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Memoria dei santi progenitori

Autore:
Pagani, Roberto
Fonte:
CulturaCattolica.it
Domenica tra l'11 e il 17 dicembre

La tradizione dell'oriente cristiano non conosce il periodo dell'Avvento così come si è venuto sviluppando nella tradizione occidentale. Esiste tuttavia un digiuno di 40 giorni (la "quaresima di Natale") che tende a predisporre ciascun fedele all'incontro con il nostro Salvatore Gesù Cristo come l'unica cosa necessaria nella vita. La Chiesa, desiderosa di preparare i fedeli alla festa dell'Incarnazione, fa precedere il Natale da due domeniche nelle quali il ciclo delle letture dopo la Pentecoste viene sostituito (in realtà le rubriche indicano una aggiunta) da letture collegate a questo tempo di preparazione.
La prima di queste due domeniche è chiamata "Domenica dei Progenitori del Signore": essi sono i Patriarchi e i Profeti dell'Antica Alleanza, vissuti prima della Legge e sotto la Legge, da Adamo fino a Giovanni il Battista. I Padri ci ricordano che Gesù Cristo è presente, sebbene velato, nell'Antico Testamento: a lui tutto si rapporta.
Infatti il Canone dei Santi Progenitori, che si canta nel mattutino, rilegge cristologicamente l'Antico Testamento. Abele è il primo martire, e il prototipo del Buon Pastore; Noé è il "principe del secondo mondo", la cui memoria "fa scaturire il vino della compunzione" perché "ha custodito inviolata la legge di Dio", Melchisedec è la figura del sacerdote eterno; Abramo esprime lo spirito della fede e la figura del Padre, e "avendo contemplato la Trinità, per quanto permesso all'uomo, e avendole offerto ospitalità come amico sincero, ha ottenuto la ricompensa della singolare ospitalità col divenire, in forza della fede, padre di una moltitudine senza fine"; Isacco è "chiara figura della passione di Cristo, condotto a essere immolato per ubbidienza al padre"; Giacobbe, che "dormendo ha contemplato una scala divina, alla quale stava appoggiato Dio che per la sua bontà ha assunto la carne", manifesta la libera elezione, il servizio paziente e la conversione; Giuseppe prefigura i tratti della Passione e l'opera redentrice di Cristo, perché "amava l'ubbidienza al padre, fu gettato in una fossa e venduto per prefigurare il Cristo immolato, proclamato in Egitto distributore di frumento e vero signore delle passioni".
Il Sinassario della festa ci ricorda: "Attraverso i santi progenitori e patriarchi, il nostro Signore Gesù Cristo è in qualche modo il frutto della fede di Abramo. Quando Dio fa risuonare in noi la sua voce mentre siamo ancora nella terra straniera delle passioni e delle vanità di questo mondo, è necessario abbandonare senza esitare come Abramo ciò che è nostro e seguire con fede la chiamata divina fino alla Terra Promessa, dove noi potremo a nostra volta far nascere il Cristo in modo spirituale".
Il tropario della festa ci fa cantare: "Hai giustificato i progenitori per la loro fede, attirando a te tramite loro la Chiesa della genti; si vantano nella gloria i santi poiché dal loro seme procede un frutto insigne: colei che senza seme ti ha partorito."
Germano, patriarca di Costantinopoli, ha composto l'inno che conclude le Lodi: "Venite tutti, festeggiamo con fede l'annuale memoria dei padri vissuti prima della Legge, di Abramo e degli altri con lui; onoriamo degnamente la tribù di Giuda; celebriamo, insieme a Daniele, come immagine della Trinità, i fanciulli di Babilonia che hanno spento le fiamme della fornace; attenendoci saldamente agli oracoli dei profeti, a gran voce acclamiamo con Isaia: Ecco la Vergine concepirà in grembo, e partorirà un Figlio, l'Emmanuele, che significa: Dio con noi!".
La prima lettura della Divina Liturgia è tratta dalla lettera di san Paolo ai Colossesi, cap 3, 4-11:
Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria. Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca. Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.
Il brano evangelico è tratto da Luca 14, 16-24:
Gesù rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto. Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena».
Nel suo commento al Vangelo di Luca, sant'Ambrogio ci ricorda: "Egli manda dunque agli sbocchi delle vie: la prudenza infatti si grida agli incroci (Prov 1, 20). Manda nelle piazze, poiché ha mandato a dire ai peccatori di venire dalle vie larghe a quella stretta che conduce alla vita (Mt 7, 13). Manda sulle strade e lungo le siepi, perché sono idonei ad entrare nel regno dei cieli coloro che, lungi dall'essere presi dal desiderio dei beni presenti, si affrettano verso quelli futuri camminando sulla via della buona volontà. E lo sono coloro che, così come siepi separano i terreni incolti da quelli coltivati, sanno ben distinguere il bene dal male e sanno opporre le difese della fede alle tentazioni dello spirito malvagio".
Origene ci esorta ad invitare i poveri, coloro che sono privi dell'annuncio dell'evangelo, per arricchirli; gli storpi, cioè gli spiriti ingannati, per guarirli; gli zoppi, dalla fede zoppicante, per raddrizzare i loro passi; i ciechi, che sono privi della vista interiore, affinché vedano la vera luce.
La tradizione giudaica paragonava spesso il regno messianico a una festa. Qui si tratta della grande e continua festa dell'unione del Figlio di Dio con la nostra natura umana, cosa che risulta ancora più evidente nel brano parallelo di Mt. 22, 1-14, che parla di un vero e proprio matrimonio del figlio del Re. Tutti siamo chiamati a prendere parte a questa unione. Se purtroppo preferiamo le cose di questo mondo alle "nozze dell'Agnello", allora degli sconosciuti prendono il posto degli invitati ingrati.
Il padrone di casa desidera davvero che tutti vengano alla sua festa, Dio infatti vuole che tutti gli uomini siano salvati. San Paolo ci ricorda che, attraverso l'esperienza pasquale che il cristiano vive nel battesimo, siamo chiamati a compiere il movimento di ascesa dalla terra al cielo: non si tratta di un invito al disprezzo delle realtà terrestri, creando una religione di evasione e di alienazione, quanto piuttosto di incarnare l'uomo nuovo, questa vita che irrompe in noi e che è Cristo stesso, tutto in tutti.
Al pranzo della salvezza sono invitati tutti: lo sono i superficiali, quelli presi dalle loro banalità, dai loro interessi, dal loro piccolo orizzonte, dal loro "campo" e dai loro "affari", ma soprattutto lo sono coloro che, abbandonati ai crocicchi delle strade, non si preoccupano dei calcoli e delle convenienze sociali. Non per niente Gesù, nei suoi pasti terreni, ha sempre avuto attorno a sé non solo i suoi discepoli, ma anche figure poco raccomandabili come pubblicani, peccatori e prostitute, cosa che dava un grande scandalo, come veniva fatto puntualmente notare dai "buonisti" del tempo.
Siamo ovviamente chiamati anche noi a completare il circolo ermeneutico, a fondere il nostro orizzonte con quelli presentati dalle Scritture, e a cantare nell'Inno dei Cherubini " deponiamo ora ogni preoccupazione di questo mondo per accogliere Il Re di tutto", che viene incontro a noi eucaristicamente nel pane nel vino che durante il canto vengono portati processionalmente sull'altare, per poter partecipare, raccolti dagli angoli più remoti ed oscuri della nostra quotidianità, al banchetto della salvezza.