Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è - Raf
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"Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è... violenti... condannati... senza redenzione... abbandonati... senza un perché tutte le verità vanno a pezzi...": pur nella sua brillante musicalità questa canzone è evidentemente agghiacciante.
E' un nichilismo che come abbiamo già visto parte da una negazione data per scontata, data come punto di partenza senza discussioni, frutto di una pura opzione.
La musica mette però in evidenza una strana contraddizione: apre un orizzonte ampio, sconfinato, che mal si concilia con il nichilismo del testo. Ma tutto sommato in quest'ultimo trova posto anche l'espressione di un dolore sincero. In questo senso questa canzone lascia intuire che l'ultima sua parola non può essere il nulla.
Possiamo capire meglio questa posizione richiamando ancora una poesia di Par Lagerkvist, Il dio che non esiste.
Il dio che non esiste,
è lui che accende le fiamme nella mia anima.
Che fa della mia anima una landa deserta,
una terra fumigante, una terra desolata che fumiga dopo l'incendio.
Perché egli non esiste
È lui che redime la mia anima facendola più povera e riarsa.
Il dio che non esiste.
Il terribile dio.
Questa risposta ha un solo difetto: è frutto di impazienza verso il Mistero che in un'altra poesia ha notato essere lontano lontano. Il passaggio al "non esiste" è una opzione, non è una ragione in atto, applicata. La risposta è impaziente e irrispettosa verso il Mistero: esso diviene il "terribile dio". Terribile, perché il significato, l'esistenza del significato nelle cose è determinante, nonostante la negazione. Infatti, anche se uno nega agisce, lavora magari nell'angoscia, ma sospira, aspira per il significato, ipotizzando il significato, nell'attesa del significato. È terribile questo dio che è il significato negato della realtà.
[Ma come Lagerkvist dice in un'altra poesia, Se credi in dio e non esiste un dio, poiché la voce che reclama un significato esiste, la realtà dell'esistenza di un significato è più grande della sua negazione Infatti, in astratto l'ipotesi dell'esistenza del significato e l'ipotesi della sua non-esistenza hanno pari legittimità e probabilità; ma se poi prendo atto che esiste qualcosa (la voce, cioè la realtà), allora "la realtà dell'esistenza di un significato è più grande della sua negazione".]
La possibile esistenza di un significato, di un senso è più determinante la coscienza della realtà che non l'opzione di nichilismo con cui l'io viene arbitrariamente fatto coincidere con il nulla. C'è un residuo, dove un'incombente positività è vincitrice, in qualunque caso (Le mie letture, p.154).
Del resto lo stesso Lagerkvist nella poesia Come la nube si rivolge al mistero chiamandolo Tu, con una domanda drammatica ma già indice di un dialogo che vince il nichilismo:
'O Signore di tutti i cieli, di tutti i mondi, di tutti i destini,che cosa hai inteso fare con me?' (Citato in Le mie letture, p. 153)
Un brano di F. Nietzsche ci fa capire infine il contenuto tragico del nichilismo, con buona pace di quanti ieri e oggi credono di vedervi una qualche ragione di vita.
Si tratta di un apologo inserito nel testo La gaia scienza. Nietzsche immagina un uomo che si presenta con una lanterna accesa in pieno giorno al mercato della città, frequentato dalla gente distinta della media borghesia europea della seconda metà dell'ottocento. E' l'epoca del positivismo, dell'ateismo considerato come una conquista decisiva per il progresso dell'umanità, dell'ottimismo circa le possibilità della scienza di rispondere ad ogni bisogno umano; è la cosiddetta belle époque, il periodo a cavallo tra l'ottocento e il novecento segnato dal diffondersi della moderna tecnologia e dalla convinzione che lo sviluppo della scienza avrebbe garantito anche la pace sociale.
La gente al mercato, dunque, davanti allo strano personaggio con la lanterna si mette a deriderlo o a commiserarlo come un povero pazzo. Ma quest'ultimo, per nulla turbato dalle risate degli astanti, comincia a parlare e a spiegare le ragioni del suo comportamento. Egli ricorda anzitutto ai suoi ascoltatori che la loro generazione ha compiuto un'opera gigantesca, che non ha precedenti nella storia: essi sono riusciti nell'impresa fino ad allora mai potuta realizzare dall'uomo di liberarsi di Dio, di uccidere Dio; essi possono proclamare la notizia clamorosa della morte di Dio e, quindi, della liberazione dell'uomo.
Ma, continua l'uomo con la lanterna, questo significa che tutto è cambiato: si è spenta la grande luce che illuminava l'universo, si è fatto buio, si è fatto freddo, sempre più freddo. Si è aperto l'abisso del nulla, e in questo abisso, senza più nè alto, nè basso, nè destra, nè sinistra, l'uomo e il mondo stanno precipitando. Le conseguenze della morte di Dio sono di portata cosmica e questo non lo si è ancora capito.
A quel punto le persone presenti, dopo aver prestato inizialmente ascolto alle parole dell'uomo con la lanterna, riprendono a deriderlo e a considerarlo come un povero pazzo. Allora lo strano personaggio, dopo aver guardato attentamente i volti della gente attorno a lui, conclude il suo discorso con una enigmatica esclamazione: "Eh sì, io vengo troppo presto"; e detto questo se ne va, con la sua lanterna accesa in mano.
Il corso degli eventi avrebbe poi confermato il contenuto di quella intuizione profetica: il secolo che stava per iniziare, il novecento, sarebbe stato il secolo più drammatico della storia, il secolo in cui l'umanità avrebbe sperimentato in molti modi l'angoscia per la perdita di un significato adeguato per l'esistenza e l'incapacità di sfuggire alla violenza che ormai senza freni determinava le diverse ideologie di potere.
Testo della canzone
Che vuoto che c'è!
La vita cos'è?
È una gara senza senso e noi
siamo soli nell'immenso vuoto che c'è
la vita cos'è?
Agnus Dei,
non ci sarà redenzione per i nostri peccati,
e non c'è verità che non vada a pezzi,
siamo pazzi, siamo dannati.
Non prendersi mai e ritrovarsi qui
distratti e abbandonati.
Quante stelle nel chellophane questa notte avvolgerai?
Quanti sogni nell'anima come angeli incontrerai?
Non lo vedi? lo sai! Siamo fragili noi...
Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è
soli in fondo all'universo senza un perché
c'è bisogno di una luce quaggiù
non lasciarmi amore almeno tu come me...
Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è!
Dove sei? Come si fa a resistere in questi momenti?
Se non c'è chi dà neanche una certezza
una carezza siamo violenti!
Quante stelle hai raccolto già per il buio che vivrai?
Nei deserti dell'Anima quanti angeli incontrerai?
Non lo senti? lo sai! Siamo fragili noi...
Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è
condannati a dare un senso al nulla perché
c'è bisogno di una luce quaggiù
non lasciarmi amore almeno tu come me...
Dammi un segno che non vivo più
ne ho bisogno credi! Almeno tu...
Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è
soli in fondo all'universo senza un perché
e ho bisogno di una luce quaggiù
non lasciarmi amore almeno tu
dove sei?
Siamo soli nell'immenso vuoto che c'è
e ho bisogno di te e ho bisogno di te
dove sei dove sei dove sei dove sei?