“Dolce Amor, Cristo bello!” Clemente Rebora e l’incontro con Cristo 4 - Attesa: apertura all'imprevisto
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C’è una consapevolezza: la redenzione– come già detto – non può essere immanente alla realtà, come esprime in una poesia degli anni Venti:
“Qualunque cosa tu dica o faccia
c’è un grido dentro:
Non è per questo, non è per questo!
e così tutto rimanda
a una segreta domanda
l’atto è un pretesto. […]
c’è un cuneo nel cuore,
e non si osa levarlo
perché si teme il getto del sangue.”
C’è un cuneo nel cuore, una ferita, che la realtà stessa non può colmare, ma che attende chi la guarisca. Attesa: ecco la parola più caratteristica del periodo della ricerca di senso reboriana.
Dall’imagine tesa (1)
Dall'imagine tesa
vigilo l'istante
con imminenza di attesa -
e non aspetto (2) nessuno:
nell'ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono -
e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d'improvviso,
quando meno l'avverto:
verrà quasi perdono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
Gli ultimi versi sembrano testimoniare la certezza che una salvezza c’è, che una verità deve rivelarsi. Ed ha un premio: lo renderà “certo del suo e mio tesoro”, sarà “ristoro delle mie e sue pene”.
NOTE
1. In età avanzata Rebora darà diverse letture dell’“occasione” di questo suo testo. Una volta parlerà di come “la sua persona stessa [fosse] assunta nell’espressione del suo viso proteso… forse (confusamente) verso il Dulcis Hospes animae”; un’ altra volta dirà più semplicemente: “l’ho scritto per una donna” – probabilmente per Lydia. In ogni caso, qualsiasi lettura ne venga data, il senso non cambia: c’è qui un anticipo del percorso successivo, di un’apertura totale a qualcuno che è altro da sè.
2. C’è una differenza fondamentale fra l’aspettare e l’attendere. Aspettare implica qualcosa che ho già previsto, che già conosco, che è già definibile dal mio pensiero e dalla mia immaginazione; l’attesa è invece la disposizione d’animo di chi apre l’animo all’imprevisto, a qualcosa che viene da fuori, non circoscrivibile nei limiti del proprio orizzonte.