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Domenica precedente il Natale: la genealogia di Gesù

Autore:
Pagani, Roberto
Fonte:
CulturaCattolica.it
Domenica prima di Natale

Nella domenica che precede il Natale, la santa Chiesa associa ai progenitori di Cristo secondo la carne la memoria dei profeti e dei giusti, ricordati nelle letture della Divina Liturgia, uno sguardo alle quali ci permette di individuare alcuni temi dominanti che potranno meglio far cogliere le caratteristiche delle composizioni innografiche disseminate negli uffici del giorno.
La prima lettura è tratta dalla lettera agli Ebrei, cap 11, 9-10; 17-23; 32-40:
Per fede Abramo soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo. Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù anche riguardo a cose future. Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e si prostrò, appoggiandosi all'estremità del bastone. Per fede Giuseppe, alla fine della vita, parlò dell'esodo dei figli d'Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa. Per fede Mosè, appena nato, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello; e non ebbero paura dell'editto del re. E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati - di loro il mondo non era degno! -, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.
Il brano evangelico è tratto da Matteo 1, 1-25:
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
Matteo presenta la nascita di Gesù come conclusione della storia sacra, come la pienezza dei tempi. Tutta la storia di Israele forma una unità, è come se fosse un organismo che cresce lentamente trasformando il fiore in frutto, che è Cristo, virgulto della radice di Iesse. San Paolo ci ricorda che noi siamo uno in Cristo Gesù nostro Signore, siamo uno con quelli che sono stati prima di noi e con quelli che saranno dopo di noi. Gesù è nato dalla genealogia di Abramo, noi da quella di Cristo: Cristo entra nel mondo da noi e noi da Lui.
Qual è il senso della lunga lista di nomi del brano evangelico? Matteo ci dice che Gesù è il figlio di Davide: storicamente parlando è una discendenza difficile da dimostrare (mentre Luca la collega a Maria, Matteo la collega a Giuseppe), ma Gesù deve necessariamente discendere da Davide perché egli giunge al termine del grande itinerario della salvezza. La genealogia è costruita con tre anelli concatenati di quattordici generazioni l'uno: il quattordici, numero sacro essendo due volte sette, è in realtà anche la somma del valore numerico delle tre lettere che compongono la radice ebraica della parola Davide: DWD (4+6+4 = 14). Ciascuno di questi anelli rappresenta una delle tre grandi tappe della storia di Israele: da Abramo a Davide, da Davide a Babilonia, da Babilonia fino al Cristo. Alcuni nomi di questo filo che si dipana per quasi due millenni sono noti, altri meno, alcuni addirittura scandalosi compresi quelli di alcune donne (di dubbia fama) che non occupavano propriamente i primi posti della gerarchia sociale di Israele.
San Giovanni Crisostomo, nel suo Commento al Vangelo di Matteo, secondo discorso, ci guida al nocciolo della questione: "non è della nascita divina del Salvatore che io ora vi parlo: anzi, non ve ne parlerò nemmeno dopo, perché è incomprensibile e ineffabile. Neppure la nascita terrena è possibile spiegarla in tutta chiarezza, in quanto anch'essa costituisce un mistero stupendo. Il Figlio del Dio eterno, il vero Figlio del Padre, tollera di essere chiamato figlio di Davide per farvi divenire figli di Dio, e non rifiuta di avere per padre, qui in terra, il suo servo, perché voi, che siete schiavi, abbiate Dio per Padre. La ragione umana fa più fatica a comprendere che Dio è diventato uomo, che non a capire che un uomo possa diventare figlio di Dio. Dio si sarebbe abbassato invano se non l'avesse fatto per innalzare noi". Nel terzo discorso dello stesso commento, il Crisostomo dice: "Ciò che fa la nascita degna di tanta ammirazione, non è solo il fatto che egli abbia assunto un corpo e si sia fatto uomo, ma anche il fatto che si sia degnato di accettare una discendenza da antenati qualunque senza vergognarsi delle nostre miserie. Il popolo di Israele, trascurando la nobiltà dell'anima, aveva continuamente sulla bocca il nome di Abramo, come se la virtù dei progenitori potesse giustificare le sue colpe. L'evangelista ci ricorda la storia di Rut e di Rahab, una straniera e una prostituta: Gesù Cristo è disceso dal cielo per guarire tutti i nostri mali, è venuto in terra per essere il medico, non il giudice degli uomini. Come alcuni di questi patriarchi presero in moglie delle prostitute, così Dio ha unito a se la natura umana che si era prostituita".
Dobbiamo accettare che tra i progenitori di Gesù non ci siano solo santi e giusti: ci sono peccatori, colpevoli di incesto, adùlteri, assassini, addirittura una straniera! Quelli di Giuda, di Tamar, di Davide, di Rut, sono nomi carichi di significato spirituale. Ciascuno di noi ha qualche tratto dei progenitori di Gesù più lontani dalla santità. Non si tratta di peccare deliberatamente per meglio identificarci alla genealogia del Signore, ma di non aver paura nel riconoscerci nei peccati commessi da certi personaggi di questa genealogia e di unirci nello spirito alla purificazione progressiva che ha preparato la nascita di Gesù.
In questa linea si innesta la lettera agli Ebrei che ci mostra una galleria di ritratti della storia sacra che, per la loro valenza esemplare, vengono presentate come simboli, come maestri di vita che devono incitare alla pereveranza nella fede. Dio non è solo colui che esiste e la cui presenza ci permea, ma anche colui che giudica e a cui è finalizzata la storia personale e collettiva. Credere significa certezza che egli è operante nella storia, che la guida al di là delle righe storte umane e la conduce a un fine oltre le potenzialità umane.
Nell'undicesimo capitolo, la parola fede risuona ben 24 volte: è il motivo dominante che ritma i quadri riguardanti i diversi personaggi, all'interno dei quali si percepisce una fortissima tensione escatologica: la fede è per eccellenza speranza, proiezione verso la Gerusalemme celeste. L'episodio del sacrificio di Isacco viene interpretato come simbolo della risurrezione, un simbolo pasquale. Il Dio di Abramo è colui che da la vita all'inizio, ma soprattutto la ridona nella risurrezione. Dopo la grande cavalcata con cui sono stati passati in rassegna tutti i giusti della storia della salvezza, al versetto 39 ritorna il tema teologico dominante: tutti costoro che hanno sofferto così tanto per la loro fede, hanno solo atteso e sperato. La conseguenza per il lettore appare all'inizio del dodicesimo capitolo: "circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede". Lo sguardo non è fisso sui martiri, sui testimoni, perché anche loro guardavano a Gesù.
Anche il Canone che si canta nel Mattutino ci offre questo intreccio escatologico – pasquale. Nella terza ode cantiamo: "Dopo tre giorni nella tomba hai risuscitato con la tua vivificante risurrezione i morti dall'inizio del mondo, ed essi, liberati dalla condanna, gioiosi esultavano acclamando: "Ecco, sei giunto, Signore, nostra redenzione". Tutti sono coinvolti in una gioia cosmica: "Gioisce e danza la Legge, insieme ai tre fanciulli nella fornace e ai profeti, e già oggi tripudia per il divino splendore del Signore; Abramo esulta, perché dal suo seme ha visto incarnarsi il Signore". Nella quinta ode siamo portati alla consapevolezza che "La fede ha assoggettato la creazione ai tre fanciulli, per dono dello Spirito: il fuoco divoratore e spietato ha rispettato gli autori dell'autore del fuoco, il Cristo Gesù"; "Il profeta Daniele, chiudendo le fauci dei leoni, mostrò come la feroce bestialità del mondo, per la venuta del Cristo, sarebbe stata ordinata alla pace divina". Nella settima ode ritorna la tensione escatologica: "Guardando nella visione dello Spirito, il profeta Daniele un tempo mostrava in figura la seconda venuta del Cristo, e ne preannunciava i tremendi eventi", mentre la nona ode si conclude ancora con una danza di giubilo: "Riuniti insieme con Abramo, i santissimi fanciulli, il mirabile Daniele profeta di Dio, Isacco e Giacobbe, Aronne insieme a Mosé, prima della nascita di Cristo, intrecciano con fede una danza corale, supplicando per la nostra salvezza".
Nelle Lodi i profeti vengono inviatati a "danzare insieme per la Natività del Salvatore", così come le donne dei patriarchi, i confini del mondo e l'intera creazione, "perché Dio viene per essere partorito nella carne, e donare al mondo la grande misericordia". I Padri "per la fede erano oltre la Legge, per questo annunciavano in anticipo la grazia alle anime trattenute nell'ade, come liberatrice dalla corruzione in virtù della risurrezione. O Signore, gloria a te!"
Quale ricchezza di immagini, quale profondità, quale impressionante visione unitaria che lega la storia umana dalla creazione a Cristo, passando per i progenitori: il Natale non è un momento a se stante, nel quale le buone disposizioni d'animo devono emergere perché Gesù si fa bambino nella grotta di Betlemme. La venuta di Dio sulla terra è il punto di sintesi di tutta la storia dell'Antico Testamento, punto che deve ancora raggiungere l'abisso degli inferi per poter liberare tutti i prigionieri della morte, rigenerarli alla vita nuova del Risorto nell'attesa escatologica della sua seconda venuta, attesa che rappresenta il vero periodo di Avvento, durante il quale dobbiamo convertire noi stessi per trasfigurare il mondo.
Marana thà: Vieni, Signore Gesù!