto assumersi… è del tutto inconcepibile che non sia andato in pezzi e in rovina" (John H. Newman). La Chiesa con la sua storia ormai millenaria osa affermare di non essersi mai contraddetta e che non si contraddirà mai! Tale sfida è già miracolo.

b) Il magistero straordinario
Si tratta di una posizione straordinaria dell'insegnamento della Chiesa, che si identifica in ultima analisi con il Papa quando intenda affermare qualcosa secondo la totalità della sua autorità: o in modo solenne e clamoroso con la convocazione di un Concilio Ecumenico (che è l'assemblea di tutti i vescovi sotto la guida del vescovo di Roma), oppure con un intervento personale del Pontefice detto definizione ex cathedra.
Riguarda una definizione di valori che si propone come clamorosamente definitiva, irreversibile e che perciò rappresenta un vertice della coscienza cristiana di fronte alla società.

Sono necessarie qui tre precisazioni

1. L'autorità come funzione della vita della comunità

L'autorità suprema del magistero è una esplicitazione della coscienza della comunità intera guidata da Cristo, e quindi è funzionale ad essa, non è una sostituzione magica o dispotica. La verità che viene definita riguarda sempre qualcosa che fa già parte della vita della Chiesa. L'autorità la individua definendola, chiarendo quello che risulta da sempre, almeno implicitamente, vissuto. "Compito della Chiesa è conservare sempre intatta, come un deposito, la dottrina rivelata … esplicitando l'implicito o rischiarando l'oscuro" (René Latourelle).
Tutta la ricchezza della verità è Cristo: la vita della Chiesa prende sempre più coscienza di quello che Cristo le ha portato, e perciò di quello che essa ha in sé. Il dogma coincide con questo salto qualitativo nella coscienza della Chiesa e quindi, in essa, delle persone.
Per tutto ciò l'autorità della Chiesa, quando proclama un dogma, è molto attenta a sondare la coscienza della comunità.
Due esempi. Nel 1950 la proclamazione del dogma dell'Assunzione di Maria in Cielo: una verità che era sempre stato professata dalla Chiesa, ma che occorreva sancire in un momento storico in cui sempre più la società dimenticava o negava che il valore dell'esistenza del corpo è per l'eternità. È l'affermazione della dimensione vera dell'uomo, che mette alle strette l'angustia materialistica dell'uomo moderno per dilatarlo sotto l'urto dello spirito all'infinito.
Analoga provocazione nel 1854 con la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione: di fronte agli orgogliosi figli dell'Illuminismo veniva riaffermata la dottrina del peccato originale, cioè della fragilità dell'uomo che diviene grande solo nell'aderire a Dio.

2. Nella Chiesa non tutto è dogma
Non sempre è necessaria una proclamazione solenne (dogma) di una verità professata dalla Chiesa; e non tutto può essere già emerso alla coscienza del popolo cristiano. L'autorità della Chiesa perciò non ricorre certo con frequenza alla proclamazione di un dogma. Questa proclamazione ha primariamente una funzione pedagogica. L'esplicitazione dogmatica di una verità, per esempio, può divenire particolarmente utile per la comunità cristiana quando una cultura dominante neghi con metodi gravi e violenti quella verità.
Per esempio nel 1870 il dogma dell'infallibilità del Papa in materia di fede e di morale, specificazione ultima dell'assistenza promessa da Gesù alla sua Chiesa. La Chiesa scelse, in una società dove una concezione razionalistica della vita era diventata mentalità comune, la provocazione di affermare solennemente che l'uomo non è l'unica misura del reale, bensì che il nesso tra l'uomo e la verità passa non solo attraverso i brevi passi della sua ragione, ma attraverso l'alveo di una autorità che, assistita da Dio, deve guidare l'uomo alla salvezza.
Quando l'aggettivo 'dogmatico' viene innalzato come accusa alla Chiesa, non se ne coglie il senso autentico e coerente alla concezione della Chiesa stessa. La Chiezsa infatti è una vita. È la vita di Uno, il mistero della Persona di Cristo, che si sviluppa nel tempo dentro l'organicità vivente del Suo Popolo. La Chiesa è dunque una vita che nel tempo prende sempre più coscienza di sé.

La traiettoria dell'autocoscienza della Chiesa
Padre Lagrange fu il pioniere degli studi scientifici sulla Bibbia; si dedicò a questo lavoro per rispondere alla cultura razionalista dominante che cercava di negare la fondatezza storica dei documenti biblici. All'inizio il suo lavoro fu oggetto di violenti attacchi da parte di ambienti cattolici che non comprendevano l'opportunità di accostare la Bibbia anche sotto il profilo della critica storica. Si arrivò a far prendere anche provvedimenti disciplinari contro Padre Lagrange, il quale non si scoraggiò e accettò la fatica di dimostrare alla Chiesa non solo la sua obbedienza ma anche la validità degli studi biblici. Si arrivò così nel 1943 all'enciclica che Pio XII dedicò all'avanzamento degli studi biblici, rendendo piena giustizia al perseverante lavoro di padre Lagrange.
La Chiesa dunque, come essere vivente che cresce, ha bisogno di compiere una certa traiettoria storica per comprendere talune verità che inizialmente risultano poco chiare, mantenendo sempre intatta la sua unità e il suo deposito dottrinale originario.

Il comunicarsi di una realtà divina


Il Divino nella Chiesa non è solo al livello della comunicazione della verità. Il cuore del messaggio cristiano è che vivere nella Chiesa, cioè vivere la presenza di Cristo, comunica una realtà divina.

La grazia soprannaturale, o santificante
"E il Verbo si è fatto carne": ci troviamo di fronte ad un comunicarsi della realtà stessa divina, alla partecipazione dell'umano alla vita di Dio. Si tratta di una comunicazione che tocca l'essere dell'uomo e lo muta.
Avviene un mutamento nella sua natura d'uomo. Si tratta di una 'esaltazione' ontologica dell'io, di un salto di qualità nella partecipazione all'Essere. Nella vita della Chiesa l'Essere, il Verbo fatto uomo, Cristo, comunica all'uomo il dono di una più profonda partecipazione all'origine di tutte le cose, in modo tale che esso resta uomo, diventando qualcosa di più. Nella Chiesa viene offerta una partecipazione 'soprannaturale' all'Essere. È questo l'elemento più affascinante dell'annuncio cristiano.

· Il Vangelo parla di rinascita (Giovanni 3) come nascita dall'Alto. La tradizione cristiana indica la realizzazione di quel nuovo essere col termine grazia soprannaturale o grazia santificante. La parola grazia è la più bella del vocabolario cristiano: indica l'assoluta gratuità e il valore divino dell'evento.
· Siamo di fronte ad una novità umana il cui dinamismo resta misterioso, come nel paragone con il vento usato da Gesù con Nicodemo (sempre Gv 3). Il Nuovo Testamento usa spesso i termini uomo nuovo, creatura nuova. ("1Cor5, Gal 6, Ef 4, Col 3, 1Pt 1, Gc 1). Il termine, riferito alla grazia santificante indica anch'esso una umanità nuova in rapporto con Dio.
· Chi vive il mistero della comunità ecclesiale riceve un cambiamento della sua natura. Non si può capire come queste cose avvengano, come questo cambiamento della persona si verifichi, ma se uno di noi prende in considerazione tale fenomeno, se lo vive, se si impegna con esse, allora egli diventerà diverso in modo verificabile. Siamo invitati ad una esperienza.
NB: come si è dispera la coscienza della forza di questo annuncio: che siamo esseri ricreati! Come si è dilapidata la potenzialità di questa autocoscienza nuova, nell'uso moralistico del concetto di 'grazia santificante'!
· Questo fenomeno nuovo entrato nella storia e nelle società dell'uomo risponde all'inconsapevole bisogno dell'intera umanità. "La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio… sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto… " (Romani 8). L'uomo di tutti i tempi aspetta questo uomo nuovo.
· Nel cristiano la novità è chiamata a manifestarsi come l'alba di una nuova giornata. Immaginiamo qualcuno che sia sempre vissuto nell'oscurità. Vedendo i primi accenni del giorno riconoscerebbe che è qualcosa di diverso, non è più oscurità. Questo è il cristianesimo nella storia, la Chiesa nella società del suo tempo, una comunità cristiana nel suo ambiente, un uomo cristiano nella sua contingenza quotidiana: l'albore di una umanità diversa, di una comunità umana diversa, cioè nuova, più vera.

Attraverso segni efficaci: i sacramenti
Questa grazia soprannaturale, questo salto di qualità ontologica, in che modo viene comunicata a noi?
Questa nuova realtà si comunica nell'immanenza della persona nella vita della autentica comunità ecclesiale attraverso gesti chiamati sacramenti.

· Il termine sacramento traduce il latino sacramentum e il greco mysterion. Nel mondo greco-romano questi termini indicavano i riti orientali diffusi nell'impero: una certa accessibilità del divino per il fedele e una certa unione ad esso. In latino indicava anche il giuramento dei soldati come vincolo sacro. Nella letteratura cristiana lo troviamo dapprima collegato ad una confessione di fede, ed è stato poi per analogia esteso ad altri gesti.
Per la Chiesa il mistero indica sì ciò che sta al di là della nostra capacità di conoscenza, ma in quanto Esso ha voluto rendersi conoscibile dentro l'esperienza umana in modo permanente. Sacramento è dunque il comunicarsi del divino dentro lo sperimentabile umano. In questo senso la Chiesa stessa dice di sé di essere sacramento.

Essendo la Chiesa il luogo dove Cristo prolunga la sua presenza nella storia, i sacramenti prolungano nella storia i gesti redentori di Gesù, quei segni fondamentali con cui Cristo comunicava la salvezza, cioè se stesso.
· Gesù era attento alla realtà sensibile; così nei sacramenti entrano elementi della materialità della vita, con tutta la visibilità dei segni.
· I sacramenti ci mettono in contatto con una realtà più profonda di quanto cade sotto la nostra possibilità di osservazione, sono segno comunicativo di una realtà divina. Perciò sono gesto di Gesù stesso che nella Chiesa si piega sulla umana debolezza e la afferra come tale per farla diventare diversa.
· Non sono gesti 'individualistici', ma gesti della Chiesa in quanto corpo di Cristo. Diventano così gesti 'personali' perché riguardano la persona, inserita nella comunione ecclesiale.

Il battesimo. È il gesto con cui Cristo afferra l'uomo e lo porta dentro di sé (Gal 3). È una immedesimazione che trasforma l'uomo nella sue più intime fibre.

L'Eucarestia. È il gesto che rende possibile il cammino della creatura nuova. "Gesù alzò lo sguardo e disse: 'Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua'. In fretta scese e lo accolse pieno di gioia" (Lc 19). Questa è l'Eucarestia: Cristo ci restituisce una umanità capace di giustizia, di gioia e di accoglienza, una umanità vera, e lo fa venendo a casa nostra. È una familiarità senza paragone: la familiarità di cui Cristo mi rende capace dandomi se stesso come cibo e bevanda. Egli diventa una unità con me. In un segno realmente si comunica alla nostra vita un rapporto ontologico, inimmaginabilmente profondo.

La confessione. Quando riconosciamo le nostre debolezze, vorremmo sentire la voce di Gesù nel Vangelo: "Va', ti sono rimessi i tuoi peccati, non ti condanno, non sbagliare più". Ma questa parola di Cristo penetra la storia nel sacramento della confessione: esso è letteralmente quella parola, quel gesto di perdono di Cristo che si prolunga nella storia.

Perciò Egli continua la sua presenza e i suoi gesti di salvezza nei momenti più significativi, fondamentali della vita dell'uomo.
Negli aspetti di lotta nella vita con la cresima, segno solido e potente che ricorda l'atleta o il soldato.
O gli aspetti della fragilità del vivere: l'unzione degli infermi per raggiungere la debolezza fisica dell'uomo.
Ha voluto essere presente alla esigenza umana di completamento dell'io e di continuità della stirpe con il matrimonio.
Ha voluto rispondere all'esigenza umana di avere sempre presente ed operante profeticamente l'Ideale per cui val la pena vivere ed ha creato l'Ordine sacro, il sacramento che conferisce il sacerdozio.

Egli è veramente l'Uomo-Dio che non dimentica mai di essere uomo e ha voluto lasciarci la sua compagnia all'interno degli aspetti fondamentali del vivere.
Il sacramento è dunque l'esperienza del nesso e dell'amicizia con Cristo dentro un gesto concreto, fisico. Ecco perché il catechismo lo chiama segno efficace della grazia: segno perché la materia richiama concretamente l'aspetto della vita in cui Cristo si comunica, efficace perché egli attraverso quell'elemento fisico trasmette veramente la sua realtà e potenza divina.
· Resta l'uomo peccatore, ma vive la sua povertà in una compagnia che lo rigenera continuamente.
· Il sacramento è una forza unificante, perché non si dà sacramento se non nell'unità con tutti i cristiani.

c) Nella partecipazione libera dell'individuo
Il sacramento esprime l'uomo nuovo: quindi accostarsi ad esso continuamente fa penetrare lentamente nell'uomo le sue connotazioni soprannaturali.
Tale trasformazione però non avviene meccanicamente, bensì attraverso la libertà dell'uomo: si verifica solo se l'uomo vive quel gesto consapevolmente, accogliendo e ospitando il suo significato e lasciandosene investire.
Non ci si può accostare a un sacramento con l'animo ingombro da un grave rifiuto della presenza di Dio.
Il sacramento è realmente il gesto divino del Cristo risorto che bussa alla porta della personalità, la urge, a meno che non sia l'uomo a non volerlo accogliere, allora esso si arresta sulla soglia.
Questo nesso con la libertà della coscienza è proprio ciò che distingue il mistero cristiano dai misteri pagani. La libertà dell'uomo è condizione essenziale. L'antropologia cristiana esalta la libertà, la responsabilità della persona.
La coscienza libera dell'uomo credente è dunque chiamata a non rinchiudersi in automatismi, in cicli ripetitivi, che la soffocherebbero, ma a scoprire una realtà, anzi - aggiungiamo noi - ad entrare in contatto profondo con questa realtà, con tutte le risorse della propria umanità.
· Si potrebbe obiettare: se Dio è tutto che spazio c'è per la libertà dell'uomo?
Risponde Hugo Rahner: "Nei sacramenti ad agire è sempre Cristo nella sua libertà e volontà. Ma se Dio ha voluto comunicare all'uomo la sua realtà divina, gli comunica anche la dimensione della libertà". La creatura nella visione cristiana, proprio perché derivante da Dio ("immagine e somiglianza") partecipa alla caratteristica fondamentale di Dio che è essere Se Stesso. Perciò dipendendo la creatura si afferma e si distingue.
· L'uomo tenta di trovare un 'meccanismo salvifico' che gli semplifichi le cose. Non è questa la posizione della Chiesa: la persona deve agire intera, corpo e anima, libertà e volontà; la certezza non è posta in automatismi e nemmeno negli sforzi dell'uomo, ma nell'Amore dell'Altro.
La salvezza per il cristiano è accettare liberamente la compagnia di un Dio misericordioso che ha voluto intervenire e restare nella storia.

d) Risposta ad una obiezione: il battesimo ai bambini
Il battesimo ai bambini non è un gesto che esclude la loro libertà?
La libertà della persona è concepita dalla Chiesa profondamente iscritta in un contesto comunitario, in un corpo. È la concezione profondamente sociale dell'uomo che caratterizza tutta la tradizione biblica. La comunionalità è essenziale allo sviluppo, alla educazione della persona.
In particolare, nel battesimo il bambino è concepito dalla Chiesa come appartenente alla comunità cristiana. Il piccolo, come nasce nella comunione, così si riferisce alla comunione nel suo cammino. Per questo la Chiesa dà il battesimo ai bambini solo nel caso in cui è prevedibile che quel bambino possa essere educato nella comunità cristiana.
Così la libertà è salvata da un lato dalla libertà della comunità di cui il bambino è concepito come parte, come membro carico di dignità; dall'altro dal futuro svolgimento della sua vita cosciente.

e) Il sacramento come preghiera e 'elezione'
C'è una bellissima implicazione nel fatto sacramentale: il sacramento è la forma più semplice di preghiera, più alla portata di tutti.
È diffuso invece pensare che sia più facile per l'uomo che prega affidarsi alla propria immediatezza, ad una spontaneità. Questa tuttavia è per definizione precaria, tanto è vero che un mutamento nello stato d'animo induce a rinunciare alla preghiera. Nel sacramento invece ciò che conta non è il provare emozioni, ma il libero 'andare a', portando se stessi come domanda, ciò che conta è la presenza di sé a Cristo, consapevole, che si fa domanda.
È questa la forma di preghiera più adeguata all'orientamento della nostra natura di uomini, perciò più semplice nella sua obiettività.

Si innesta qui l'elemento della elezione nel sacramento: la presenza dell'uomo al gesto sacramentale vissuta come preghiera, come domanda, consacra la propria elezione ad essere presenza nella storia del mondo. Cioè: il singolo che si accosta ai sacramenti partecipa con la sua storia di uomo al disegno di Dio sul mondo.
Così l'unica ragione del gesto sacramentale è l'affermazione della morte e resurrezione di Cristo come senso della esistenza e della storia.
Nel matrimonio, per esempio, gli sposi fondano la loro unità sul disegno di Dio per il mondo, non su una semplice (e instabile) affezione o convenienza.

Nel tempo la grazia mostra la sua efficacia, incomincia a costruire la coscienza diversa dell'uomo, protagonista di quel mondo nuovo cui tutta la realtà umana aspira e che è già iniziato con la resurrezione di Cristo, il cui cammino ha come segno visibile, come sacramento, come suo luogo sperimentale la vita della comunità cristiana.