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Il Canone della Domenica di Pasqua

Autore:
Pagani, Roberto
Fonte:
CulturaCattolica.it
Pubblichiamo questo testo straordinario per capire lo spirito della liturgia ortodossa. Data la sua lunghezza, qui trovate solo l'introduzione, mentre il testo integrale è allegato.

Se nel cristianesimo occidentale la riscoperta della Veglia Pasquale è un fenomeno che si può collocare verso la metà del secolo scorso con la riforma della Settimana Santa ad opera di Pio XII, essa è rimasta il punto centrale da cui tutto si dipana nel cristianesimo orientale. La Pasqua, o meglio, la Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, è la Festa delle Feste. Nella liturgia bizantina in particolare, se si può dire che ogni domenica si celebra la risurrezione di Gesù dai morti, e la liturgia delle ore è decisamente ricolma dell'adeguata innografia, l'intensità che si raggiunge nella notte pasquale è veramente una esperienza da vivere, difficile da comprendere per chi ne ha solo sentito parlare o ha avuto modo di leggere qualcosa al riguardo.
Sarebbe bello descrivere con dovizia di particolari lo svolgimento del mattutino di Pasqua, che nella tradizione russa viene generalmente celebrato durante la notte e che si conclude all'alba con la Divina Liturgia. Riservando questo tipo di lettura ad altra occasione, per il momento ci soffermeremo su uno dei momenti del Mattutino pasquale, il Canone.
Gli storici della liturgia bizantina ci dicono che, al suo formarsi, la liturgia delle ore non era particolarmente ricca dal punto di vista innografico, soprattutto nei monasteri, il cui ufficio era prevalentemente scritturistico. Le cose cambiano nel corso del VI secolo, quando alcune composizioni poetiche, i kontàkia, iniziano ad essere utilizzati. Il più celebre di questi compositori è san Romano il Melòde, siriano di origine che prestò il suo servizio diaconale in una città che corrisponde all'odierna Beirut: alcune delle sue composizioni, seppur in forma molto ridotta, sono tuttora presenti nella tradizione bizantina. Ma nel secolo successivo, queste composizioni poetiche cedono progressivamente il posto a nuove composizioni, sicuramente più modeste negli sviluppi poetici, ma con un contenuto teologico più essenziale. Fino ad allora nei monasteri il Canone era un lungo inno liturgico costituito da nove odi bibliche che erano utilizzate già da qualche secolo. Le nuove composizioni poetiche erano costituite da brevi strofe (chiamate tropari) che venivano intercalate ai versetti finali di ciascuna delle odi del canone scritturistico, traendone evidentemente spunto per il tema iniziale. Va da sé che, più il canone poetico prendeva piede, più velocemente il canone scritturistico veniva abbandonato, al punto tale che tra una strofa e l'altra del canone poetico oggi ci sono dei ritornelli che possono variare da una canone all'altro in base al soggetto del canone stesso. Il canone poetico è quindi costituito da una prima strofa (irmos) che ha una melodia propria e che serve da modello per le successive strofe della stessa ode. Tali composizioni, essendo di natura poetica, sono, almeno nella loro lingua originale (il greco), strutturate metricamente, in modo che la melodia, accoppiandosi mirabilmente con il testo, riesca a dare ritmo all'intero canto, rendendo esplicito un equilibrio sostanziale tra musica e parola che viene teologicamente collegato al dogma cristologico delle due nature in Cristo, umana e divina, unite senza confusione e separazione, mescolanza e divisione. La struttura metrica, su cui le altre strofe della stessa ode sono composte e che ne rende estremamente facile il canto nel testo greco, si perde, purtroppo, nelle traduzioni nelle varie lingue. Se per i greci è normale il canto integrale di un canone, presso i russi ad esempio si canta solo il primo tropario (l'irmos) di ogni ode e i vari ritornelli, mentre i tropari successivi vengono cantati in una specie di recto tono con alcune limitate varianti. Il solo fatto che presso i russi il Canone del Mattutino di Pasqua venga integralmente cantato rende già molto evidente l'eccezionalità del momento. In effetti il Canone rappresenta il punto focale del Mattutino di Pasqua: l'intera parte dell'ufficio che negli altri giorni precede il Canone viene omessa, e la tensione musicale dell'intera composizione sale subito al suo vertice. Considerato da un punto di vista strettamente musicale, il Canone non è particolarmente complesso, in quanto consiste da un numero limitato di frasi variamente articolate ma costantemente ripetute. Laddove possibile, sono i due i cori che eseguono il canto del canone, alternandosi continuamente nelle varie strofe di ogni ode, mentre tutto il popolo presente canta il ritornello tra una strofa e l'altra: "Cristo è risorto dai morti"!, così come il tropario di Pasqua che si canta tre volte alla fine di ogni ode: "Cristo è risorto dai morti, con la morte calpesta la morte, e ai morti nei sepolcri fa dono della vita!". Alla fine di ogni ode, su una melodia più dolce e quasi come un breve riposo rispetto alla continua tensione musicale, i due cori insieme ripetono l'irmos cantato all'inizio. Durante il canto di ogni ode, sacerdote e diacono incensano tutta la chiesa e ciascun fedele, riempiendo ben presto l'aria del profumo dell'incenso: sprigionandosi dai carboni ardenti, l'incenso disegna nuvole di fumo che si illuminano alla luce delle candele che i presenti tengono in mano accese per tutta la durata del Canone. Al termine dell'incensazione, il celebrante si rivolge ai fedeli lanciando l'inno della vittoria: "Cristo è risorto!", a cui ciascuno risponde con tutta la fede, la gioia e la voce possibili: "è veramente risorto!".

File allegato