La direttiva fondamentale: la sequela
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E ciò sarà come un segno sulla tua mano, e come un ricordo nei tuoi occhi; affinché la legge del Signore sia sempre nella tua bocca. Esodo, 13, 9.

1. «Seguimi».
C’è una direttiva generale da applicare per fare genuina esperienza della comunità: per scoprirla basta andare a riconsiderare gli inizi più significativi del contatto che Dio ha preso con gli uomini.
Abramo. «E il Signore disse ad Abramo: – Parti dalla tua terra, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, e va nel paese che io ti mostrerò». Gen. 12, 1. Ed Abramo parte, senza neanche conoscere la meta del suo viaggio: «Dio lo condusse all’aperto e gli disse: – Mira il cielo e conta le stelle se ti riesce. E soggiunse: – Così sarà la tua discendenza. Abramo credette a Dio e gli fu imputato a giustizia». Gen. 15, 5-6. Abramo si era abbandonato alla volontà di Dio e faceva quel che Dio gli chiedeva in vista della Sua promessa. Aveva un unico figlio miracolosamente nato in vecchiaia: Dio gli dice di sacrificarlo. Sembrava un ordine in spaventoso contrasto con la promessa di una numerosa discendenza. Ma Abramo obbedisce lo stesso: parte nella notte con Isacco, senza neppure sapere in che luogo Dio gli ordinerà di compiere il sacrificio. Cfr. Gen. 22, 1-14. S. Paolo farà notare nelle sue lettere come Abramo sia l’anticipo, l’ideale di Cristo.
Cristo. Il Vangelo di S. Giovanni sottolinea l’obbedienza di Cristo: già prima i Salmi Lo raffigurarono come «il servo che ha sempre gli occhi fissi alla mano del padrone». «Il Figlio non può fare da sé se non ciò che ha veduto fare dal Padre; e tutte le cose che fa il Padre, le fa anche il Figlio». Gv. 5,19. «Io laccio sempre quello che è di Suo piacimento». Gv. 8, 29. E in S. Luca: «Perché mi cercavate? Non sapevate che debbo essere occupato nelle cose che appartengono al Padre mio?». Lc. 2, 49.
Maria. La Madonna incarna anch’Essa questa adesione alla volontà di Dio: «Ecco l’ancella del Signore; si faccia di me secondo la tua parola». Lc. 1, 38.
Paolo. Dopo la venuta di Cristo, l’obbedienza a Dio ai concretizza nell’obbedienza alla comunità che continua nel tempo e nello spazio la presenza del Dio incarnato in terra. Confronta la drammatica conversione di S. Paolo: «E caduto per terra, sentì una voce che gli disse: – Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ed egli chiese: – Chi sei, Signore? E l’altro: – Io sono Gesù che tu perseguiti: dura cosa è per te recalcitrare contro il pungolo. E tremante e stupefatto, Saulo disse: – Signore, che vuoi che io faccia? E il Signore: – Alzati ed entra in città; lì ti sarà detto quello che devi fare». Atti, IX, 4-6. E Dio lo manda dal capo della comunità cristiana di Damasco, Anania, che pure non aveva le qualità eccezionali di Paolo.
Queste figure ci introducono con precisione nell’unica regola che la Rivelazione conosca per l’educazione dell’uomo alla salvezza: il seguire.
Perché l’uomo veramente possa diventare saggio, capace di volere, libero, perché l’uomo diventi una vera personalità, quella per cui Dio l’ha creato, la grande regola è seguire un Altro. Non c’è altra strada, non c’è sforzo intellettuale né scaltrezza che abbia il valore di questa direttiva. «Voi investigate le Scritture perché credete di avere per esse la vita eterna: e son proprio quelle che parlano in favore mio. Eppure non volete venire a me per avere la vita». Gv. 5, 39-40. Andare a Cristo per avere la vita non è costruire ragionamenti, ma seguire ciò attraverso cui Egli ci richiama. Solo attraverso questo mezzo potremo compiere la verifica del richiamo cristiano e accorgerci che il fine di tutto è veramente il Regno di Dio. «Siccome il mondo con la sua sapienza non ha conosciuto Dio, nella sua sapienza piacque a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione». I Cor. 1, 21.
Cercare di fare da sé, tentare quasi di convocare le proposte di Dio al tribunale dei propri criteri, sarebbe la vanità più grossa: sarebbe il peccato di Lucifero, che pretese il significato della sua persona da sé.
Del resto, la Natura stessa ha come unica regola il seguire (la madre fa crescere il figlio insegnandogli ad imitarla), perché il Dio di Abramo e di Cristo è lo stesso che ha fatto il mondo.
E guardiamo al comportamento della Chiesa: essa ci obbliga ad un’unica cosa nella settimana: la Messa festiva. Sembrerebbe il gesto meno personale che esista: ma è attraverso questo «fare come gli altri» che la Chiesa ci conduce a Dio. Del resto la trama della preghiera nelle ore quotidiane è costituita proprio dal salmo 118, che è tutto un grido a seguire la «legge», Dio: «Felici quelli che seguono una via immacolata e camminano secondo la legge del Signore». Ps. 118, 1 (nell’ora di Prima). «Mi rendi più saggio dei vecchi, perché medito la tua parola». Ps. 118, 99 (nell’ora di Sesta).
Per esprimere il concetto del seguire, S. Paolo usa spesso la parola obbedienza. Obbedienza vuol dire abbandonare sé per seguire un Altro, perciò è l’unico vero sacrificio (che non è necessariamente dolore o rinuncia), ma è anche la legge che ci rende grandi e felici, e che ci fa avere «il centuplo ora, in questo tempo» (Mc. 10,30).
La vita è una strada e bisogna seguire un Altro che guida.
2. «Seguire» è gesto della persona.
Seguire non vuol dire copiare meccanicamente. Esso è un fenomeno umano, proprio della tua persona. Le energie che caratterizzano la tua persona sono l’intelligenza e la volontà: quindi non è vero seguire se non è impegno dell’intelligenza e della libertà. Perciò:
1. Seguire non è atteggiamento passivo, «pecorone», quasi un agire in stato di suggestione, senza sapere quel che si fa. Il seguire deve essere uno sforzo cordiale di immedesimazione coi motivi di ciò che ci viene proposto, di comprensione dei valori impliciti nei suggerimenti offerti. E’ seguendo con gli occhi spalancati, con attenzione viva, che si capisce e si impara, cioè ci si ingrandisce nello spirito.
2. Seguire non è un gesto automatico, meccanico, non è un essere trasportati da una corrente, ma è una decisione mia, è un gesto continuo della mia libertà. Per questo la tradizione cristiana ci consiglia di dire ogni giorno la preghiera del mattino: per riprendere la decisione cosciente di seguire Dio. «Fortunati nella loro vita quelli che seguono le vie del Signore» diciamo nell’ora di Prima.
Se ti riduci a un’obbedienza passiva, non è vera obbedienza. Occorre che l’obbedienza implichi l’adesione di tutto se stessi, con tutte le proprie capacità di vita.
Il seguire è dunque amare, che è proprio l’affermare un altro come se stessi. In questo modo, il seguire non avrà mai al fondo una ribellione sorda o un sacrificio rabbioso, ma genererà sicurezza e gioia.
3. Ciò che rende ragionevole l’inizio del seguire.
La decisione per cui ci mettiamo a seguire l’invito della comunità cristiana non è affatto una iniziativa irrazionale, ma è sempre sostenuta da concreti motivi. Noi comprendiamo infatti che dobbiamo «seguire» la comunità per un’esperienza di cui potremmo così sintetizzare gli aspetti:
1. L’incontro con la comunità (con un suo gesto, una sua iniziativa, un suo invito) ci fa scoprire l’evidenza di una risoluzione presente ai nostri problemi.
2. L’incontro con la comunità ci desta un presentimento vivo o una prospettiva sicura di completa soluzione nell’avvenire.
Il richiamo della comunità è cioè tale per cui si esperimenta una soluzione di cose nel proprio presente e si sente che la propria vita è nella direzione giusta. Uno percepisce che la possibilità della certezza e della soddisfazione vera, se esiste, è nel seguire la comunità.
E che l’esperienza di tale evidenza sia ben lontana dall’illusione e dalla suggestione, è dimostrato da queste notazioni:
— nella evidenza autentica c’è, innanzitutto, una chiarezza limpida e sana che nell’illusione non c’è;
— spesso il richiamo della comunità implica sacrificio e contradizione con passate idee e situazioni;
— soprattutto, quanto più si «segue», tanto più si prende coscienza di tutto, ci si sente aprire e legare a tutti, ci si integra in tutto. E’ la crescente consapevolezza di una maturazione e di un cammino dentro la totalità delle cose e della realtà.
Il che è l’opposto della suggestione: essa è fascino di un particolare, che quanto più è seguito, tanto più limita, chiude, isola dal resto.